26.11.09

Storia di una suocera che non era una suocera

In questi giorni, precisamente ieri notte intorno alle 23.00, è mancata mia suocera, Adriana Treves.
È stato un venir meno graduale il suo, un andarsene un po' per volta.
È morta sotto l'effetto di farmaci antidolorifici che le hanno impedito di soffrire, togliendole quella poca, problematica coscienza che le rimaneva. Dopo la frattura al femore avvenuta qualche anno fa, infatti, la mia povera suocera non era più stata la stessa. Confusa, distratta, dolcemente rimbambita potrebbe essere la definizione che meglio la rappresentava, mentre avevo ancora in mente la sua personalità precedente: risoluta, decisa, a volte beffarda o brusca, sempre intollerante verso la pigrizia o l'ignavia. Un po' complicata da sopportare (fino al limite del sogno di omicidio) se per caso vi trovavate a essere suoi sottoposti, un toccasana se - come è capitato a me - lavorava per la libreria.
Aveva molti difetti, Adriana. Non si permetteva di utilizzare la sua fantasia nei giudizi, e le sue valutazioni sul mondo e sulla gente erano talvolta brutali e spietati. Politicamente la si sarebbe potuta definire una sopravvissuta della terza internazionale, con, tuttavia, un curioso strabismo per il quale i suoi giudizi si ammorbidivano con la distanza. A un gruppo di maori avrebbe concesso generosamente un sesso perverso e promiscuo e una forma di governo basata sull'assolutismo non illuminato mentre dai suoi vicini pretendeva comportamenti piemontesemente luterani e moralmente irreprensibili ed un'aspirazione convinta e militante verso il sol dell'avvenire. La sua visione politica discendeva logicamente, in realtà, dalla sua personale weltanschauung, una bizzarra combinazione tra i molti curiosi influssi tra i quali era cresciuta: le suore del collegio privato, la mamma socialista e femminista ante-litteram, la zia per anni governante (e probabilmente amante) di un lord scozzese. Conseguenza secondaria e imprevedibile di questa combinazione di influssi la sua assoluta, totale, penosa incapacità come casalinga, anche a mezzo servizio. Adriana, potendo, avrebbe vissuto come un cavaliere francese del '600, tra feste in maschera e pranzi di gala, sempre allegra e pungente, un po' sbruffona e un po' eroe senza macchia né paura.
Con me, in qualità di genero, era semplicemente deliziosa. Una donna incapace di essere una proverbiale suocera. La sua personalità un po' surreale e sovradimensionata le impediva di essere ricca di consigli e giudizi un po' meschini e un po' lividi come ci si immagina debbano essere quelli della mamma della moglie. Tutto ciò che facevo, bene o male che fosse, le appariva perfetto, appropriato, corretto, indiscutibile e inoppugnabile. Non c'era piaggeria in questo ma semplicemente il rude - e forse un po' buffo - apprezzamento del lavoro di un amico maestro d'armi.
La morte per lei è arrivata troppo tardi.
È sopravvissuta a se stessa, colpita da microemorragie cerebrali che l'hanno resa man mano troppo simile a una nonnina delle favole: gentile, tremante e timorosa di tutto.
L'unica cosa che riusciva a risvegliare in lei qualcosa del suo antico carattere era il semplice citare un nome. Il nome del demente, Silvio B. Lo so, sembra un'affermazione poco in tema con quella che appare e probabilmente è, una memoria. Ma non posso farci nulla se la semplice comparsa di Quel Nome poteva indurla a dichiarare: «non pronunciate il nome di quel cretino! Bah, che gentaglia…». C'era qualcosa dell'aristocratica noia un po' snob della zia - governante e quasi milady - in quel modo di giudicare il demente. Ma, a ben pensarci, anche un pizzico dell'intolleranza rabbiosa di chi è diventato adulto con la speranza in un mondo migliore e si ritrova in un paese che ospita e glorifica «gentaglia» come Silvio B.
Il ricordo della mia povera suocera / non suocera mi accompagnerà a lungo in questa vita. Non essendo credente, l'unica immortalità che posso offrirle è questa.
Conoscendola, credo però le sarebbe bastata.

4 commenti:

S_3ves ha detto...

Grazie. Di avermi aiutato a vederla come da troppo tempo non riuscivo più a fare.

consolata ha detto...

Post struggente. Un abbraccio,

ha detto...

Bellissimo ritratto che rende omaggio a una persona complessa e ancora "presente" grazie a questa sua rievocazione. Le parole sono importanti, veicolano una memoria.
Sono rimasto colpito. Vorrei poter essere in grado di fare altrettanto per coloro che mi hanno lasciato. Con altrettanta passione e dolcezza.

Anonimo ha detto...

Ho saputo solo oggi da Morgana della vostra perdita che è un po' anche mia...
Mi sono venute le lacrime agli occhi leggendo le parole di Massimo perchè anche se conoscevo solo la parte lavorativa di Adriana, la immaginavo proprio così. E' stata una grande donna e sono orgogliosa di averla conosciuta.
Mando un grande abbraccio a Silvia e uno a Massimo per averla ricordata così
Raffaella