3.12.19

Il Mare Obliquo 45

La missione di Teardraet continua, ora deve incontrare le Madri di Oddinak, le uniche che potranno rispondere alla sua richiesta.
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– Cos'è quella pietra che portano al collo? E perchè l'ascoltano per decidere? E qual'è la loro origine? A me sembrano molto diversi da noi syerdwin. E perché bisogna rivolgersi a loro indicando la stagione della nascita? E perché…
Mastro Nerubavel la interrompe con un gesto dell'arto anteriore avvolto nel mantello. – Per carità, Lie Maldanea, per avere rifpofta alle voftre domande dovrefte andare davanti al Collegio dell'Accademia di Danfemarare. Io fo molto poco di quefto popolo. – La creatura si interrompe per un istante e muove il capo di scatto verso di lei, un movimento impossibile per un Syerdwin. – Però fo beniffimo che il voftro Id'Iun ha molto rifpetto ed un po' di timore per loro. È venuto qui per chiedere più che per ordinare. Ha bifogno di foldati, di buoni marinai, di armi e per far quefto deve convincere il Facro Recinto delle Madri di Oddinak.
Maldanea, ormai pronta e cambiata per il banchetto, sbuffa. – Non c'è più tempo e invece di spiegare voi aggiungete altri misteri ed altre strane entità. E quale rapporto c'è tra questo Liest Gadiwak e le Madri degli Oddinak?
Mastro Nerubavel china il capo. – Lo fo molto vagamente. Credo che egli fia una forta di portavoce, in quanto è il primo mafchio nato d'inverno.
– Basta, rinuncio a chiedervi altro. E poi adesso devo andare. – Maldanea sorride alla creatura. – Per quanto ritornerò desidero che voi mi diate una spiegazione molto più chiara ed esauriente. Arrivederci Mastro Nerubavel. Sì certo, Pascalina, sto arrivando.

Al banchetto i Syerdwin sono schierati in una lunga fila a destra di Teardraet, seduto da solo al vertice del tavolo, mentre gli Oddinak sono schierati alla sua sinistra. L'insieme suggerisce l'idea più di una trattativa che di un'occasione conviviale. Con una punta di disagio Maldanea raggiunge il suo posto, immediatamente a destra del suo Id'Iun e, appena sistemata, osserva con attenzione i volti degli isolani seduti davanti a lei. I loro volti immobili e lucidi sembrano scolpiti nella pietra dell'isola, parlano tra loro solo raramente ed a voce molto bassa e considerano con una punta di disapprovazione l'animazione, peraltro molto relativa, dei loro ospiti.
La conversazione durante le prime portate riguarda le ultime stagioni di pesca e le poche risorse agricole dell'isola. Teardraet ascolta con attenzione le osservazioni degli Oddinak, fa annotare qualcuna di esse dal suo scrivano, assaggia appena il vino al ginepro offerto da Gadiwak ed annuisce spesso con attenzione e, si direbbe, con competenza.
Maldanea pur provando un interesse piuttosto limitato per il tema della conversazione non può fare a meno di fissare i volti degli isolani, severi ed accigliati, cercando vanamente di afferrare le brevi frasi che si scambiano nella loro lingua. Un pallido sole filtra attraverso le finestre molto ampie aperte nelle mura del palazzo, schermato da tende di una stoffa ruvida, non troppo diversa dalla tela di sacco.
Maldanea nota quel particolare con un punta di tenerezza: si trova in terre povere ma non miserabili, molto lontano da Dancemarare. Quando viene servita la portata principale, un intero tonno condito con un salsa a base di mirtilli rossi, Teardraet è riuscito finalmente ad introdurre il tema che più gli preme. Senza dilungarsi, ma neppure senza apparire eccessivamente sintetico, spiega la situazione creatasi nel continente, un luogo molto probabilmente assurdamente remoto per gli Oddinak e spiega di aver mandato soldati e navi in soccorso di Re Artamiro, Colui che difende le Terre tiepide. Maldanea, pur apprezzando i cibi preparati e serviti dai cuochi isolani, dedica poca attenzione a ciò che passa nel suo piatto, decisamente, più interessata alle parole scambiate e ai singolari appellativi utilizzati dagli Oddinak, ai quali Teardraet si conforma con una cura scrupolosa.


