2.7.09

Hura! Hota!

Reduce dalla lettura di un documento di analisi della situazione della Mondadori (http://www.marco-ferri.com/?p=2358), mi sorprendo a chiedermi: ma qual'è adesso la qualità della produzione editoriale? E come ha fatto fronte finora l'editoria italiana alla crisi?
Due domande alle quali mi viene spontaneo rispondere con due «male, molto male», ma alle quali è forse più ragionevole rispondere con un minimo di cautela, tanto più nei miei panni di piccolissimo libraio indipendente, ovvero come scrive Romano Gobbi, un collega emiliano, un sicuro candidato alla chiusura vicina: «le librerie (almeno la maggior parte) dovranno chiudere forse fra 3-5 – o dieci anni».
Andiamo con ordine.
Qual'è adesso la qualità eccetera?
Cattiva, non c'è dubbio.
Diminuite tirature e titoli gli editori italiani si affollano intorno a pochi titoli, pochi autori e pochi generi che sembrano promettere un andamento meno disagiato e infelice della media dei libri.
I gialli (noir, polizieschi, thriller) innanzitutto, le monografie scritte da giornalisti più o meno famosi - basterà citare l'ultimo Pansa? -, i saggetti frivoli sulle contrarietà della vita quotidiana, l'ultimo Moccia (titolo: «Scusa, ma ti voglio sposare», seguito di «Scusa, ma ti chiamo amore») - mortalmente e definitivamente tossico. Un assaggio? Eccovi accontentati: «…E la sua fragile sicurezza si scioglie subito, come un gelato al mare nel giorno di Ferragosto in mano a qualcuno che ha deciso di stare a dieta…[pagina 1]», i soliti svariati metri cubi di fantasy scritti da autori giovanissimi in un italiano discutibile e poverissimi di genuina suggestione. Tra gli autori fa bella mostra di sè la nostra cara e indimenticata Strazzulla che, pur non avendo avuto un successo indiscutibile con il primo romanzo, riemerge caparbia (e/o costretta dal contratto con Einaudi) con un «La strada che scende nell'ombra», con copertina oscura e confusa e un incipit che resterà a lungo nella storia della letteratura: «I resoconti erano ogni giorno più foschi» , senza trascurare, poche righe più giù: «Al Nord, dove la situazione era decisamente peggiore, la situazione era ormai fuori controllo[…] Capitava sempre più spesso che il ritrovamento dell'ennesimo morto causasse fughe di massa…».
Così, detto per inciso, tra foschi resoconti e fughe di massa senza controllo il fantasy italiano affonda rumorosamente nella stessa melma maleodorante nella quale sguazza felicemente il nostro unico e inimitabile Moccia. Italiano e forma narrativa si perdono, impallidiscono, svaniscono, si sciolgono. Più rapidamente perché colpiti e sospinti via dalla crisi. Le (superstiti) redazioni editoriali lasciano passare qualsiasi errore e orrore sacrificando vite e carriere sull'altare delle vendite (possibili). I libri formano una nebbia indistinta di titoli e parole che passano rapidamente e sembrano nati per essere presto dimenticati. Non che non escano più buoni libri, ma è diventato faticoso riconoscerli, impadronirsene. L'ultimo libro di Yu Hua «Arricchirsi è glorioso», grande scrittore cinese, è prolisso, vago, confuso, mal concepito e mal costruito, tendenzioso in maniera troppo ovvia e sembra nato e scritto fondamentalmente per soddisfare il moloch: il pubblico occidentale. Viene il dubbio che il problema non sia nemmeno più, a pensarci, sulla qualità dei singoli libri e dei singoli autori ma nella follia che sembra aver afferrato il limitato «cervello» internazionale che crea e commercializza i libri. Una malattia unica sembra aver afferrato le case editrici del mondo occidentale. Il successo - del tutto imprevisto e imprevedibile – di Harry Potter e di pochi altri titoli ha convinto che il libro capace di muovere l'intero mondo letterario mondiale è possibile e può creare infinito (o quasi) movimento di denaro, determinando il successo e il fallimento di editori e case editrici.
In Gran Bretagna nei giorni dell'uscita dell'ultimo volume di Harry Potter presso Waterstone's si poteva comprare il libro della Rowlings per 5 sterline (prezzo fissato dall'editore: 18 sterline). Intorno al libro di successo si è scatenata una corsa al ribasso che ha finito col punire tutti, da Waterstone's fino all'ultimo libraio del Surrey. Ma non importa, quello che conta è aver indovinato il MEGA-bestseller che può muovere milioni di euro e capace di contagiare tutti i comparti commerciali vicini. Le amministrazioni editoriali si sono formate su questo genere di libri e puntano - più o meno consciamente - al libro definitivo, quello da 500 milioni di copie in su.
Creare un catalogo ampio, variato, destinato a durare nel tempo?
Ma quando mai?
E poi ci vuole gente che ne capisca, per ottenerlo.
Veri lettori che sappiano apprezzarli.
Un pubblico limitato, dai gusti complessi e stratificati, che non promette questo genere di incassi.
Il tempo è denaro, anche nella lettura.
Se fate parte di quel genere di lettori, ben decisi a leggere libri che vi «sazino» intellettualmente , vi aspetta un futuro piuttosto difficile. Condannati a cercare libri che non siano tentativi più o meno riusciti di attingere al bestseller definitivo. Libri non-cloni e non-epigoni, personali, scritti con una lingua, uno stile, un approccio personale.
Quindi il «molto male» della prima risposta parrebbe indovinato.
In quanto alla seconda domanda basta dare un'occhiata ai prezzi per capire che l'editoria italiana sta tentando di reagire alla crisi alzando il prezzo dei suoi «tentati» best-seller. Romanzi giunti a costare 19, 20, 21 o 22 euro. Risultato? Il lettore, già in ristrettezze, sceglie unicamente i libri di autori già ben noti. Attende l'edizione economica. Legge i libri ritrovati in cantina. I fumetti del figlio. I vecchi Harmony della nonna.
Seconda domanda: «Come reagiscono gli editori italiani…»
Male, molto male.
Senza fantasia né idee.
I forti lettori se ne sono accorti, comunque.
Disertano le librerie e comprano esclusivamente in economica.
Noi librai siamo qui ad aspettare che gli editori facciano proposte e lancino idee, ma non ci contiamo troppo. Le librerie di catena sono nate ed esistono esclusivamente per smerciare tentati bestseller da 20 euro cad. E, grazie alla loro posizione, comunque vendono.
Non solo: soprattutto convincono il mondo che loro sono le vere librerie.
Spesso non hanno personale in grado di vendere decentemente, e, come ha scritto Andrea Bajani allineano: «… librai improvvisato e precari, librai a progetto, gente messa dietro dietro a un bancone di libri dopo essere passata per un bancone di supermercato, per lo scooter di una ditta che consegna pizze a domicilio o la cuffietta di un call center».
La solita puzza sotto il naso del consueto intellettuale, si dirà.
Ecco, quando si dice cogliere esattamente lo Zeitgeist.
Nessuno è contento di essere servito da un addetto incapace, «uno che cerca la Guida galattica per autostoppisti nello scaffale delle guide turistiche», ma ormai ci vergogniamo di passare da intellettuali.
Moriremo leggiucchiando il libro scritto a quattro mani da Moccia e la Strazzulla. Biascicando «hura, hota» come i falsi bergamaschi di Calvino.
Perchè saremo intellettuali anche fingendo di non esserlo...






7 commenti:

Davide Mana ha detto...

Sul libro della Strazzulla, devo confessare che si potrebbe rivelare più soddisfacente e stimolante di quanto lo stesso editore non abbia previsto.
Il primo capitolo, che Einaudi dà via gratis sul suo sito, letto ad alta voce attorno ad un tavolo popolato di appassionati di fantasy e fantascienza, ha causato ieri sera almeno tre quarti d'ora di ilarità assoluta, con scenette improvvisate e un paio di pezzi di cabaret puro.

Come diceva Groucho Marx, "Ho cominciato a ridere quando ho preso in mano il suo libro e non ho smesso di ridere finché non l'ho posato. Spero un giorno di riuscire anche a leggerlo."

Si tratta - per lo meno sulla base del primo capitolo dato via da Einaudi - di un libro di una stupidità colossale, zeppo di trombonismi, derivativo ed imitativo fin nella punteggiatura (scarsa), scritto da una persona con una conoscenza quantomai superficiale dei meccanismi narrativi e del fantasy in particolare.
Che Einaudi lo venda a 22 euro, è quello il vero crimine.

Davide Mana ha detto...

Dimenticavo la morale!
Privilegiando i lettori di idiozie come quella, un editore sostanzialmente mette in fuga qualsiasi adulto intelligente (dai 13 anni in su) che abbia mai desiderato aprire un libro e leggerlo.

È il suicidio di un'industria all'inseguimento di un euro facile che di fatto non esiste.

White Boar ha detto...

Ciao, molto piacere di conoscerti. E' confortante che una critica come questa al mondo dell'editoria venga proprio da un libraio. A me pare che nelle case editrici il massimo dell'intelligenza sia copiare chi ha avuto un colpo di culo. Per sintetizzare, si potrebbe dire che l'editoria si è allineata al mondo della TV dei nostri giorni. Persino in TV fino agli anni '70 c'era l'idea che il pubblico potesse e dovesse essere educato, ora l'unico criterio è dare tutto e subito quello che il pubblico vuole. Pur mettendosi in un punto di vista strettamente economico, mi sembra stupido allinearsi ai criteri di gestione di un mezzo, la TV, che già mostra segni di cedimento a favore di internet. Contenti loro...

Kust0r ha detto...

Purtroppo queste librerie si stanno sempre più livellando alla politica della grande distribuzione (e quando mai hanno fatto una politica diversa, mi dirai). Concordo con i prezzi sempre più alti, ormai ritengo una follia comprare i rilegati, che oltretutto trovo pesanti, ingombranti e scomodissimi da leggere a letto.

E poi sempre meno ristampe... E' possibile che per accaparrarsi un libro (vabè magari per gli appasionati di fantascienza come me le cose si complicano) con un edizione appena più vecchia di 10 anni l'unica alternativa è ebay? E ben venga ebay a questo punto, se poi per poter leggere quella miracolosa riedizione rilegata, devi sborsare la cifra di un singolo ordine online...
ah già, da quel libro è stata tratta la solita porcata hollywoodiana, chi se lo filava altrimenti.

Dimenticavo questi maledetti "fantasi" italioti da quattro soldi con copertine osè, stanno cannibalizzando quei già miseri angolini di sci-fi rimasti. Insopportabili.

Anonimo ha detto...

Lei riporta piccoli estratti del prologo del libro senza spiegare perché secondo Lei dovrebbero essere orrendi. Il risultato è che chi come me, forse per troppa superficialità, nulla vede di male nello scrivere "i resoconti erano ogni giorno più foschi" non venga messo in condizione di abbracciare il Suo punto di vista.

Essendo interessato alla Sua visione di tale incipit, Le chiedo la cortesia di spiegarsi meglio.

Grazie.

Massimo Citi ha detto...

Gentile lettore. Lei ha ragione e cercherò di spiegarmi meglio. "Un fosco resoconto" è, secondo il dizionario della lingua italiana, "la narrazione cupa e terribile di un evento a un superiore o al popolo". Da questo punto di vista, quindi, ci saremmo, ma il problema è nelle parole usate senza criterio. "Fosco" infatti è anche - e più usato - col significato di "offuscato" mentre "resoconto" ha acquisito un significato giornalistico di "rapida carrellata di notizie senza approfondimento". Il risultato finale di "Fosco resoconto" è quindi quello di una carrellata di notizie varie passate su uno schermo troppo scuro. Azzardo che "Tragici messaggi" o "Tristi racconti" sarebbero stati probabilmente più adatti, ma non sono io l'autore...

Anonimo ha detto...

Cortese maxciti,

se avrà modo di leggere il romanzo della Strazzulla noterà che "fosco" inteso come "poco chiaro", "poco comprensibile" ben si adatta al contenuto di tali resoconti.

Inoltre, il frammento da Lei citato è un'anticipazione che fa riferimento ad una delle prime scene del libro in cui un consiglio di sovrani deve decidere come affrontare una nuova e misteriosa minaccia.

Ai sovrani è vero possono venire consegnati messaggi e riferiti racconti, ma in questo caso, essendo scritti, "resoconti" è più appropriato.

Dal momento che mi sembra una persona ragionevole, La invito a leggere il romanzo della Strazzulla, che, tra l'altro, si pone su un livello culturale inaspettato che non dubito Lei apprezzerà, e a rinnovare o lasciar cadere le sue critiche a tale opera dopo averla valutata nel suo complesso.