Ha sollevato quanto meno una certa attenzione, il post precedente.
Tanto che, piuttosto che rispondere alle singole osservazione, preferisco inserire una risposta in forma di ulteriore post.
Prendo spunto dall'intervento di Piotr, che, maliziosamente, sottolinea il sentore di narcisismo che proviene molta della produzione editoriale contemporanea. Il libro di Cassano, dove "l'autore" confessa, come Don Giovanni, di aver amato centinaio di donne, è un efficacissimo esempio. Il libro che viene dall'autore già famoso per altri motivi - il calciatore, certo ma anche il tennista o il bombarolo e la vittima del bombarolo, la puttana di lusso e la puttana di lusso convertita - è un cavallo perfetto per l'editore di rilievo. Produce utili grazie al voyeurismo del pubblico di bocca buona e si impone automaticamente nei luoghi deputati alla vendita. Che non sono, come si può immaginare, le librerie. I librai "seri", infatti, sono ben coscienti del senso e del significato di simili uscite, senza valore culturale né un'orizzonte di durata che superi i 30-60 gg e se non ha un pubblico adatto a questo genere di volumi (non necessariamente un pubblico di beté, basti pensare alla libreria di una città di mare) si tiene basso sulla prenotazione della novità. O, in alcuni casi, trascura semplicemente il volume. Il libro troverà comunque abbondantemente posto nei supermercati e nelle grandi librerie di catena.
Questa "personalizzazione" esagerata del libro, famoso come riflesso della fama dell'autore, è una formula, un meccanismo che gli editori vorrebbero utilizzare spesso, tanto più in un momento come questo, cioé quando i lettori non comprano. A muovere l'interesse verso una nuova uscita, infatti, è la curiosità verso un tema, un luogo, una situazione. Ma se il lettore risulta distratto e poco sensibile non resta che fare appello alla sorella idiota e maligna della curiosità, la schadenfreude, cioé la gioia per i danni e i problemi altrui. Da qui l'interesse per i problemi di fuggiti da gruppi chiusi, oppressivi e fortemente esclusivi (Opus Dei, Scientiology ecc.) o per gli oppressi da pedofili, violenti, drogati, sadomaso, satanisti ecc. La "vittima" divenuta protagonista entra nell'insieme del progetto mediatico, compare alla TV, su internet, sui giornali. Il progetto mediatico prende a quel punto il suo spessore, tanto da diventare un "fenomeno" e il libro diventa un elemento intercambiabile e sostituibile di un complesso di elementi di pseudoinformazione. Tanto è vero che non è neppure necessario che l'elemento centrale della vicenda sia reale, l'importante è che sia verosimile.
In tutto ciò il posto e il ruolo del libro fatalmente impallidisce e svanisce e con essi si vanifica anche il senso e la presenza del libraio.
Questa giostra dei "nomi del momento" è esattamente ciò che Piotr sottolineava con la frase: «un po' di colpa ce l'ha anche la nazione stessa, se va a comprare un libro solo dopo un can-can pubblicitario su radio e tv, e solo per non sentirsi perduta quando altri ne parlano.»
La personalizzazione del libro anche in settori molti lontani dal libro biografico è ciò su cui gli editori - i grandi editori - puntano. Il libro di Vespa, di Manfredi ma anche quello di Giordano o di - non così assurdamente - Saviano, divengono strumenti di una campagna personalizzante dove il gradimento (o meglio, l'onnipresenza) del personaggio finisce per prevalere sul valore e il significato del libro. E il meccanismo ha un elemento ulteriore di sicurezza dal momento che il personaggio-scrittore può essere "venduto" più volte, simbolicamente in occasione dell'uscita del nuovo libro.
La fuga della limatura di ferro, in sostanza, minaccia quindi di non essere soltanto una caccia alle teste ma un modo per profilare una scuderia di autori "vendibili". Sia per la gradibilità della loro produzione che per la loro capacità di presentarsi a un pubblico televisivo e non solo. Basti pensare ad autori come Mazzantini, Genna o Pinketts... Mondadorone nostro ha capito prima e meglio di tanti altri editori la necessità della costruzione della pseudo-personalità dell'autore. E si muove di conseguenza. Qualcuno, come Rizzoli, procede di conserva ma la stragrande maggioranza degli editori non ha ancora capito che i libri di grande successo non sono più tali ma viaggiano su molti binari.
E i librai?
Penosamente, verrebbe da dire, si sforzano di vendere libri scritti, come dice Wilbur Smith ,«da autori con il nome scritto più piccolo del titolo». A un pubblico disperso e confuso di lettori possiamo offrire soltanto libri e non una ricca, grandiosa e squallida avventura. Di questi tempi un peccato imperdonabile.
Tanto che, piuttosto che rispondere alle singole osservazione, preferisco inserire una risposta in forma di ulteriore post.
