24.7.09

Qualche goccia d'acqua nel deserto


In un anno decisamente deprimente per volume d'affari e per offerta di titoli è accaduto un evento che potrà sembrare al normale lettore un semplice mutamento di distribuzione - quindi semplicemente un problema interno alla distribuzione libraria - mentre a un esame più attento e puntuale può rappresentare forse qualcosa di più.
Da settembre 2009 la Feltrinelli editore, finora distribuita da Messaggerie Libri, verrà distribuita a mezzo PDE Promozione Distribuzione Editoriale. Non si tratta soltanto di un cambio di distribuzione ma di un massiccio cambio di orientamento e di politica editoriale. Feltrinelli editore è entrata nella conduzione nazionale del distributore - finora una "federazione" di distributori locali organizzati sul piano nazionale e concessionari esclusivi di editori come Raffaello Cortina, E/O, Dedalo, Sole 24 Ore, McGraw Hill- rilevandone una quota tanto importante da determinarne la politica. Detto in termini un po' meno ermetici Feltrinelli editore si è "comprato" un distributore nazionale ponendo definitivamente fine alle difficoltà di rapporto con le Messaggerie Libri. Difficoltà di rapporto che si possono riassumere in pochi punti:
- Una politica editoriale e commerciale interamente pensata - in termini di sconti e di tempi di pagamento - per le librerie di catena e le grandi superfici, ovvero mirata alla commercializzazione di titoli ad ampia diffusione trascurando i titoli meno frequentati, per tema o per scelta.
- Una politica volta al controllo e all'acquisto degli editori rappresentati in difficoltà, determinando un blocco formidabile distributori-editori (il gruppo Messaggerie è di proprietà del G.E. Mauri-Spagnol proprietari, tra gli altri, di Longanesi, Guanda, Garzanti, TEA ecc.), in grado di influire sempre di più sul futuro della distribuzione libraria in Italia.
- Una politica volta alla marginalizzazione delle librerie indipendenti, espulse dalla fornitura diretta da parte delle Messaggerie e costrette a ricorrere alle società collegate alle Messaggerie (Fastbook) con un significativo calo dell'offerta di titoli a disposizione.
Feltrinelli editore ha capito (o ha cominciato a capire?) che la politica delle Messaggerie e dei maggiori gruppi editorial-distributivi (Mondadori, RCS) sta chiudendo gli spazi del mercato per chi non dispone di una distribuzione propria ed ha (probabilmente) intuito che una politica così evidentemente mirata sulle librerie di catena e le grandi superfici rischia di provocare un eccessivo - e pericolosissimo - affollamento e condizioni di offerta eccessive (sconti troppo alti, rese non regolamentate) presso pochi e colossali punti vendita.
Detto con poche e semplici parole: se le librerie di catena possono già ora determinare la disponibilitè e l'uscita di un libro («No, di quello non me ne frega nulla»= lasciamo perdere/ «Sì, nel prendo 5000 copie»= si stampi, presto!) che genere di futuro attende la produzione di qualità - sia narrativa che saggistica - in Italia? È il caso, forse, di cominciare a riflettere sulla distribuzione editoriale e forse - persino - cominciare a ripensare la possibile funzione delle librerie indipendenti.
Ma sono "buoni" quelli di Feltrinelli editore?
Evidentemente no. Non esiste il buono e il cattivo nel mondo editoriale. Esistono politiche editoriali discordi e/o contrapposte.
Che l'idea di Feltrinelli editore, nata già qualche tempo fa, trovi adesso conferma nella grave crisi che colpisce le catene librarie - da Mondadori Franchising e Giunti al Punto alle stesse Librerie Feltrinelli - è probabilmente un lampante caso di serendipità.
E su questa inattesa serendipità vivono in questo momento alcune delle possibilità di sopravvivenza delle superstiti librerie indipendenti. Un grande gruppo editoriale che da un giorno all'altro riapre la possibilità di rifornimento diretto per centinaia di librerie indipendenti finora costrette all'approvvigionamento - inevitabilmente meno efficiente - mediante grossisti è sicuramente un evento. Feltrinelli editore è sicuramente prontissimo a chiudere la fornitura alle librerie meno puntuali nei pagamenti, problema non piccolo in un momento nel quale i librai fanno capriole al contrario per riuscire a pagare i fornitori, ma ciò non toglie che forze finora mortificate possono ritornare a incidere sul mercato.
A proporre libri dei quali hanno disponibilità reale.
A vendere ai lettori autori come Kapuscinsky, Erri De Luca, Benni, Yoshimoto Banana, Lobo Antunes, Borgna, Ballard, Ransmayr, Cantarella, Yu Hua, Fitoussi, Bettin...
Anche Baricco - a chi piace...


