15.11.08

Sospesi nel nulla

Sarà difficile dimenticare quest'autunno.
Chiunque lavori in proprio - nei libri ma anche in altri settori - dorme sonni inquieti e tormentosi. Si sveglia incerto e insicuro e constata, giorno dopo giorno, il calo delle vendite.
Non si tratta solo di un problema delle librerie indipendenti - utile ripeterlo - né di una diminuzione temporanea. Il lettore/cliente è altrettanto incerto e insicuro e, oppresso da pensieri e riflessioni, non ha la voglia di dedicare uno scampolo del suo tempo per visitare una libreria (di catena o meno non importa), farsi un'idea delle novità uscite e magari comprare qualcosa.
Le voci che girano nel settore sono agghiaccianti. Mondadori, ovvero l'editore italiano numero 1, sotto di un 10% abbondante, appena salvato - parzialmente - dai Numeri primi di Paolo Giordano. Obiettivi o meglio budget 2009 drasticamente tagliati presso editori grandi e medi, le Librerie Feltrinelli con una percentuale di vendite in calo tra il -15 e il -20% costrette a bloccare tutti i nuovi progetti di espansione.
Un momento? Una contingenza?
Le previsioni parlano di una recessione che durerà almeno fino a metà del 2009. Nelle ipotesi migliori puntualmente - in ogni caso - smentite da voci di esperti ed economisti.
Per il piccolo commercio la crisi risulterà probabilmente l'ennesima mazzata dopo la lenta e inesorabile agonia degli anni passati.
Magari non c'è molto da rimpiangere il panettiere sotto casa o il droghiere dietro l'angolo ma vederli sostituiti da aderenti a catene immobiliari o da sportelli per il lavoro part-time o a tempo (sempre ammesso che gli spazi vengano occupati) non pare essere un gran guadagno per nessuno. Senza contare che vie e strade abbandonate da commercianti e artigiani sono oggettivamente squallide e pericolose...
Ma una crisi può anche essere un momento di necessaria riflessione - sempre ammesso di passarla... Il modello che ci ha dominato il mercato editoriale negli ultimi anni è stato quello della grande libreria polivalente, ovvero quella del punto vendita che assomma in sé, oltre alla libreria, il negozio multimediale e il bar-ristorante. Qualche centinaio di metri quadrati e uno spazio per i libri che, per la verità, finiscono per soffrire la presenza - in termini di assortimento - di i-pod e di blu ray. Senza contare che la competenza in proposito di personale dotato di scarsa o insufficiente conoscenza è quello che è. Infatti i libri che non siano best-seller di uscita relativamente recente rischiano non soltanto di non essere presenti nel punto vendita, ma persino di essere dichiarati d'ufficio «esauriti». Presso le librerie Feltrinelli, secondo non poche testimonianze - di addetti ai lavori, beninteso -, l'abitudine di dare per esauriti i libri non disponibili sembra essere diventata una prassi comune, favorita se non direttamente suggerita dai dirigenti.
Il risultato di questo genere di politica è facilmente immaginabile: un danno tutt'altro che lieve al settore nel suo complesso.
La necessità di fare 100 subito o quasi finisce per confliggere con il lavoro quotidiano del libraio fatto, come si dovrebbe sapere, di 1+1+1+1+1+... La crisi finisce per essere così una cattiva consigliera.
Spingere i piccoli e medi editori nell'angolo può rivelarsi - e non soltanto da un punto di vista culturale - un autogol.
La crisi, a pensarci bene, potrebbe e dovrebbe servire proprio a questo: a creare nuovi passaggi e nuove rotte nel grande mare dei libri. A tentare, sperimentare, osare. A dimenticare, almeno per un po', i consueti thriller e i soliti saggi inevitabilmente ovvi e risaputi. Potrebbe essere l'occasione per chi fa il mio mestiere di "uscire" e consigliare qualcosa di inatteso e imprevisto ricominciando a fare 1+1+1+1+1+... come un tempo era considerato normale.
I testi non mancano, si tratta soltanto di tentare.
Anche perché, visti i tempi, abbiamo tutti ben poco da perdere...

15 commenti:

Bruno ha detto...