– Credete voi, Primo Nato Teardraet dei Syerdwin di Ghiundenek, che sia appropriato inviare soldati e navi così lontano per una causa per noi tanto poco essenziale?
Teardraet si volge sorridendo all'autore di una domanda tanto poco rispettosa. Questi, un Oddinak dalla pelle resa opaca dall'età e stranamente magro, ricambia il sorriso del suo sovrano increspando ancor di più la pelle della fronte.
– La gente di Ghiundenek, ovvero di Baran, si chiede cosa ne sarà delle albe che seguono a quella di domani. Difendendo le Terre Tiepide Artamiro difende i popoli dell'Occidente dalla Gente Nuova che ha già riempito di fumo e di rumore le terre d'Oriente.
– Artamiro è uno della Gente Nuova. – L'isolano scuote la testa ed accarezza la pietra che tiene al collo. – Lo era anche Siaban degli Odo che è venuto prima di lui e anche Godraddin che è venuto prima di lui. Le beghe della Gente Nuova non dovrebbero riguardare noi popoli del Mare. Re Horr Vamaiun ha più paura di Artamiro che dell'Oriente, per questo promette ciò che non può mantenere.
– Vamaiun è mal consigliato, Primo Nato d'Inverno Liuknak. – La frase di Teardraet cade netta come un colpo di spada ed è accolta si direbbe con approvazione dagli Oddinak. – Non ho mandato la gente di Ghiundenek a morire per lui. I popoli del mare non possono tenersi lontano dalle guerre tra quelli della Gente Nuova ma neppure devono morire per loro.
La brusca inversione nel discorso del Moeld ha calamitato l'attenzione degli Isolani che hanno smesso di mangiare per non perdere neppure una delle parole pronunciate dal sovrano.
– I syerdwin del continente devono essere meglio consigliati, meglio guidati se non vogliono essere spinti nelle acque prima che venga per ognuno di loro il tempo del Cambiamento. – Continua Teardraet. – I soldati di Baran e – se ce ne saranno – di Oddinak dovranno vigilare affinché questo non accada. Noi delle isole siamo l'ultima speranza per i popoli del mare.
– Questo è piuttosto diverso da quanto ci avete detto all'inizio. – Osserva Gawinak. – Quanto ci proponete non esclude la possibilità di abbattere il trono stesso del Vamaiun.
– Se non è necessario non accadrà. – La frase del Moeld sembrerebbe smentire almeno in parte le precedenti, ma è pronunciata con tale decisione da finire per confermarle. – Lo ripeto: non accadrà nulla che non sia assolutamente inevitabile. – Ripete Teardraet.
Un lungo silenzio segue le parole del sovrano. Gli Oddinak si chinano sulle loro pietre tutti insieme, come ubbidendo ad un inaudibile ordine.
– È necessario ricorrere davanti al Sacro Recinto delle Madri. – Annuncia infine Liuknak.
Teardraet annuisce con espressione paziente, come se avesse atteso fin dall'inizio tale epilogo.
– Questo avverrà nel prossimo arco di sole, quando la luce si ferma all'orizzonte.
Il Conte-Mago annuisce ancora.