18.7.09

Qualcosa da masticare?


Per masticare si intende, qui, la lettura.
Qualcosa da leggere? Da ricordare? Da consigliare? Da ricordare?
Uhmmmm.
Non sto leggendo molto, ultimamente. Mi sono imbarcato in un difficile e complicato viaggio con Flotta di mondi di Larry Niven ed Edward Lerner, un romanzo - almeno finora - (inutilmente) complicato, talvolta scarsamente comprensibile o con i personaggi presi da emozioni e sentimenti ingiustificati e ingiustificabili sulla base di quanto appare nel testo. C'è da dire che io non mai letto I burattinai (1970) del quale questo romanzo riprende i (piuttosto opinabili) extrataerrestri a due teste ed è quindi probabile che una parte dei riferimenti mi sfugga, ma sinceramente a me gli alieni interessano non proprio perché sono dei furbetti vigliacchi che tirano a fottere la specie umana... Lo finirò (credo) ma non prevedo sarà un romanzo che cambierà la mia visione della narrativa e della fantascienza.
Resta la domanda: «Ma perché Urania ha pubblicato 'stà ciofeca?»
Bella domanda, vero?
Ma non c'era proprio nulla di meglio? Senza contare la sensazione (o il dubbio) che la traduttrice ci abbia messo del suo per lasciare emozioni, ricordi e considerazioni sospese nel nulla...
...
Provengo dalla lettura, inevitabilmente ansiogena, di Real World di Natsuo Kirino. Ansiogena perchè si tratta della storia di quattro amiche adolescenti che per un caso si trovano coinvolte nell'omicidio - l'assassino della madre - compiuto da un ragazzo più o meno di pari età. Il giovane non è malato di mente, non ha compiuto l'omicidio in preda a un raptus, non ha bevuto né è drogato. Semplicemente, oppresso da una madre ossessiva e perfezionista, con ambizioni e ansie di affermazione del figlio non misurati alla volontà e alla capacità del rampollo, si è definitivamente stufato e ha eliminato la madre. Un ottima e perfetta parabola dell'educazione ultracompetitiva somministrata ai giovani giapponesi... Le ragazze sono affascinate e inorridite dal matricida - anche se questi è in ultima analisi un individuo infantile e irresoluto - e il rapporto con lui finirà col rappresentare una frattura definitiva nella loro vita.
Davvero un ottimo libro, anche se forse un po' troppo breve in rapporto ai temi e ai personaggi toccati. O forse, semplicemente, mi è rimasta un po' di insoddisfazione per non aver forse colto fino in fondo il dramma delle protagoniste - ciascuna delle quali racconta in prima persona i fatti avvenuti.
La stessa sensazione, detto per inciso, che mi rimane dopo una discussione con la mia figlia diciassettenne.
...
La fantascienza non è proprio morta, forse.
O quantomeno certe forme tipiche della sf, come la proiezione nel futuro di un problema sociale, hanno ancora una loro possibile utilizzo. Che poi questo sia anche riuscito su un piano estetico e narrativo... beh, non chiediamo troppo.
Massimo Fini, saggista e giornalista in Il Dio Thoth (Marsilio) immagina un mondo futuro nel quale la comunicazione costituisce un bene essenziale, fondamentale e irrinunciabile, tanto che esiste un unico, colossale fornitore di informazioni: Teleworld, che ha, peraltro, definitivamente eliminato il problema del diverso schieramente politico.
In una terra depauperata di alberi, animali, una terra meccanizzata e fortemente urbanizzata, il protagonista, un megasfigato rappresentato come tale, è testimone di un paio di episodi di criminalità che Teleworld ignora. Questo lo preoccupa non poco, tanto che si chiede perché TW selezioni così misteriosamente le notizie. Ne ha ben donde, il nostro Matteo, vista che lui stesso lavora per TW e come tutti gli altri ogni giorno si sorbetta il fervorino della Grande Mousse il megadirettore dell'unica e ultima major. Al di fuori del mondo perfetto della Grande Mousse - inevitabilmente un cocainomane incallito - vivono soltanto gli UnInformed che rifiutano le notizie e vivono perfettamente e felicemente non informati.
La situazione di Matteo giunge infine a un'empasse senza uscita e a pagina 146 (su 188) il protagonista si suicida.
E qui il romanzo va in panne. A Fini non resta altro che sceneggiare (in modo un po' affrettato) la Ragnarök del megamostro tele-radio-internautico e la conseguente fine del mondo così-come-lo-conosciamo. Ultima apparizione per il Dio Thoth (il dio della scrittura), nei panni di un semplice contadino prefeudale, che inciampa nella rovina della metropoli di TW e giunge a concepire - sia pure vagamente - il possibile ritorno di una società della comunicazione...
Che, potrebbe essere la nostra.
Forse.
Una lettura deludente, ahimé.
Dove tutti i personaggi sono chiamati a occupare un posto predefinito dall'autore, che progetta e mette in scena una denuncia della situazione della comunicazione in Italia e non solo. La fantascienza è un semplice specchio delle illusioni, in sostanza, uno riflesso rovesciato e ingrandito nel quale si potranno riconoscere senza difficoltà i Rupert Murdoch ma anche i Berlusconi, la redazione di Repubblica o Radio DJ. Al di fuori della comunicazione definitiva di un unico gigantesco media non rimane nulla, ovvero ciò che non viene raccontato dal Media - come i delitti ai quali Matteo ha assistito - non esiste. Come è scritto sulla torre di Teleworld: «Il fatto è la notizia e la notizia è il fatto».
Anche il romanzo, viene da aggiungere, è tutta un'altra cosa.
Può essere una composizione dove il protagonista NON MUORE a 3/4 del libro piantando lettore e romanzo nelle peste, dove non si inventa - sia pure con tutte le migliori intenzioni - un mondo in ultima analisi ben poco credibile per poter affermare ad alta voce che cosa minaccia - e forse ha già divorato - la democrazia.
Ho una certa (confusa) simpatia per il buon Massimo Fini, perseguitato da sinistra e da destra, Cyrano, Don Chisciotte e Bastian Contrario a oltranza, ma questo romanzo-che-non-è-un -romanzo non funziona. Al massimo provoca qualche superficiale cenno di accordo, qualcosa di molto diverso dalla partecipazione convinta e appassionata creata da una buona narrativa.
Succede.
Probabile che il mio problema sia che leggo e conosco la fantascienza.
In ogni caso di seguito i link al sito di Massimo Fini a al sito La voce del Ribelle, tanto per informarsi un pochino sulle attività del Nostro.
...
Ultimo libro e ultime riflessioni per un eccellente saggio di Russell Shorto, appena pubblicato da Longanesi: Le ossa di Cartesio. Una piccola e succosa storia della filosofia (nonché della politica, religione e mistica) occidentale da Cartesio in poi costruita a partire dal mistero delle ossa scomparse e del (doppio?) cranio di Reneé... Scritto vivacemente, senza lungaggini o momenti vuoti, un buon libro per capire in che modo si è evoluta la visione del mondo e di Dio dal '600 a oggi. Davvero un buon compagno di lettura, talvolta addirittura interlocutore.
...
Sono quasi in ferie (manca una settimana) e immagino che nei giorni a venire pubblicherò poco. Ma non è detto.
Per il momento, comunque, i più affettuosi saluti ad amici, conoscenti e casuali passanti per questo blog.
A rileggerci.





