Periodo di affollamento e di movimento in libreria, il motivo principale per la mia assenza su queste pagine.
Abbastanza logico, tenendo conto che sono partiti i corsi universitari nelle facoltà intorno al negozio. Fisica, chimica, farmacia, CTF, medicina. Visto l'andamento dell'anno fino a questo momento, direi che non è particolarmente strano né curioso se ci siamo buttati come un sol uomo nella pubblicità e nel servizio a questi clienti "obbligati", dove "obbligati" significa che le loro scelte sono molto limitatamente personali e in genere telecomandate dai docenti dei rispettivi corsi.
Curioso, detto di passata, che in qualche caso gli studenti ricevano il suggerimento - o l'ordine - di cercare di un libro l'introvabile "vecchia edizione" o di recuperare un libro esaurito da tempo... Pur essendo un po' merluzzi persino le matricole arrivano ad avanzare qualche dubbio un po' eterodosso su questo genere di docenti, così convinti che un libro esista ed esisterà sempre perché il ricordo è conservato nel loro trepido cuore. A pensarci bene un esempio di salda fedeltà alle proprie letture che ignora e spregia le novità a tutti i costi.
Qualcosa di profondamente - e teneramente - anacronistico di questi tempi.
Ma l'università italiana è forse qualcosa di profondamente anacronistico in sè e per sè, a pensarci bene. Tasse altissime in cambio di molto poco - o di quasi nulla - e una vita sociale che esiste soltanto nei bar schierati di fronte agli ingressi dell'ateneo. Pochi laboratori, nessuna riflessione sul proprio ruolo e i propri compiti e costi senza criterio, che pongono l'università a metà tra il college economico e il corso serale.
È possibile che sia normale.
Normale per un paese che si prepara a scivolare lentamente nelle ultime posizioni per numero di studenti, di laureati, per lettori di giornali e di libri, per numero di donne impiegate, per titolo di studio degli adulti...
Ci si abbandona a una decadenza malmostosa e intollerante, lamentandosi di auto bollate dalla grandine e litigando con immigrati con la radio sparata al massimo.
Si sente nell'aria questa nausea, questa noia di vivere.
Nel giro di un paio d'anni abbiamo cancellato i nostri progetti, le nostre speranze. Ce ne stiamo aggrappati sul confine col nulla quotidiano in attesa di una frattura irreparabile o di qualche speranza inattesa e imprevedibile che ci rimetta in gioco.
Invecchiare probabilmente è tutto qui. Mettere tra parentesi la vita, preferendogli un'attesa grigia e limacciosa della fine.
Sarà il Demente il colpevole? Può essere una consolazione, quasi una speranza.
Forse la scomparsa del cavaliere può rimetterci in gioco, ridare colore alle cose di tutti i giorni.
Forse.
La realtà probabilmente sta tutta in un mondo che, come in Ubiq di P.K.Dick, si degrada senza mutare la propria natura profonda. Bisogna probabilmente fare come il cavaliere di Münchhausen, sorreggerci e sollevarci da soli prendendoci per il codino.
Recuperare un po' di speranza nel futuro. Ricominciare a ragionare del futuro, combattere per il futuro. Progettare, sorridendo, la fuga dal nostro pianeta.
Anche vecchi, anche stanchi, anche disperati.
Immaginare nuovi cieli e nuove nuvole.
Sembra facile, certo, ma non lo è affatto.
L'ansia ci paralizza al primo gesto, alla prima rottura della routine quotidiana.
Si rifluisce - fa sorridere già soltanto pronunciare questa parola: «riflusso» - nella solita traccia dei nostri gesti quotidiani, ritornando a maledire una misteriosa crisi senza fine e soprattutto senza un preciso inizio. Stramaledendo il Demente e la sua corte di mezzuomini senza fantasia né audacia, ma tutti insieme - noi e loro - chiusi in un piccolo cerchio senza orizzonte.
Si pensa, si medita, si riflette senza respirare. Un'apnea della mente dalla quale non si riesce a uscire. Si disegna e si ridisegna lo stesso punto su un foglio senza smettere e senza ottenerne consolazione o speranza.
Forse è il momento di trarre un grande respiro. Qualcosa di grande e inatteso che spazzi via la paura e i suoi infiniti alfieri.
Anche solo per un attimo.
Abbastanza logico, tenendo conto che sono partiti i corsi universitari nelle facoltà intorno al negozio. Fisica, chimica, farmacia, CTF, medicina. Visto l'andamento dell'anno fino a questo momento, direi che non è particolarmente strano né curioso se ci siamo buttati come un sol uomo nella pubblicità e nel servizio a questi clienti "obbligati", dove "obbligati" significa che le loro scelte sono molto limitatamente personali e in genere telecomandate dai docenti dei rispettivi corsi.
Curioso, detto di passata, che in qualche caso gli studenti ricevano il suggerimento - o l'ordine - di cercare di un libro l'introvabile "vecchia edizione" o di recuperare un libro esaurito da tempo... Pur essendo un po' merluzzi persino le matricole arrivano ad avanzare qualche dubbio un po' eterodosso su questo genere di docenti, così convinti che un libro esista ed esisterà sempre perché il ricordo è conservato nel loro trepido cuore. A pensarci bene un esempio di salda fedeltà alle proprie letture che ignora e spregia le novità a tutti i costi.