– Hai visto Debah? Il tuo amato deve già correre in giro col cappello in mano a chiedere soldi e soldati, come ti aveva detto Pascalina.
Maldanea, intenta ad indossare l'abito morbido e caldo per il riposo notturno non si volge neppure all'udire quella voce. – Dove ti eri nascosta Diffy? Non ti ho visto sulla nave.
– Il mio nome è Difiduanna. – Puntualizza la minuscola civetta.
– E il mio è Lie Maldanea di Baran, Ghiundenek, Verhida, Oddinak e presto di gran parte dell'Orlo del Mondo. – Ribatte serissima la Syerdwin per poi scoppiare a ridere alla vista dell'espressione stupita della sua amica. – Va bene, va bene. Debah è più che sufficiente.
– Mi chiedo se non le mangiano a volte quelle pietre che portano al collo. – Osserva all'improvviso la Civetta. – Le annnusano, le guardano, sembra che vogliano tuffarcisi dentro.
– Sono pietre speciali. – Spiega Maldanea che ha appreso la notizia solo poche ore prima. – Contengono cristalli liquidi che mutano di colore e disposizione ed indicano loro la volontà dell'isola.
– Lo so, ho sentito la spiegazione di quel grosso grillo matto.
– Non è un grillo, Diffy. E poi si chiama Mastro Nerubavel.
– Ciò non toglie che dei suoi simili i miei simili si siano nutriti da quando il mondo era giovane e non doveva sopportare la presenza né di Gente Nuova né di Gente Antica. E ti assicuro che il suo profumo è proprio quello e devo faticare per non assaggiarlo. – La piccola civetta si scuote raddoppiando il suo volume. – Comunque il tuo Id'Iun deve andare a implorare un gruppo di vecchie e grasse comari che puzzano di pesce persino più di voi.
– Sono le femmine più anziane degli Oddinak. Il loro parere è sacro. – Spiega pazientemente Maldanea.
– Sacro come il tonno ed il merluzzo. Quando potremo andarcene di qui?
Maldanea si stringe nelle spalle. – Quando Teardraet avrà ottenuto ciò che vuole. Conoscendolo sarebbe capace di spegnere il monte Kyednak per convincerli.
– Non ha tutti i torti il tuo Moeld, questo è certo. Vamaiun è un bell'esempio di stupido. Ma se l'Isola gli dice un bel no, mostrandolo nei loro amati cristalli?
– In tutto ciò che è sacro c'è sempre un po' di fasullo. Se Teardraet riesce a convincere Madri e Nati d'Inverno anche l'isola si convincerà.
Difiduanna chiude i grandi occhi e scuote il becco come stringesse un topo o un piccolo serpente. – Non hai mai avuto rispetto per nulla, Debah. Comunque ho sentito alcuni di quei ciccioni discutere dopo il banchetto. Detestano Vamaiun molto più di quanto detestano la media dei Syerdwin. Non è escluso che il tuo Id'Iun ce la faccia.
– Da quando in qua comprendi l'Oddinak? – Le chiede Maldanea sinceramente stupita.
– Non parlavano Oddinak. Forse speravano che qualcuno li udisse. Non sono dei poveri pescatori ingenui e un po' stupidotti come amano far credere.
– Lo vedo. – Maldanea si stringe nell'abito e si ricopre con uno spesso scialle.
– Sono fredde le notti da sola? – Chiede Difiduanna.
– Smettila uccellaccio impertinente. – Replica la giovane Syerdwin senza sorridere.
– Scusami Maldanea. Mi ospiti nella tua stanza? Nel sottotetto ci fa un freddo…
– Certo Diffy, ma devi promettermi di non aprire più il becco per dirmi cattiverie.
La civetta esita per un attimo. – Sarà difficile ma ci proverò. – Vola fino a posarsi sulla pietra del caminetto dove brilla ancora la brace. – Che bel calduccio. Domani andrò a spiare un pochino negli appartamenti del tuo Moeld. Buonanotte.
– Buonanotte Difiduanna.