14.7.09

Appello per la libertà di informazione on line


Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un susseguirsi di iniziative legislative apparentemente estemporanee e dettate dalla fantasia dei singoli parlamentari ma collegate tra loro da una linea di continuità: la volontà della politica di soffocare ogni giorno di più la Rete come strumento di diffusione e di condivisione libera dell’informazione e del sapere.

Le disposizioni contenute nel Decreto Alfano sulle intercettazioni rientrano all’interno di questa offensiva.

Il cosiddetto obbligo di rettifica imposto al gestore di qualsiasi sito informatico (dai blog ai social network come Facebook e Twitter fino a …. ) appare chiaramente come un pretesto, un alibi. I suoi effetti infatti - in termini di burocratizzazione della Rete, di complessità di gestione dell’obbligo in questione, di sanzioni pesantissime per gli utenti - rendono il decreto una nuova legge ammazza-internet.

Rispetto ai tentativi precedenti questo è perfino più insidioso e furbesco, perché anziché censurare direttamente i siti e i blog li mette in condizione di non pubblicare più o di pubblicare molto meno, con una norma che si nasconde dietro una falsa apparenza di responsabilizzazione ma che in realtà ha lo scopo di rendere la vita impossibile a blogger e utenti di siti di condivisione.

I blogger sono già oggi del tutto responsabili, in termini penali, di eventuali reati di ingiuria, diffamazione o altro: non c’è alcun bisogno di introdurre sanzioni insostenibili per i citizen journalist se questi non aderiscono alla tortuosa e burocratica imposizione prevista nel Decreto Alfano.

La pluralità dell’informazione, non importa se via internet, sui giornali, attraverso le radio o le tv o qualsiasi altro mezzo, costituisce uno dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino e, probabilmente, quello al quale sono più direttamente connesse la libertà e la democrazia.

Con il Decreto Alfano siamo di fronte a un attacco alla libertà di di tutti i media, dal grande giornale al più piccolo blog.

Per questo chiediamo ai blog e ai siti italiani di fare una giornata di silenzio, con un logo che ne spiega le ragioni, nel giorno in cui anche i giornali e le tv tacciono. E’ un segnale di tutti quelli che fanno comunicazione che, insieme, dicono al potere: “Non vogliamo farci imbavagliare”.

Invitiamo quindi tutti i cittadini che hanno un blog o un sito a pubblicare il 14 luglio prossimo questo logo e a tenerlo esposto per l’intera giornata, con un link a questo manifesto. - scarica il banner.jpg

Non si tratta di difendere la stampa, la tv, la radio, i giornalisti o la Rete ma di difendere con fermezza la libertà di informazione e con questa il futuro della nostra democrazia.

10.7.09

LN 50 già e non ancora...