Qualcosa di profondamente - e teneramente - anacronistico di questi tempi.
Ma l'università italiana è forse qualcosa di profondamente anacronistico in sè e per sè, a pensarci bene. Tasse altissime in cambio di molto poco - o di quasi nulla - e una vita sociale che esiste soltanto nei bar schierati di fronte agli ingressi dell'ateneo. Pochi laboratori, nessuna riflessione sul proprio ruolo e i propri compiti e costi senza criterio, che pongono l'università a metà tra il college economico e il corso serale.
È possibile che sia normale.
Normale per un paese che si prepara a scivolare lentamente nelle ultime posizioni per numero di studenti, di laureati, per lettori di giornali e di libri, per numero di donne impiegate, per titolo di studio degli adulti...
Ci si abbandona a una decadenza malmostosa e intollerante, lamentandosi di auto bollate dalla grandine e litigando con immigrati con la radio sparata al massimo.
Si sente nell'aria questa nausea, questa noia di vivere.
Nel giro di un paio d'anni abbiamo cancellato i nostri progetti, le nostre speranze. Ce ne stiamo aggrappati sul confine col nulla quotidiano in attesa di una frattura irreparabile o di qualche speranza inattesa e imprevedibile che ci rimetta in gioco.
Invecchiare probabilmente è tutto qui. Mettere tra parentesi la vita, preferendogli un'attesa grigia e limacciosa della fine.
Sarà il Demente il colpevole? Può essere una consolazione, quasi una speranza.
Forse la scomparsa del cavaliere può rimetterci in gioco, ridare colore alle cose di tutti i giorni.
Forse.
La realtà probabilmente sta tutta in un mondo che, come in Ubiq di P.K.Dick, si degrada senza mutare la propria natura profonda. Bisogna probabilmente fare come il cavaliere di Münchhausen, sorreggerci e sollevarci da soli prendendoci per il codino.
Recuperare un po' di speranza nel futuro. Ricominciare a ragionare del futuro, combattere per il futuro. Progettare, sorridendo, la fuga dal nostro pianeta.
Anche vecchi, anche stanchi, anche disperati.
Immaginare nuovi cieli e nuove nuvole.
Sembra facile, certo, ma non lo è affatto.
L'ansia ci paralizza al primo gesto, alla prima rottura della routine quotidiana.
Si rifluisce - fa sorridere già soltanto pronunciare questa parola: «riflusso» - nella solita traccia dei nostri gesti quotidiani, ritornando a maledire una misteriosa crisi senza fine e soprattutto senza un preciso inizio. Stramaledendo il Demente e la sua corte di mezzuomini senza fantasia né audacia, ma tutti insieme - noi e loro - chiusi in un piccolo cerchio senza orizzonte.
Si pensa, si medita, si riflette senza respirare. Un'apnea della mente dalla quale non si riesce a uscire. Si disegna e si ridisegna lo stesso punto su un foglio senza smettere e senza ottenerne consolazione o speranza.
Forse è il momento di trarre un grande respiro. Qualcosa di grande e inatteso che spazzi via la paura e i suoi infiniti alfieri.
Anche solo per un attimo.
2 commenti:
Caro Massimo, probabilmente non abbiamo ancora toccato il fondo, e quindi non abbiamo ancora cominciato il rimbalzo.
L'ipotesi alternativa (cioé che il fondo non ci sia affatto) trasformerebbe la nostra misera realtà quotidiana in un incubo alla Lovecraft... qualcosa che mi sembra ben oltre le limitate capacità del Demente e dei suoi ominicchi. Ma che questo possa diventare un motivo di speranza è tragicamente paradossale.
Ma guarda, a volte sei più caustico, mentre adesso c'è più rassegnazione.
Però condivido.
Ogni tanto mi chiedo se siamo già in una situazione da "il danno è fatto" ma poi non so se è tutta colpa del Demente oppure era già tutto pronto perché un Demente (o lui o un altro) trovi acque per sguazzare.
Ti viene voglia di lasciar perdere, e penso che tu, a vedere quegli universitari lì, provi lo stesso che provo io, che vedo quei bambinelli perduti e sperduti delle superiori. E mi accorgo che non basta insegnargli le cose.
Le cose oltre a quelle scolastiche intendo, che però te le insegna la scuola lo stesso. O almeno dovrebbe.
Insomma così
per dire che non ho voglia di fare un commento intelligente
Ma non in segno di resa.
Anzi.
Vado a tenere alta la mia piccola candela di speranza in questo buio tessuto dal Demente e dagli ominicchi, che poveri, nemmeno se ne accorgono.
Non che abbia molti modi.
Scrivere un bel racconto.
Preparare una bella lezione per domani.
Rendere migliori le mie parole ovunque le dica.
Sarà poco ma il poco è qualcosa.
Un saluto tenace e volante :)
R.
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