Mi era già capitato di seguire qui questo argomento e devo ripetere che poiché la piccola libreria non ha lo spazio per esporre tanti libri come la grande, è oggettivamente meno interessante di essa. Ma la rete è più interessante di entrambe, perché permette di comprare i libri direttamente da casa, e di averli disponibili tutti.
La fortuna dei librai italiani, piccoli e grandi, è che gli italiani si inventano i motivi per non usare il trading online anche quando non ci sono. E forse questo durerà per un altro po'...
Ma la libreria è proprio quel tipo di negozio che (purtroppo, perché è piacevole a vedersi) non ha scopo di esistere nell'era telematica. In attesa che un giorno qualche marchingegno tecnologico faccia addirittura sparire la carta stampata, oggi per trovarla e comprarla le librerie non sono il luogo più adatto, e le piccole ancor meno che le grandi. Perciò la crisi economica non farà che accelerare un processo che nel lungo periodo mi sembra inevitabile: la scomparsa delle librerie o la loro drastica diminuzione, salvo luoghi (aeroporti e stazioni) dove si ha bisogno magari di procurarsi un libro per il viaggio: ma anche lì si stanno affacciando degli osceni distributori automatici.
Se poi pensiamo che la gente legge poco, e il dato non migliora sensibilmente col tempo, per la produzione e distribuzione dei libri saranno tempi duri. Il lettore non è necessariamente ricco e se subisce un momento di stretta economica potrebbe scoprire di avere già in casa una montagna di libri da... rileggere.
Poi se magari mi sbaglio sono anche contento, beninteso...

Anonimo ha detto...

qualche anno fa, quand'ero "piccolo" io, i grossi negozi erano fuori dal centro, ci si arrivava (e ci si arriva tutt'oggi) direttamente da uscite dell'autostrada aperte appositamente. Era il sogno (incubo) Ballardiano.
Oggi, a quei "mostri" (in termini di grandezza) si sono aggiunti grandi negozi anche dentro la/le città.
Mi si permetta una provocazione: il paragone tra panetteria e piccola libreria calza davvero?
Nelle piccole panetterie il pane è certamente migliore che al supermarket e quindi è giustificato il fatto che costi di più. Ma se compro un mondadori nella piccola libreria o nel megastore, che mi cambia? anzi, nel megastore probabilmente costerà meno.
Perchè dovrei sostenere le piccole librerie, pagando di più, se poi le piccole librerie per campare hanno comunque bisognor di vendere mondadori, rizzoli e feltrinelli?
Le piccole librerie dovrebbero proporre solo libri difficilmente reperibili, allora avrebbe un senso, ma poi non avrebbero clienti.
Sto scoprendo l'acqua calda, mi rendo conto e ne parlo ad uno che sicuramente ne sa infinitamente meglio di me. Non mi piace vedere librerie che vendono playstation, sono due cose diverse, però feltrinelli e company stanno diversificando.
Io da piccolo compravo i giochi del commodore 64 da un piccolo negozio. Ora piccoli negozi di giochi per computer non esistono più, solo megastore e pirati per la strada.
Le piccole librerie faranno la fine dei piccoli negozi di elettronica?
Io ho sempre tifato per gli indiani nei film western, ma forse porto un pò sfiga, perchè perdevano sempre.

Anonimo ha detto...

per completare il mio logorroico post, vorrei evidenziare che c'è una grande fetta del mercato che le grandi librerie non trattano: quello dei libri usati...
non esiste solo il libraccio, ma anche tantissime piccole librerie che comprano a peso libri che poi rivendono ad un prezzo che definirei giusto. Lì c'è il fiuto del libraio, la conoscenza della sua clientela...
Dai tempi di fiorirà l'aspidistra, orwell ci ricorda che esistevano mercati paralleli di libri usati...
questo non risolverà il problema, ma il libro è anche feticismo ed io letteralmente impazzisco per i libri usati, sono vere e proprie macchine del tempo....
ad esempio, avete notato come nei libri durante la seconda guerra la carta calava drasticamente di peso e consistenza? Già da quello si poteva presentire l'inevitabile disfatta...
abbasso il bar code!!!

Anonimo ha detto...

pero` anche le vendite dei vari negozi di libri on line sono in calo.....