Uscito intorno al 23 di giugno l'ultimo LN uscito, il numero 50, è partito ieri per gli abbonati fuori città.
Abbonati e abbonamenti che sono, naturalmente, in discesa.
No, non è per lamentarsi che ne scrivo, ma soltanto per abbozzare una riflessione sulla rivista e sulla sua funzione. E sul suo possibile futuro.
Tralascio per il momento il destino della libreria - dalla cui salute discende automaticamente quella della rivista - e immagino che la libreria sopravviva a questo maledetto 2009 (assunto tutto da dimostrare). A gennaio 2010, raccolto un certo numero di abbonamenti ci guardiamo in faccia e ci chiediamo: « Bene, a che cosa serve LN? È il caso che sopravviva?»
Cominciamo dai problemi emersi con particolare evidenza in questi ultimi tempi.
Il primo e il più grande.
I redattori di LN, una dozzina di collaboratori malcontati, NON SONO RETRIBUITI per i loro interventi. Scrivono per amore dei libri, togliendosi il gusto di parlare bene - o male - di un libro o di un autore. Questo significa che qualsiasi problema - di salute, di lavoro, familiare - può interrompere la loro collaborazione. Questo anche senza contare il non piccolo problema della semplice usura... Finora LN ha risolto il problema - diciamo così - arruolando nuovi collaboratori, ma anche il numero di coloro che sono disponibili a dedicare un certo numero di ore a stendere articoli e recensioni di buona - in qualche caso ottima - qualità, non è infinito. Non solo, alcuni redattori sono e restano assolutamente insostituibili, tanto da essere diventati veri e propri simboli della rivista.
Ma sono, siamo stanchi.
Il numero 50 è una prova del nostro impegno - dalle numerose interviste ai «Dimenticati» dello spazio «Per una storia naturale della narrativa fantastica» – ma è anche una prova della nostra fatica. Buone recensioni, certo, ma numericamente appena sufficienti, a testimoniare il nostro possibile affanno nel seguire da presso la produzione editoriale contemporanea.
D'altro canto è forse possibile - prendendo in esame l'indice analitico di LN 50 - ribaltare il senso del discorso e chiedersi: «ma i forti lettori seguono davvero la produzione editoriale?».
La risposta è necessariamente sospesa o insufficiente. LN recensisce poco i best-seller, questo lo si sa da tempo, ma gli autori recensiti - per citarne alcuni: Somerset Maugham, Wambaugh, Parise, Bennett, Appelfeldt - appartengono alla storia piuttosto che all'attualità della letteratura. Come se la nostra pattuglia di redattori/collaboratori avesse massicciamente scelto di voltare le spalle alle novità e agli autori «di successo» per seguire in ogni genere i ripescaggi e le riproposte editoriali o per presentare autori poco noti o defilati (Everett, Barilli, Tilocca, Torchio, Gatto).
Vista da questo punto di vista, ecco che la nostra stanchezza prende un altro aspetto.
LN è sicuramente stanco e un po' affaticato ma soprattutto patisce, parrebbe, la qualità della produzione contemporanea delle novità. A riprova: i titoli e gli autori di successo sono presenti (Scurati, Agnello Hornby, Avati, Geda, Nerozzi, Murakami, Kundera) ma i loro libri sono recensiti e giudicati singolarmente, dimenticando la posizione di successo degli autori e per riflettere - più o meno positivamente - sulla qualità percepita della loro produzione.
Il problema fondamentale di una rivista di questo genere - attenta verso gli autori secondari e ipercritica verso i favoriti dallo star-system - è che:
1) fatica a trovare (o non trova) simpatie nell'attuale mondo editoriale
e, reciprocamente
2) non viene letta da chi cerca un'informazione attuale sugli autori già noti.
Questo per la narrativa.
Per quanto riguarda la saggistica, LN è da sempre «fuori dai giochi» per quanto riguarda il mondo delle adozioni universitarie, il target di più di metà della produzione saggistica. A nessuno o quasi interessa leggere l'ennesimo polentone girato e rigirato da un ricercatore a contratto con al collo il cartellino da schiavo con impresso il nome del luminare che, successivamente, firmerà l'ennesimo «suo» libro.
Esiste una saggistica libera, ovviamente, ma non è così facile incontrarla e sceglierla... Anche senza contare le esigenze di aggiornamento, traduzione, disponibilità, equilibrio richieste agli estensori di saggistica.
Un'altra possibile voce degli abbonamenti a LN erano (l'imperfetto è, ahimé, più giusto del presente) le biblioteche. Ma gli stanziamenti per le biblioteche hanno un andamento tale da obbligarle a tagliare gli acquisti, a partire proprio dagli abbonamenti ritenuti meno utili. Quelli alle riviste letterarie, per dire...
Quindi...
Verrebbe un po' la voglia di tagliarla lì e dire: «grazie, signori. Arrivederci».
E non è detto che non finisca proprio così.
Ma tra coordinatori e redattori capita anche di parlare, discutere, confrontarsi. E possono nascere idee nuove e diverse.
Di fare, per esempio, delle debolezze del nostro attuale LN altrettanti punti di forza.
Lasciare perdere o affidare unicamente al fratello on line di LN le recensioni di titoli più «correnti», ovvero più legati all'attualità. E pubblicare una rivista diversa, un anfibio tra saggistica letteraria, con interviste e articoli più lunghi e articolati di quelli attualmente pubblicati, e narrativa di nuovi autori. Una rivista con una diversa paginazione - 200/250 pagine - e con una diversa periodicità (2-3 volte l'anno).
Fare di LN - strapomposamente parlando - un faro di segnalazione di nuovi autori e di testi non troppo comuni.
Un punto di resistenza.
Un luogo di incontro.
Forse presto per parlarne, anche perché per quest'anno non cambia nulla con i due numeri in programma (51 e 52).
Per l'anno prossimo... beh, siamo aperti a ogni proposta.


6.7.09

Per resistere si può cominciare firmando contro l'intolleranza


Cari lettori

Non credo troppo nella raccolta di firme, nelle mobilitazioni on line, nei cortei virtuali. Però, però.. c'è un limite a ciò che si può tollerare limitandosi a storcere il naso.
I pestaggi razziali non sono ancora un'abitudine ma se aspettiamo fiduciosi le ronde padane non mancheranno di allietare tutti i nostri week-end.
La violenza contro le donne non è ancora così diffusa ma i viali bui dei nuovi sobborghi offrono a tutti i maniaci le migliori occasioni.
La violenza contro i gay e le lesbiche non ha ancora preso piede, ma con un po' di fiducia si potrà presto assistere a linciaggi quasi quotidiani.
A meno che persone come Marialuisa non intervengano.
Non si facciano pestare sanguinosamente per difendere un gay.
Quindi firmate alla pagina
http://www.gay.it/unamedagliapermarialuisa/ l'appello per la medaglia al valore civile per Maria Luisa , se volete che il mondo non finisca per assomigliare troppo a quello che temiamo...

...