Prendo spunto dall'intervento di Piotr, che, maliziosamente, sottolinea il sentore di narcisismo che proviene molta della produzione editoriale contemporanea. Il libro di Cassano, dove "l'autore" confessa, come Don Giovanni, di aver amato centinaio di donne, è un efficacissimo esempio. Il libro che viene dall'autore già famoso per altri motivi - il calciatore, certo ma anche il tennista o il bombarolo e la vittima del bombarolo, la puttana di lusso e la puttana di lusso convertita - è un cavallo perfetto per l'editore di rilievo. Produce utili grazie al voyeurismo del pubblico di bocca buona e si impone automaticamente nei luoghi deputati alla vendita. Che non sono, come si può immaginare, le librerie. I librai "seri", infatti, sono ben coscienti del senso e del significato di simili uscite, senza valore culturale né un'orizzonte di durata che superi i 30-60 gg e se non ha un pubblico adatto a questo genere di volumi (non necessariamente un pubblico di beté, basti pensare alla libreria di una città di mare) si tiene basso sulla prenotazione della novità. O, in alcuni casi, trascura semplicemente il volume. Il libro troverà comunque abbondantemente posto nei supermercati e nelle grandi librerie di catena.
Questa "personalizzazione" esagerata del libro, famoso come riflesso della fama dell'autore, è una formula, un meccanismo che gli editori vorrebbero utilizzare spesso, tanto più in un momento come questo, cioé quando i lettori non comprano. A muovere l'interesse verso una nuova uscita, infatti, è la curiosità verso un tema, un luogo, una situazione. Ma se il lettore risulta distratto e poco sensibile non resta che fare appello alla sorella idiota e maligna della curiosità, la schadenfreude, cioé la gioia per i danni e i problemi altrui. Da qui l'interesse per i problemi di fuggiti da gruppi chiusi, oppressivi e fortemente esclusivi (Opus Dei, Scientiology ecc.) o per gli oppressi da pedofili, violenti, drogati, sadomaso, satanisti ecc. La "vittima" divenuta protagonista entra nell'insieme del progetto mediatico, compare alla TV, su internet, sui giornali. Il progetto mediatico prende a quel punto il suo spessore, tanto da diventare un "fenomeno" e il libro diventa un elemento intercambiabile e sostituibile di un complesso di elementi di pseudoinformazione. Tanto è vero che non è neppure necessario che l'elemento centrale della vicenda sia reale, l'importante è che sia verosimile.
In tutto ciò il posto e il ruolo del libro fatalmente impallidisce e svanisce e con essi si vanifica anche il senso e la presenza del libraio.
Questa giostra dei "nomi del momento" è esattamente ciò che Piotr sottolineava con la frase: «un po' di colpa ce l'ha anche la nazione stessa, se va a comprare un libro solo dopo un can-can pubblicitario su radio e tv, e solo per non sentirsi perduta quando altri ne parlano.»
La personalizzazione del libro anche in settori molti lontani dal libro biografico è ciò su cui gli editori - i grandi editori - puntano. Il libro di Vespa, di Manfredi ma anche quello di Giordano o di - non così assurdamente - Saviano, divengono strumenti di una campagna personalizzante dove il gradimento (o meglio, l'onnipresenza) del personaggio finisce per prevalere sul valore e il significato del libro. E il meccanismo ha un elemento ulteriore di sicurezza dal momento che il personaggio-scrittore può essere "venduto" più volte, simbolicamente in occasione dell'uscita del nuovo libro.
La fuga della limatura di ferro, in sostanza, minaccia quindi di non essere soltanto una caccia alle teste ma un modo per profilare una scuderia di autori "vendibili". Sia per la gradibilità della loro produzione che per la loro capacità di presentarsi a un pubblico televisivo e non solo. Basti pensare ad autori come Mazzantini, Genna o Pinketts... Mondadorone nostro ha capito prima e meglio di tanti altri editori la necessità della costruzione della pseudo-personalità dell'autore. E si muove di conseguenza. Qualcuno, come Rizzoli, procede di conserva ma la stragrande maggioranza degli editori non ha ancora capito che i libri di grande successo non sono più tali ma viaggiano su molti binari.
E i librai?
Penosamente, verrebbe da dire, si sforzano di vendere libri scritti, come dice Wilbur Smith ,«da autori con il nome scritto più piccolo del titolo». A un pubblico disperso e confuso di lettori possiamo offrire soltanto libri e non una ricca, grandiosa e squallida avventura. Di questi tempi un peccato imperdonabile.
2 commenti:
Mondadori d'altronde rispecchia le politiche del suo proprietario, che mira ad aumentare il livello di mediocrità nazionale.
Io guardando nella mia libreria di libri mondadori ne ho pochi, nonostante tutta la produzione di James Ellroy alzi la media :)
Comunque la cosa è molto pericolosa, gli editori che investono in nuovi autori hanno bisogno dei guadagni e della visibilità di tali autori.
complimenti per il blog, l'ho scoperto oggi ma sto leggendo tutto!
Mi piace particolarmente l'idea di libri con il nome dell'autore scritto più piccolo del titolo...
A parte gli scherzi, è forse un modo per distinguersi, e far scoprire al pubblico che il libraio, quello vero, non vende spazzatura. O se la vende, è appoggata su un lato del negozio con scritto categoria "spazzatura" in quella forma che più gli aggrada ("best seller"?).
I lettori vogliono anche distinguersi, la gente ama ancora fare "quello che non fano tutti" oppure "quello che fanno tutti".
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