Anonimo ha detto...

mah, il pane della coop mi piace quanto quello del panettiere davanti casa (e, be', costa mooolto meno) e, in questo periodo di crisi, ho comprato un fracco di libri (in due grosse librerie).

come altrove hai scritto tu, leggere l'ultimo di .... (riempire con nome di autore di bestseller) non fa che confermare quel che già riteniamo del mondo. e avere delle conferme è qualcosa di importante in questa situazione.

provare qualcosa di nuovo, dici tu? è giusto, ma penso che debbano essere le librerie a farlo, chessò, magari federandosi o vai a capire per fornire servizi innovativi di qualche tipo. dici che sono il solito pigro abituato ad essere imboccato dagli altri (gli stessi che decidono con cosa imboccarmi)? forse hai ragione e forse no (io i miei esperimenti li faccio, ma per quelli mi bastano i remainders e le grandi distribuzioni).

la crisi schiaccerà certamente quelli che non sapranno cambiarsi d'abito.

(una soluzione potrebbe essere fare cose che le grandi distribuzioni non possono fare: libreria + pornoshop? libreria + friggitoria? libreria + ambulatorio medico?)

Massimo Citi ha detto...

Un rilievo sicuramente interessante. In sostanza,semplifico per comodità, le piccole librerie hanno ormai svolto la loro funzione e non resta loro che chiudere. Per lasciare il posto alle vendite on line o, magari, per tentare di sopravvivere faticosamente vendendo libri poco o per niente pubblicizzati a un pubblico poco disponibile alle innovazioni.
A questo si può aggiungere la rivendicazione dell'onda universitaria che chiede la legalizzazione della fotocopiatura dei libri, una richiesta che - visti i prezzi dei libri - ha sicuramente qualcosa di giusto.
In sostanza io, libraio universitario e non solo, posso cominciare a cercarmi un altro lavoro...
Quali le possibili vie d'uscita? Così a occhio direi lo sconto. Stringere ferocemente a cinghia e mettere in vendita i libro al 15-20 di sconto, pregando che i lettori,affascinati dalla prospettiva di risparmiare leggendo ugualmente, ritornino in libreria. Potrebbe essere una prospettiva sensata? Probabilmente sì, se gli editori seguiranno i librai su questa strada, DIMINUENDO il prezzo dei libri.
Una prospettiva che temo sia, però, piuttosto improbabile.
Probabilmente la crisi dovrebbe durare un paio d'anni almeno prima di vedere una generalizzata diminuzione dei prezzi... da parte di chi sarà sopravvissuto.
Comunque ho capito: bene praticare sconti e offrire condizioni di favore. Ma restano alcuni punti fondamentali:
1) Le librerie on line offrono praticamente tutto, ma hanno tempi di consegna non brevissimi, perlomeno per i libri di piccoli editori. La reperibilità dei titoli meno comuni non è poi facilissima e manca spesso la possibilità di scegliere o essere indotti a scegliere i titoli meno frequentati.
2) Stesso discorso vale per le librerie di catena.
Personalmente tratto all'incirca 5000 titoli all'anno e almeno per una quindicina di giorni cerco di offrire un po' di spazio su tavoli e piani inclinati a tutti. Non basta, lo so, ma questo permette ai lettori di scegliere su una gamma più ampia. I librai hanno QUESTA funzione, secondo me, quella di risvegliare interesse per i titoli meno noti e meno promossi. Senza di noi temo che questa funzione verrebbe a cessare. Magari facendo anche lo sconto, va bene...

Massimo ha detto...

Tema complesso. Ricordo bene come ad esempio Shinoda Mayumi sia rimasta fortemente impressionata dal numero delle librerie indipendenti torinesi. Se ricordo bene, ne parla pure nel suo contributo in "La Via del Libro". Vero e' che appena subito dopo la sua visita alcuni negozi citati nella guida hanno chiuso...
Non credo molto nel passaggio al digitale.
Forse, dopo il tracollo, si tornera' di nuovo ad una situazione tipo "anno 0" con strutture di nuovo modello. Comunque il problema mi sembra fortemente collegato alla soluzione della questione educazione dei lettori. Senza riuscire ad aumentarne il numero dubito che pure le stesse librerie di catena possano considerarsi al riparo da disastri...