Medaglia al valore civile per Marialuisa


Al Presidente della Repubblica On. Dr. Giorgio Napolitano


Signor Presidente,
il 23 giugno 2009, nella centrale piazza Bellini a Napoli, una studentessa di 26 anni, Maria Luisa Mazzarella , nella circostanza di trovarsi a difendere un proprio amico omosessuale dalle offese e dalle violenze fisiche per opera di un gruppo di coetanei, è stata lei stessa oggetto di un duro atto di violenza verbale e fisica che le ha procurato lesioni su tutto il corpo e l'ha esposta al rischio di perdere addirittura un occhio.

In un contesto sociale in cui si moltiplicano gli atti di violenza dettati dall'odio nei confronti di cittadini con un differente orientamento sessuale e che spesso si consumano nell'indifferenza generale di coloro che vi assistono, il gesto di Maria Luisa assume un innegabile valore non solo simbolico. Ci permettiamo pertanto di chiederLe di valutare la possibilità di concedere a Maria Luisa la medaglia al valor civile per aver messo a rischio la propria stessa vita in difesa di un coetaneo vittima della violenza omofoba.

Confidiamo nella Sua sensibilità in modo che Maria Luisa possa vedersi conferita la massima onorificenza della Repubblica.

2.7.09

Hura! Hota!

