18.7.09

Qualcosa da masticare?


Per masticare si intende, qui, la lettura.
Qualcosa da leggere? Da ricordare? Da consigliare? Da ricordare?
Uhmmmm.
Non sto leggendo molto, ultimamente. Mi sono imbarcato in un difficile e complicato viaggio con Flotta di mondi di Larry Niven ed Edward Lerner, un romanzo - almeno finora - (inutilmente) complicato, talvolta scarsamente comprensibile o con i personaggi presi da emozioni e sentimenti ingiustificati e ingiustificabili sulla base di quanto appare nel testo. C'è da dire che io non mai letto I burattinai (1970) del quale questo romanzo riprende i (piuttosto opinabili) extrataerrestri a due teste ed è quindi probabile che una parte dei riferimenti mi sfugga, ma sinceramente a me gli alieni interessano non proprio perché sono dei furbetti vigliacchi che tirano a fottere la specie umana... Lo finirò (credo) ma non prevedo sarà un romanzo che cambierà la mia visione della narrativa e della fantascienza.
Resta la domanda: «Ma perché Urania ha pubblicato 'stà ciofeca?»
Bella domanda, vero?
Ma non c'era proprio nulla di meglio? Senza contare la sensazione (o il dubbio) che la traduttrice ci abbia messo del suo per lasciare emozioni, ricordi e considerazioni sospese nel nulla...
...
Provengo dalla lettura, inevitabilmente ansiogena, di Real World di Natsuo Kirino. Ansiogena perchè si tratta della storia di quattro amiche adolescenti che per un caso si trovano coinvolte nell'omicidio - l'assassino della madre - compiuto da un ragazzo più o meno di pari età. Il giovane non è malato di mente, non ha compiuto l'omicidio in preda a un raptus, non ha bevuto né è drogato. Semplicemente, oppresso da una madre ossessiva e perfezionista, con ambizioni e ansie di affermazione del figlio non misurati alla volontà e alla capacità del rampollo, si è definitivamente stufato e ha eliminato la madre. Un ottima e perfetta parabola dell'educazione ultracompetitiva somministrata ai giovani giapponesi... Le ragazze sono affascinate e inorridite dal matricida - anche se questi è in ultima analisi un individuo infantile e irresoluto - e il rapporto con lui finirà col rappresentare una frattura definitiva nella loro vita.
Davvero un ottimo libro, anche se forse un po' troppo breve in rapporto ai temi e ai personaggi toccati. O forse, semplicemente, mi è rimasta un po' di insoddisfazione per non aver forse colto fino in fondo il dramma delle protagoniste - ciascuna delle quali racconta in prima persona i fatti avvenuti.
La stessa sensazione, detto per inciso, che mi rimane dopo una discussione con la mia figlia diciassettenne.
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La fantascienza non è proprio morta, forse.
O quantomeno certe forme tipiche della sf, come la proiezione nel futuro di un problema sociale, hanno ancora una loro possibile utilizzo. Che poi questo sia anche riuscito su un piano estetico e narrativo... beh, non chiediamo troppo.
Massimo Fini, saggista e giornalista in Il Dio Thoth (Marsilio) immagina un mondo futuro nel quale la comunicazione costituisce un bene essenziale, fondamentale e irrinunciabile, tanto che esiste un unico, colossale fornitore di informazioni: Teleworld, che ha, peraltro, definitivamente eliminato il problema del diverso schieramente politico.
In una terra depauperata di alberi, animali, una terra meccanizzata e fortemente urbanizzata, il protagonista, un megasfigato rappresentato come tale, è testimone di un paio di episodi di criminalità che Teleworld ignora. Questo lo preoccupa non poco, tanto che si chiede perché TW selezioni così misteriosamente le notizie. Ne ha ben donde, il nostro Matteo, vista che lui stesso lavora per TW e come tutti gli altri ogni giorno si sorbetta il fervorino della Grande Mousse il megadirettore dell'unica e ultima major. Al di fuori del mondo perfetto della Grande Mousse - inevitabilmente un cocainomane incallito - vivono soltanto gli UnInformed che rifiutano le notizie e vivono perfettamente e felicemente non informati.
La situazione di Matteo giunge infine a un'empasse senza uscita e a pagina 146 (su 188) il protagonista si suicida.
E qui il romanzo va in panne. A Fini non resta altro che sceneggiare (in modo un po' affrettato) la Ragnarök del megamostro tele-radio-internautico e la conseguente fine del mondo così-come-lo-conosciamo. Ultima apparizione per il Dio Thoth (il dio della scrittura), nei panni di un semplice contadino prefeudale, che inciampa nella rovina della metropoli di TW e giunge a concepire - sia pure vagamente - il possibile ritorno di una società della comunicazione...
Che, potrebbe essere la nostra.
Forse.
Una lettura deludente, ahimé.
Dove tutti i personaggi sono chiamati a occupare un posto predefinito dall'autore, che progetta e mette in scena una denuncia della situazione della comunicazione in Italia e non solo. La fantascienza è un semplice specchio delle illusioni, in sostanza, uno riflesso rovesciato e ingrandito nel quale si potranno riconoscere senza difficoltà i Rupert Murdoch ma anche i Berlusconi, la redazione di Repubblica o Radio DJ. Al di fuori della comunicazione definitiva di un unico gigantesco media non rimane nulla, ovvero ciò che non viene raccontato dal Media - come i delitti ai quali Matteo ha assistito - non esiste. Come è scritto sulla torre di Teleworld: «Il fatto è la notizia e la notizia è il fatto».
Anche il romanzo, viene da aggiungere, è tutta un'altra cosa.
Può essere una composizione dove il protagonista NON MUORE a 3/4 del libro piantando lettore e romanzo nelle peste, dove non si inventa - sia pure con tutte le migliori intenzioni - un mondo in ultima analisi ben poco credibile per poter affermare ad alta voce che cosa minaccia - e forse ha già divorato - la democrazia.
Ho una certa (confusa) simpatia per il buon Massimo Fini, perseguitato da sinistra e da destra, Cyrano, Don Chisciotte e Bastian Contrario a oltranza, ma questo romanzo-che-non-è-un -romanzo non funziona. Al massimo provoca qualche superficiale cenno di accordo, qualcosa di molto diverso dalla partecipazione convinta e appassionata creata da una buona narrativa.
Succede.
Probabile che il mio problema sia che leggo e conosco la fantascienza.
In ogni caso di seguito i link al sito di Massimo Fini a al sito La voce del Ribelle, tanto per informarsi un pochino sulle attività del Nostro.
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Ultimo libro e ultime riflessioni per un eccellente saggio di Russell Shorto, appena pubblicato da Longanesi: Le ossa di Cartesio. Una piccola e succosa storia della filosofia (nonché della politica, religione e mistica) occidentale da Cartesio in poi costruita a partire dal mistero delle ossa scomparse e del (doppio?) cranio di Reneé... Scritto vivacemente, senza lungaggini o momenti vuoti, un buon libro per capire in che modo si è evoluta la visione del mondo e di Dio dal '600 a oggi. Davvero un buon compagno di lettura, talvolta addirittura interlocutore.
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Sono quasi in ferie (manca una settimana) e immagino che nei giorni a venire pubblicherò poco. Ma non è detto.
Per il momento, comunque, i più affettuosi saluti ad amici, conoscenti e casuali passanti per questo blog.
A rileggerci.