Fran ha detto...

Io non credo che la differenza tra il piccolo ed il grande negozio sia solo "prezzi più bassi nella catena" e "qualità migliore nel negozietto". I prodotti sono spesso gli stessi anche negli alimentari...
Siccome io non sono pronta a demonizzare le catene - che hanno un ben preciso programma, sanno cosa vendono e a quali prezzi e in che modo - il tutto è trovare un posto per i piccoli negozi indipendenti che per necessità si devono differenziare.
Ciò non significa che la panetteria sotto casa non avrà il pane del supermercato, ma che lì si troveranno anche quelle brioches calde con la vaniglia che fanno solo in quel posto particolare.
Ecco, il punto di Massimo è proprio questo: come diversificarsi dalla produzione e distribuzione di massa fornendo un valore aggiunto... che dubito sia vendere elettronica e DVD...
Il valore del libraio è più che altro umano, nelle scelte della vetrina e nei consigli per gli acquisti, e non è cosa facile fare la differenza in colloqui di 10 minuti al massimo...

Fran ha detto...

(Scusate l'aggiunta...)
Per quanto riguarda il prezzo, ha veramente poco a che fare con il tutto.
Un libro non è un prodotto di prima necessità come il pane, lo si compra per puro piacere (a parte i testi scolastici), per cui non ha senso applicare lo stesso ragionamento.
Se una persona ha un budget per il proprio piacere, decide come spenderlo procurandosi più piacere possibile: a me comprare online mette una tristezza cosmica, mentre entrare in un negozio e toccare la merce, leggere i prezzi e le descrizioni, per poi uscirmene con il peso del mio acquisto selezionato con calma è esattamente il compimento del godimento dell'acquisto.
Siamo tutti diversi, ovvio, ma bisognerebbe pensare non in termini di sconti, ma di valore aggiunto.

Anonimo ha detto...

ovvio che il prezzo conta e gli sconti sono una via.
ma cosa possono dare le piccole librerie che non possono dare le grandi distribuzioni né il mercato on-line?
qualcosa si è già detto: interazione con i venditori ad un miglior livello (oocchei, oggi non so esprimermi meglio), venditori più preparati. solo questo? no, perché io cerco le informazioni on-line e poi vado con le idee piuttosto chiare alla feltrinelli (un nome a caso) e se per caso trovo qualcosa che mi ispira sul momento non ho comunque bisogno del consiglio dell'omino-feltrinelli (e succede lo stesso con l'informatica e la musica che compro). e, questo è peggio, probabilmente tutti i lettori forti fanno così, o quasi.
tu, max, sai quanto incidono i lettori deboli (magari per fare regali) sulle vendite? per esempio, ho sentito di uno di milano che si fa pagare per dare consigli sui libri da acquistare (ma è milano, un a(l)tro mondo...).
torniamo a noi.
probabilmente un'altra cosa che le piccole librerie possono offrire, come dicevi giustamente, sono i testi di difficile reperibilità, ma allora deve essere costruita un'infrastruttura -- informatica? -- che deve promuovere questa ricchezza: io devo sapere che tu hai ancora l'edizione economica della bussola d'oro o di mari stregati per voler venire da te.
un'altra via è specializzarsi: come venditore universitario hai probabilmente ancora un bel po' di vita (quando saranno legali le fotocopie, i docenti daranno voti più alti a quelli con i libri veri), gli altri forse dovranno specializzarsi (se esistesse una libreria di solo fantasy, italiano e straniero, con personale preparato, che fa gli sconti giusti, a torino io probabilmente mi rifornirei lì: è il meccanismo dei negozi di giochi: si crea una comunità di fruitori da alimentare)(ohmmioddio, di nuovo 'sto cazzo di social marketing fra le palle! >:( )
e poi, forse, giocare sporco: vendere per conto di lulu.com o di ilmiolibro? secondo me è possibile, con qualche magia di marketing. ma è solo una supposizione e bisognerebbe vedere che mercato ha quella roba.
be', mi fermo qui. scusa la logorrea (e pensare che ci ho pure un blog mio!).