Reduce dalla lettura di un documento di analisi della situazione della Mondadori (http://www.marco-ferri.com/?p=2358), mi sorprendo a chiedermi: ma qual'è adesso la qualità della produzione editoriale? E come ha fatto fronte finora l'editoria italiana alla crisi?
Due domande alle quali mi viene spontaneo rispondere con due «male, molto male», ma alle quali è forse più ragionevole rispondere con un minimo di cautela, tanto più nei miei panni di piccolissimo libraio indipendente, ovvero come scrive Romano Gobbi, un collega emiliano, un sicuro candidato alla chiusura vicina: «le librerie (almeno la maggior parte) dovranno chiudere forse fra 3-5 – o dieci anni».
Andiamo con ordine.
Qual'è adesso la qualità eccetera?
Cattiva, non c'è dubbio.
Diminuite tirature e titoli gli editori italiani si affollano intorno a pochi titoli, pochi autori e pochi generi che sembrano promettere un andamento meno disagiato e infelice della media dei libri.
I gialli (noir, polizieschi, thriller) innanzitutto, le monografie scritte da giornalisti più o meno famosi - basterà citare l'ultimo Pansa? -, i saggetti frivoli sulle contrarietà della vita quotidiana, l'ultimo Moccia (titolo: «Scusa, ma ti voglio sposare», seguito di «Scusa, ma ti chiamo amore») - mortalmente e definitivamente tossico. Un assaggio? Eccovi accontentati: «…E la sua fragile sicurezza si scioglie subito, come un gelato al mare nel giorno di Ferragosto in mano a qualcuno che ha deciso di stare a dieta…[pagina 1]», i soliti svariati metri cubi di fantasy scritti da autori giovanissimi in un italiano discutibile e poverissimi di genuina suggestione. Tra gli autori fa bella mostra di sè la nostra cara e indimenticata Strazzulla che, pur non avendo avuto un successo indiscutibile con il primo romanzo, riemerge caparbia (e/o costretta dal contratto con Einaudi) con un «La strada che scende nell'ombra», con copertina oscura e confusa e un incipit che resterà a lungo nella storia della letteratura: «I resoconti erano ogni giorno più foschi» , senza trascurare, poche righe più giù: «Al Nord, dove la situazione era decisamente peggiore, la situazione era ormai fuori controllo[…] Capitava sempre più spesso che il ritrovamento dell'ennesimo morto causasse fughe di massa…».
Così, detto per inciso, tra foschi resoconti e fughe di massa senza controllo il fantasy italiano affonda rumorosamente nella stessa melma maleodorante nella quale sguazza felicemente il nostro unico e inimitabile Moccia. Italiano e forma narrativa si perdono, impallidiscono, svaniscono, si sciolgono. Più rapidamente perché colpiti e sospinti via dalla crisi. Le (superstiti) redazioni editoriali lasciano passare qualsiasi errore e orrore sacrificando vite e carriere sull'altare delle vendite (possibili). I libri formano una nebbia indistinta di titoli e parole che passano rapidamente e sembrano nati per essere presto dimenticati. Non che non escano più buoni libri, ma è diventato faticoso riconoscerli, impadronirsene. L'ultimo libro di Yu Hua «Arricchirsi è glorioso», grande scrittore cinese, è prolisso, vago, confuso, mal concepito e mal costruito, tendenzioso in maniera troppo ovvia e sembra nato e scritto fondamentalmente per soddisfare il moloch: il pubblico occidentale. Viene il dubbio che il problema non sia nemmeno più, a pensarci, sulla qualità dei singoli libri e dei singoli autori ma nella follia che sembra aver afferrato il limitato «cervello» internazionale che crea e commercializza i libri. Una malattia unica sembra aver afferrato le case editrici del mondo occidentale. Il successo - del tutto imprevisto e imprevedibile – di Harry Potter e di pochi altri titoli ha convinto che il libro capace di muovere l'intero mondo letterario mondiale è possibile e può creare infinito (o quasi) movimento di denaro, determinando il successo e il fallimento di editori e case editrici.