5 commenti:

Davide Mana ha detto...

Sul romanzo di Fini - di cui avevo sentito e riguardo al quale avevo provato qualche perplessità - trovo molto settecentesco questo far ricorso alla narrativa d'immaginazione per fustigare i difetti dei potenti.
In fondo lo faceva anche Swift.
Il che mi porta a consolarmi - solo 350 anni, e anche l'Italia avrà la sua fantascienza adulta, il suo fantastico serio e stimolante.
Anche se, se tanto mi dà tanto, quelli avevano Swift, noi c'abbiamo Fini...
Varrà la pena aspettare?
Mah.

S_3ves ha detto...

"Un mondo dove l'informazione costituisce un bene essenziale ma irraggiungibile, di cui viene propinata una pallida fasulla imitazione da un unico network onnipresente? Ma è il nostro!"
Immagino che questa "agnizione" fosse il risultato che voleva ottenere Fini. Ma un libello non è un romanzo e una buona intenzione non è un'opera di narrativa. E soprattutto chi giunge (a pag. 5 suppongo) a pensare quanto sopra non aveva bisogno di leggere il Dio Thoth per pensarlo. E gli altri, gli uninformed che sperano soltanto nel superenalotto, non leggono. nè Fini né altro.
Insomma Fini ha scritto un libro inutile. O utile soltanto a farlo sentire un po' meglio, a dargli l'impressione di aver fatto qualcosa "contro". Una parte di me lo capisce.
Però che idea far morire (di noia?) il protagonista a 40 pagine dalla fine!
Restano due fatti: Swift è un'altra cosa, e io non ho più il tempo, alla mia età, di leggere delle semplici buone intenzioni.

Anonimo ha detto...

consigli sempre preziosi e in ogni caso interessanti

kirino mi interessa assai

danke

Anonima Ildegardiana ha detto...

...ammazza, e meno male che non avevi consigli...
buone ferie, chissà perché penso che cercherò il modo di procurarmi il testo su Cartesio...
bisoux

Massimo Citi ha detto...

... beh da un certo punto è così. Sono poi le recensioni a 4 o 5 libri letti in un paio di mesi. Una miseria, in sostanza. Fai bene a recuperare il libro su Cartesio. Sono pochi i divulgatori davvero in gamba.