L'interno dell'isola è scabro e roccioso, solo a tratti coperto da esili striscie di muschio. I sentieri sono stretti e malagevoli, spesso ricavati a colpi di piccone nelle pareti di pietra scura. Passano sotto altissimi archi di roccia, pinnacoli sottili come dita scheletrite, attraversano ponti sospesi su canaloni oscuri e risonanti del suono degli zoccoli dei loro cavalli. Gli Einun, secondo il nome dato loro dai Syerdwin, procedono a piedi e di buon passo mentre i cavalli del seguito di Teardraet si fermano spesso e si imbizzarriscono rifiutandosi di proseguire.
Gli isolani guardano con una punta di commiserazione i loro ospiti che bestemmiano, spronano le cavalcature recalcitranti e fissano con sgomento il cielo ritagliato tra le pareti di roccia.
Teardraet procede silenzioso, le labbra strette, come se stesse attraversando i pascoli della propria residenza. Quando il suo cavallo esita o si ferma si china su di lui e pronuncia alcune parole che inducono l'animale a muoversi nuovamente e a procedere senza esitazione nei passaggi più difficili.
Maldanea dal canto suo, affascinata dall'invadente bellezza del luogo, sosta anche più spesso di quanto farebbe spontaneamente il suo destriero, dolendosi di non avere seguito con maggiore attenzione ed assiduità le lezioni di disegno a suo tempo ricevute alla Rocca Wessiun. Solo i richiami affannosi della terrorizzata Pascalina, che non ha mai cavalcato in vita sua, la inducono a staccarsi dalla contemplazione ed a raggiungerla per rassicurla.
– Quanto è lontano la nostra destinazione? – Domanda la disgraziata dama, aggrappata alle briglie come un naufrago alla corteccia di un albero.
– Non lo so di preciso, Pascalina. Credo che si debba giungere vicino alle pendici di Monte Kyednak.
– E questo quando avverrà?
Maldanea che si sente colpevole per aver trascinato in quell'avventura la sua povera governante, vorrebbe rispondere che certo la loro meta si trova dietro la prossima curva, ma si limita a stringersi nelle spalle, gesto che provoca un debole gemito dell'anziana syerdwin.
– Vi piace il paesaggio? – Difiduanna compare all'improvviso com'è suo costume posandosi sul collo del cavallo della giovane. – Io lo trovo un po' spoglio.
Maldanea le fa gli occhiacci indicando Pascalina adagiata sul cavallo. – A voi Dama Pascalina non piace vero? – Insiste la perfida civetta, ricevendone in cambio uno sguardo carico di livore. – Prego gli dei della mia famiglia di risparmiarmi un'altra prova simile, damigella Difiduanna, dal momento che non posseggo le ali per superare d'un balzo gli abissi.
– La terra è stata spezzata dai terremoti. – Spiega un Oddinak che procede accanto a loro. – Qui sono molto frequenti e molto violenti. – L'isolano sorride beato. – La nostra isola sta rinascendo.
– Sono più frequenti alla mattina o al pomeriggio i terremoti?– Chiede con un filo di voce la dama, ma l'Oddinak non la sente, continuando a procedere di buon passo a pochi centimetri dal bordo del passaggio di roccia.
Dopo un altro buon tratto su un terreno fortunatamente più aperto e pianeggiante, coperto da un leggero muschio grigio-azzurro, si trovano di fronte ad una singolare struttura: un grande anello formato da giganteschi massi sorretti da rocce più piccole profondamente infisse nel terreno.
– Voi avete già visto questa costruzione Id'Iun?– Chiede Maldanea portandosi accanto a Teardraet.
– Una sola volta, molti anni fa.
Maldanea guarda a lungo le enormi rocce distese, simili a tavole per giganti. – Come hanno fatto gli Oddinak a spostare simili massi?
– Questo luogo non è stato edificato per gli Oddinak. Loro dicono che è opera degli dei dell'isola, creature grandi e possenti che si sono poi ritirate nei caldi sotterranei del Monte Kyednak, dai quali prima o poi torneranno. 

 
Teardraet appare lui stesso intimorito da quell'opera titanica e parla a voce più bassa del consueto. – Chissà, è possibile che abbiano ragione. Gli isolani affermano che persino i terremoti hanno sempre risparmiato questo luogo. Forse la loro fede è l'unica degna. – Il Conte-Mago non sorride come sempre fa quando parla di religione, di dei ed idoli. – Gli Oddinak amano davvero la loro patria, di più, essi si sentono una parte di essa e quando sono costretti ad abbandonarla ne soffrono come fanciulli separati dalla famiglia. Posso solo provare a convincerli che la loro stessa isola è in pericolo, ma non posso ingannarli né mentire.
Maldanea si rende conto che quelle ultime parole non sono rivolte a lei, ma fanno parte di un discorso che il Moeld sta conducendo tra sé.
– No, non lo meritano. Ma tu sei certo di quanto vai dicendo?
Teardraet scuote il capo. – Certo per quanto si può esserlo scrutando in un futuro intricato come una stoffa filata da una scimmia. All'estremo nord di Oddinak la terra si sta trasformando in cristallo, come sulle rive del Drew. Liudnak e le Madri lo sanno e io non so come fermare questo Cambiamento. Dovremo andarcene di qui, tutti.

Il vento canta tra le rocce dell'isola. Scende dall'aspra corona di punte che cingono il Kiednak, si incanala nei profondi, aridi canaloni scavati dalle piogge brevi e furiose della mezza stagione, corre tra le rocce isolate che sorgono dal fondo, traendo da esse cupi lamenti, fischi, ululati. Il cielo è sgombro di nubi ed al suo culmine corre argenteo il grande Sciame dell'Arco. Il Recinto delle Madri è riunito al centro del grande cerchio di pietre creato dagli antichi Costruttori. Maldanea, avvolta in un grande mantello di stoffa scura, il capo di abbigliamento più severo sia riuscita a trovare per un'occasione che trova molto più grave di tante altre occorse in casa Wessiun, si lascia conquistare senza fatica dalla bellezza così poco familiare del luogo. Ammira gli abiti coloratissimi delle Madri, illuminati dalla luce delle grandi torce che i Nati d'Inverno tengono infitte su lunghe aste e rabbrividisce, affascinata dal piacere di una sottile paura tenuta facilmente a freno. Teardraet è venuto solo con lei, quasi temesse di turbare il luogo recando con sé una rumorosa corte. Lo sguardo indagatore ma non ostile lanciato loro dalle Madri rende giustizia allo scrupolo del Moeld.
– È dunque così giovane la tua sposa, Nato Altrove Teardraet?
Il Signore di Baran e Verhida in piedi all'esterno del Recinto delle Madri, oltre la linea d'ombra disegnata dalla luce delle torce, annuisce con un secco cenno del capo.
– E tu l'ami? – Continua un'anziana madre, una creatura grande e serafica, coperta da un abito ampio dai toni predominanti di giallo ed arancione.
La scarsa luce impedisce a Maldanea di distinguere l'espressione di Teardraet, che immagina sorpresa e corrucciata. La sua voce suona comunque sbrigativa anche se rispettosa. – Per quanto è mio dovere, Madre Onorata. La proteggo e la rispetto.
La Oddinak fa udire una risatina presto imitata dalle altre Madri. – Ella ha ancora i movimenti di una fanciulla. Troppo rispetto. – Osserva con divertita malizia.
Il Signore preferisce non fare ulteriori commenti e si volge verso Liudnak per implorarlo di iniziare.
– Il Recinto delle Madri è riunito. Quale stagione corre nella tua mente, Madre Innekuit? – Domanda questi con tutta l'ufficialità richiesta dalla cerimonia.
Una Oddinak forse anche più grassa della prima chiude gli occhi facendo leggermente vibrare il naso. – È inverno nella mia mente, Nati. Un vento secco fa cigolare e stridere il ghiaccio. All'orizzonte rotolano le nubi e le ombre di ognuno si sono nascoste sotto gli abiti perché il vento non le strappi via. Lo sguardo si ferma a pochi passi ed il mare è immobile, non addormentato ma morto.
– Cosa si muove nell'aria e sulla terra? – Chiede con voce grave Liudnak.


– Nulla, Nati. Il calore è fuggito dal mondo e non vi tornerà. Festeggiano gli ultimi giorni, le ultime ore. Guerrieri muoiono e sono i più fortunati. – La voce della Madre si fa più profonda e vibrante. Non ha ancora riaperto gli occhi e le sue mani disegnano onde e abissi nell'aria. Le altre Madri tengono anch'esse gli occhi chiusi emettendo una nota bassa, debole e sempre uguale. La luce dei fuochi illumina appena i loro volti immobili, i grandi corpi che non hanno più nulla di sgraziato e goffo, gli abiti adorni di piccoli lustrini, perline, fiocchi colorati.
Maldanea le osserva stupita. Tra i Syerdwin non vi sono usanze simili e d'altro canto un popolo di orfani, come la Gente Nuova li chiama, non può neppure immaginare cosa sia una Madre.
Chissà se anche Teardraet si sta facendo quella stessa domanda? Madre Innequit tace e respira profondamente come se si fosse addormentata.
Maldanea fissa lo sguardo sul suo viso scuro e carico di rughe. Il suo corpo deve sapere di pesce ma tiepido, ampio da nascondervi il viso. Sono più felici di loro gli Oddinak? E la Gente Nuova che passa tutta la prima parte della propria vita in compagnia dei genitori è più o meno felice? Si sente tornare piccola, una fragile cosa ancora umida e infreddolita abbandonata sulla spiaggia di Casa Wessiun insieme ad altre creature come lei, dalla pelle bianca e nera coperta da una leggerissima peluria che non impaccia i movimenti nel nuoto.
Loro, i giovani, non potevano nuotare, neppure bagnarsi nelle acque del mare. Si diceva che questo avrebbe affrettato il Cambiamento e così si limitavano a contemplare le onde con un sentimento che forse era nostalgia e forse chissà cos'altro.
– La luce scivola via dalla terra, è separata per sempre da noi. Ogni cosa ha perso il suo aspetto, perché nessun colore esiste senza la luce e nessuna forma può durare a lungo senza lo sguardo dei vivi.– La Madre spalanca gli occhi all'improvviso a fissare la notte che circonda il grande cerchio di pietre. – Partire. Lasciare la nostra povera Isola. – Mormora, la voce divenuta stanca, debole.
– Dobbiamo lasciare il Luogo? – Chiede Liudnak.
La risposta della Madre viene solo dopo alcuni momenti ed è pronunciata a voce tanto bassa che solo chi le è vicina può udirla.
– Io non lo lascerò. Resterò qui a guardare. Voi seguirete i Nati-Altrove.
Liudnak e con lui gli altri Nati d'Inverno crollano il capo in cenno di assenso.
– Tu sai, Non-Cambiato. – La Madre Innequit ha abbandonato le visioni della Stagione. Il suo sguardo è ben sveglio e vigile, con una punta di ironia divertita che sembra non abbandonare mai gli Oddinak.
Teardraet annuisce.
– I miei figli non riusciranno a trovare pace in un altro luogo, sai anche questo?
– Lo temo.
– Li vuoi trasportare nel ventre delle tue navi nere a conquistare terre lontane e indifferenti. Credi che questo sia il loro bene?
– Non avete altre speranze, Madre Innequit.
– Chi di noi vorrà, e saranno molti, ti seguiranno. A migliaia le genti di Oddinak e di Ghiundenek si rovesceranno sulle terre della sponda meridionale, ed altri mille e mille seguiranno i primi mille. Non c'è alcuna grandezza in questo, tu agisci come l'alce ferito che fugge ai lupi, Non-Cambiato.
– Non so come fermare il Cambiamento, Madre. – Il volto di Teardraet non mostra né irritazione né smarrimento. Sono le Madri i veri Signori di Oddinak ed il Conte-Mago ostenta per loro un rispetto che non ha mai dimostrato per Artamiro né tantomeno per Horr Vamaiun.
– Neppure Queidhen l'Unico. – Continua il Moeld. – Colui che ha visto la luce delle albe che verranno, ha saputo o voluto confidarmi qualcosa.


– Il Re delle Marionette odia ogni creatura che viva e respiri sotto il cielo. Egli ama il Gelo senza Stagione che ci minaccia, dovesse anch'egli perire con esso. – Madre Innequit solleva le grandi mani fino a quando la luce le illumina completamente. Alle dita porta numerosi anelli. – Nelle nostre Visioni egli torna spesso recando incubi, circondato dai suoi pupazzi senza volto né memoria. Il suo potere si fonda sulla nostra confusione. Egli è solo e questo fa la sua forza. – La Oddinak si interrompe per affondare glii occhi in quelli del Moeld. – Attento Non-Cambiato. Anche tu vuoi essere solo, molto solo.
Teardraet si volta di scatto senza riflettere verso Maldanea. – Non è vero Madre Innequit.
– Tu non vuoi spenderti neppure per la tua giovane e graziosa sposa. – Un lieve sorriso indugia per un istante sulle labbra della Madre. – Va' ora. Il Recinto ha termine qui.

2 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Ci sono sempre non ti abbandono!

Massimo Citi ha detto...

Nick: grazie per il tuo impegno, sperando che la storia assurda di Lei Maldanea e di Artamiro ti abbiano preso almeno un po'. Grazie!