In Gran Bretagna nei giorni dell'uscita dell'ultimo volume di Harry Potter presso Waterstone's si poteva comprare il libro della Rowlings per 5 sterline (prezzo fissato dall'editore: 18 sterline). Intorno al libro di successo si è scatenata una corsa al ribasso che ha finito col punire tutti, da Waterstone's fino all'ultimo libraio del Surrey. Ma non importa, quello che conta è aver indovinato il MEGA-bestseller che può muovere milioni di euro e capace di contagiare tutti i comparti commerciali vicini. Le amministrazioni editoriali si sono formate su questo genere di libri e puntano - più o meno consciamente - al libro definitivo, quello da 500 milioni di copie in su.
Creare un catalogo ampio, variato, destinato a durare nel tempo?
Ma quando mai?
E poi ci vuole gente che ne capisca, per ottenerlo.
Veri lettori che sappiano apprezzarli.
Un pubblico limitato, dai gusti complessi e stratificati, che non promette questo genere di incassi.
Il tempo è denaro, anche nella lettura.
Se fate parte di quel genere di lettori, ben decisi a leggere libri che vi «sazino» intellettualmente , vi aspetta un futuro piuttosto difficile. Condannati a cercare libri che non siano tentativi più o meno riusciti di attingere al bestseller definitivo. Libri non-cloni e non-epigoni, personali, scritti con una lingua, uno stile, un approccio personale.
Quindi il «molto male» della prima risposta parrebbe indovinato.
In quanto alla seconda domanda basta dare un'occhiata ai prezzi per capire che l'editoria italiana sta tentando di reagire alla crisi alzando il prezzo dei suoi «tentati» best-seller. Romanzi giunti a costare 19, 20, 21 o 22 euro. Risultato? Il lettore, già in ristrettezze, sceglie unicamente i libri di autori già ben noti. Attende l'edizione economica. Legge i libri ritrovati in cantina. I fumetti del figlio. I vecchi Harmony della nonna.
Seconda domanda: «Come reagiscono gli editori italiani…»
Male, molto male.
Senza fantasia né idee.
I forti lettori se ne sono accorti, comunque.
Disertano le librerie e comprano esclusivamente in economica.
Noi librai siamo qui ad aspettare che gli editori facciano proposte e lancino idee, ma non ci contiamo troppo. Le librerie di catena sono nate ed esistono esclusivamente per smerciare tentati bestseller da 20 euro cad. E, grazie alla loro posizione, comunque vendono.
Non solo: soprattutto convincono il mondo che loro sono le vere librerie.
Spesso non hanno personale in grado di vendere decentemente, e, come ha scritto Andrea Bajani allineano: «… librai improvvisato e precari, librai a progetto, gente messa dietro dietro a un bancone di libri dopo essere passata per un bancone di supermercato, per lo scooter di una ditta che consegna pizze a domicilio o la cuffietta di un call center».
La solita puzza sotto il naso del consueto intellettuale, si dirà.
Ecco, quando si dice cogliere esattamente lo Zeitgeist.
Nessuno è contento di essere servito da un addetto incapace, «uno che cerca la Guida galattica per autostoppisti nello scaffale delle guide turistiche», ma ormai ci vergogniamo di passare da intellettuali.
Moriremo leggiucchiando il libro scritto a quattro mani da Moccia e la Strazzulla. Biascicando «hura, hota» come i falsi bergamaschi di Calvino.
Perchè saremo intellettuali anche fingendo di non esserlo...