Anonima Ildegardiana ha detto...

mi inserisco di straforo, ho letto ora il post di max e riporto le impressioni suscitatemi da quello, senza seguire la discussione dei commenti... è strano, ma vista dalla mia parte (consumatrice libraria in stand by e traduttrice letteraria in actu) la crisi in questo momento per il *mio* lavoro non c'è: vengo pagata poco come prima dai committenti principali, piccoli/medi editori-, che però mi hanno dato ben tre - tre libri da tradurre (e hanno anche intenzione di farli uscire entro la prossima primavera); ho ricevuto da un altro editore (medio-grande) una grossa committenza (testo saggistico) che devo consegnare a metà dicembre e che spero sia il lasciapassare per incarichi futuri; insomma, sembra che la crisi non stia intaccando la programmazione di chi in crisi è sempre stato.... forse questo varrà anche per le piccole e serie librerie?

Massimo Citi ha detto...

Mmmhhh, complicato e difficile rispondere a tutte queste domande e osservazioni.
Per Fran: la panetteria non è un buon esempio. Si tratta di artigianato contro commercio. Io, forzatamente, non posso avere ALTRI libri rispetto a quelli che ha una libreria di catena. Anzi, a rigore ne ho MENO, sia pure con alcune distinzioni. L'unica differenza che posso praticare è nella scelta dei titoli in esposizione. Posso esporre anche i titoli meno praticati, tenendo comunque conto che se non espongo «Brisigr» o l'ultimo di Zafon non ho grandi possibilità...
Gran parte del mio lavoro consiste poi in questo, in definitiva, e la scelta dei lettori dovrebbe così essere meno limitata ai soliti 4 titoli.
Dopo di ché, cara Fran, sono d'accordo che scegliere personalmente, "fisicamente" i libri non ha prezzo.
Per Alladr: grazie del lungo intervento. La specializzazione è una via d'uscita, non c'è dubbio. Nel fantasy o nell'universitario, d'accordo, con soltanto un grosso dubbio: ci sarà abbastanza trippa per gatti? Le fotocopiatura dei libri ha un peso crescente di anno in anno e la letteratura fantastica - per restare al tuo esempio - è sempre meno variata e legata ai quei 3-4 autori che "fanno il mercato" perlomeno in Italia. È un problema di dimensioni del mercato, in sostanza.
Per Anonima Ildegardiana: bene per te, perbacco! Certo, la lingua trattata (il tedesco) ha il suo peso, nel senso che i traduttori di tedesco non sono poi così tanti. In ogni caso si parla di aree ben definite di offerta, immagino, sulle quali la crisi pesa soltanto fino a un certo punto... La preparazione dei libri continua comunque - e questo è certamente positivo - ma la crisi eventuale colpirà soltanto da metà del prossimo anno in poi. Ma questo non avrà molto rilievo, credo, sui migliori traduttori.

Anonimo ha detto...

sono daccordo con Massimo, bisognerebbe educare i lettori o ancora meglio crearli...dando alla lettura non solo un valore/immagine da attivita` superintellettuale ma valorizzarne l`aspetto ludico e perche` no di ammazzatempo....
Qui in Giappone vedo le mie figlie che frequentano l`asilo, i programmi televisivi per bambini hanno la loro naturale continuazione in uscite settimanali in edicola dove i piccoli spettatori ritrovano gli stessi personaggi e presentatori. In questi settimanali vengono inserite delle srisce di manga e di narrativa che cominciano ad abituare i pargoletti. Il sistema si porta avanti alle elementari ed alle medie dove naturalmente il periodico settimanale diventa piu` corposo e complesso con rimandi ai videogiochi e ad altri materiali ludici..
insomma i giovani giapponesi si abiutuano all`atto della lettura come attivita` ludica (lo so ho scritto `sto agettivo tante volte ma mi sembra fondamentale qui...) e quindi praticandolo anche (sottolineo anche) come ammazzatempo, nei treni, nei ristoranti....forse si spiega anche cosi` (sottolineo anche) la crisi di lettori che sta investendo il Giappone.
Adesso per passare il tempo in treno o metropolitana ci sono altri modi: ds, telefonini, psp......

Massimo Citi ha detto...

Grazie Artaud. Il tuo intervento mette al centro della discussione il futuro stesso del libro e, prima ancora, della lettura. Conto di dedicare un intervento a questo tema quanto prima.

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie