Sto leggendo un libro.
Un ottimo libro, aggiungo.
Non è una novità, sono d'accordo, ma è una rarità, ultimamente.
Per il momento non aggiungo nulla, ci sarà tempo poi per specificare autore, titolo e editore. Adesso mi interessa altro. Per la precisione parlare un po' della lettura.
Perché si legge?
Una di quelle domande del tutto ovvie che chiunque legge non si pone.
Si legge per informarsi, ma anche per comprendere, per immaginare, per vivere altre vite e altre avventure. Ma anche per partecipare alla vita dei personaggi, per vivere una vita più lineare e comprensibile di quella che si vive abitualmente, per cercare di comprendere che cosa frulla in testa «agli altri», ovvero a quell'insieme indiffenziato di individui che ogni giorno incontriamo, dal coniuge ai genitori, ai figli, agli amici, ai conoscenti, fino alle persone con le quali capita di scambiarsi due parole alla fermata del tram, al bar o dal barbiere. Per mettere alla prova se stessi senza rischi reali, per immaginarsi (o illudersi) di essere persone speciali e straordinarie, per comprendere situazioni ai margini del reale senza perdere l'autocontrollo o l'equilibrio interiore, per partecipare a dolori, delusioni, sofferenze, ansie, rabbie di altri che non si sarebbero mai incontrati nella vita reale.
Per dare un colore e uno spessore a ciò che ci avviene, per staccarlo dalla successione di eventi e poterlo giudicare con distacco.
Per resistere nei momenti di scoramento, tristezza, scoraggiamento, stanchezza.
Per risvegliare aspetti di se stessi che si sono dimenticati o rimossi.
Per vivere meglio, in sostanza.
O forse - malignamente - per complicarsi l'esistenza più del necessario.
Tutte cose che si possono fare, ovviamente, anche guardando la TV ma con un grado di partecipazione e di coscienza diversi.
Nel caso dei libri, più intensi e profondi.
Da questo curioso e complesso insieme di caratteristiche nascono le passioni, riprovevoli o semplicemente incomprensibili, di chi scrive o fa un lavoro come il mio.
Chi non si avvicina ai libri, anzi se ne ritrae, che tipo di vita vive e che vita desidera?
Viene da chiederselo, lavorando in un posto - una libreria - dove si vedono, per antonomasia, soltanto lettori. Non è un problema di semplice ignoranza, naturalmente.
Si può pensare a comunità dove l'ignoranza è ormai "endemica", ovvero parte del patrimonio storico e del futuro obbligato. Quartieri senza cielo e senza speranza. Privi di biblioteche come di un sogno che non sia un semplice desiderio di oggetti. Di uno status da privilegiato transitorio.
Ma si può pensare a certe vite grigie e ripetitive. Vite scadute ancora prima di essere vissute.
Con un cielo basso sulla testa e un futuro che arriva al massimo a dopodomani.
Vite deluse e rabbiose che passano senza continuità da una generazione all'altra.
C'è chi si è scontrato con i libri da piccolo. Libri come oggetti acuminati e pericolosi impugnati ed esibiti da individui odiosamente e sterilmente potenti. Insegnanti, professori, presidi, professionisti. La vita è tutto ciò che non si trova nei libri. I libri sono il contrario della vita.
Angoli polverosi popolati da insetti rinsecchiti e pericolosi.
Donne senza tette e uomini senza pippo.
...
Fino a qualche anno fa esisteva ancora un sentimento un po' ecumenico - volendo un po' cattolicheggiante - che spingeva i lettori di buona volontà a preoccuparsi anche di chi non leggeva. Un atteggiamento che aveva anche un cospecifico marxista-leninista, basato sulla necessità del proletariato di «essere istruito per reagire all'oppressione».
Adesso, dopo la "caduta degli ideali" sono rimasti soltanto pochi poveri imbecilli a preoccuparsi del grado di cultura dei propri simili. Oltre a quelli che, come me, fanno questo lavoro.
Lavoro che rischia comunque di scomparire, soffocato e annegato dagli spacci di computer-dischi-libri-telefonini-videogiochi-e-tutto-ciò-che-di-inutile-vi-viene-in-mente. In fin dei conti lo sconto sui libri, come sappiamo tutti, è - insieme a quello sui farmaci - l'unico che si può verificare direttamente. Persino farci due conti. Ventiquattro meno il 15% fa duevirgolaquattro + unovirgoladue, cioè trevirgolasei, cioè venti-e-quattro.
Miii...
E se lo fanno sui libri lo faranno anche sul resto, no?
Può darsi, gente, può darsi.
I supermercati ci contano parecchio su questa illusione/sensazione.
Ma il guaio è che supermercati e spacci puntano sui lettori che già esistono. Su quel ceto medio sempre meno medio e sempre più spiumato dove alligna il piccolo popolo dei lettori.
Al di fuori del popolo dei lettori c'è la plebe, che, come può dirvi chiunque non sia del tutto rimbambito dalle fregnacce neoliberiste, più è ignorante meglio è.
Una plebe ignorante (superstiziosa, zarra, esibizionista, chiassosa) è perfetta per comprare senza banfare, anzi con una sorta di infantile soddisfazione, idiozie assolutamente inutili.
Dalle controfatture della Maga Zorka al cavatappi borchiato di Valentyno.
O, per assurdo, un cenacolo di lego.
Possiamo dire che la plebe è assolutamente inutile (se non nociva) a se stessa e ai propri simili?
Il guaio è che vota, maledizione, e il suo voto è determinato da combinazioni assurde e imprevedibili di scemenze.
«Io voto il Berluska perché fa "amici"»
Minchia.
Questo sarebbe un buon motivo per dedicare tempo e fatica a istruire chi non ne ha la possibilità. A indurlo ad amare i libri.
È probabilmente troppo tardi dirlo, ma non del tutto inutile.
...
Il libro che sto leggendo è la versione economica di «Il nazista e il barbiere» di Edgar Hilsenrath, editore Marcos y Marcos. Il racconto comicamente crudele e surreale della metamorfosi di un ex-nazista dapprima scampato alla giustizia postbellica nei panni di un barbiere ebreo poi, gradualmente, divenuto un convinto sionista e un combattente per Israele.
Libro - scritto da un ebreo tedesco e pubblicato grazie all'impegno di Heinrich Böll - curiosamente e meravigliosamente perfido. Un piccolo capolavoro.
Non è una novità, sono d'accordo, ma è una rarità, ultimamente.
Per il momento non aggiungo nulla, ci sarà tempo poi per specificare autore, titolo e editore. Adesso mi interessa altro. Per la precisione parlare un po' della lettura.
Perché si legge?
Una di quelle domande del tutto ovvie che chiunque legge non si pone.
Si legge per informarsi, ma anche per comprendere, per immaginare, per vivere altre vite e altre avventure. Ma anche per partecipare alla vita dei personaggi, per vivere una vita più lineare e comprensibile di quella che si vive abitualmente, per cercare di comprendere che cosa frulla in testa «agli altri», ovvero a quell'insieme indiffenziato di individui che ogni giorno incontriamo, dal coniuge ai genitori, ai figli, agli amici, ai conoscenti, fino alle persone con le quali capita di scambiarsi due parole alla fermata del tram, al bar o dal barbiere. Per mettere alla prova se stessi senza rischi reali, per immaginarsi (o illudersi) di essere persone speciali e straordinarie, per comprendere situazioni ai margini del reale senza perdere l'autocontrollo o l'equilibrio interiore, per partecipare a dolori, delusioni, sofferenze, ansie, rabbie di altri che non si sarebbero mai incontrati nella vita reale.
Per dare un colore e uno spessore a ciò che ci avviene, per staccarlo dalla successione di eventi e poterlo giudicare con distacco.
Per resistere nei momenti di scoramento, tristezza, scoraggiamento, stanchezza.
Per risvegliare aspetti di se stessi che si sono dimenticati o rimossi.
Per vivere meglio, in sostanza.
O forse - malignamente - per complicarsi l'esistenza più del necessario.
Tutte cose che si possono fare, ovviamente, anche guardando la TV ma con un grado di partecipazione e di coscienza diversi.
Nel caso dei libri, più intensi e profondi.
Da questo curioso e complesso insieme di caratteristiche nascono le passioni, riprovevoli o semplicemente incomprensibili, di chi scrive o fa un lavoro come il mio.
Chi non si avvicina ai libri, anzi se ne ritrae, che tipo di vita vive e che vita desidera?
Viene da chiederselo, lavorando in un posto - una libreria - dove si vedono, per antonomasia, soltanto lettori. Non è un problema di semplice ignoranza, naturalmente.
Si può pensare a comunità dove l'ignoranza è ormai "endemica", ovvero parte del patrimonio storico e del futuro obbligato. Quartieri senza cielo e senza speranza. Privi di biblioteche come di un sogno che non sia un semplice desiderio di oggetti. Di uno status da privilegiato transitorio.
Ma si può pensare a certe vite grigie e ripetitive. Vite scadute ancora prima di essere vissute.
Con un cielo basso sulla testa e un futuro che arriva al massimo a dopodomani.
Vite deluse e rabbiose che passano senza continuità da una generazione all'altra.
C'è chi si è scontrato con i libri da piccolo. Libri come oggetti acuminati e pericolosi impugnati ed esibiti da individui odiosamente e sterilmente potenti. Insegnanti, professori, presidi, professionisti. La vita è tutto ciò che non si trova nei libri. I libri sono il contrario della vita.
Angoli polverosi popolati da insetti rinsecchiti e pericolosi.
Donne senza tette e uomini senza pippo.
...
Fino a qualche anno fa esisteva ancora un sentimento un po' ecumenico - volendo un po' cattolicheggiante - che spingeva i lettori di buona volontà a preoccuparsi anche di chi non leggeva. Un atteggiamento che aveva anche un cospecifico marxista-leninista, basato sulla necessità del proletariato di «essere istruito per reagire all'oppressione».
Adesso, dopo la "caduta degli ideali" sono rimasti soltanto pochi poveri imbecilli a preoccuparsi del grado di cultura dei propri simili. Oltre a quelli che, come me, fanno questo lavoro.
Lavoro che rischia comunque di scomparire, soffocato e annegato dagli spacci di computer-dischi-libri-telefonini-videogiochi-e-tutto-ciò-che-di-inutile-vi-viene-in-mente. In fin dei conti lo sconto sui libri, come sappiamo tutti, è - insieme a quello sui farmaci - l'unico che si può verificare direttamente. Persino farci due conti. Ventiquattro meno il 15% fa duevirgolaquattro + unovirgoladue, cioè trevirgolasei, cioè venti-e-quattro.
Miii...
E se lo fanno sui libri lo faranno anche sul resto, no?
Può darsi, gente, può darsi.
I supermercati ci contano parecchio su questa illusione/sensazione.
Ma il guaio è che supermercati e spacci puntano sui lettori che già esistono. Su quel ceto medio sempre meno medio e sempre più spiumato dove alligna il piccolo popolo dei lettori.
Al di fuori del popolo dei lettori c'è la plebe, che, come può dirvi chiunque non sia del tutto rimbambito dalle fregnacce neoliberiste, più è ignorante meglio è.
Una plebe ignorante (superstiziosa, zarra, esibizionista, chiassosa) è perfetta per comprare senza banfare, anzi con una sorta di infantile soddisfazione, idiozie assolutamente inutili.
Dalle controfatture della Maga Zorka al cavatappi borchiato di Valentyno.
O, per assurdo, un cenacolo di lego.
Possiamo dire che la plebe è assolutamente inutile (se non nociva) a se stessa e ai propri simili?
Il guaio è che vota, maledizione, e il suo voto è determinato da combinazioni assurde e imprevedibili di scemenze.
«Io voto il Berluska perché fa "amici"»
Minchia.
Questo sarebbe un buon motivo per dedicare tempo e fatica a istruire chi non ne ha la possibilità. A indurlo ad amare i libri.
È probabilmente troppo tardi dirlo, ma non del tutto inutile.
...
Il libro che sto leggendo è la versione economica di «Il nazista e il barbiere» di Edgar Hilsenrath, editore Marcos y Marcos. Il racconto comicamente crudele e surreale della metamorfosi di un ex-nazista dapprima scampato alla giustizia postbellica nei panni di un barbiere ebreo poi, gradualmente, divenuto un convinto sionista e un combattente per Israele.
Libro - scritto da un ebreo tedesco e pubblicato grazie all'impegno di Heinrich Böll - curiosamente e meravigliosamente perfido. Un piccolo capolavoro.
2 commenti:
Oh sì, avevo adocchiato questo libro
l'ho pure regalato
ma quella che lo sta leggendo
lha mollato a metà
che dice che era crudo e lo riprenderà
e io non sapevo se farmelo prestare o meno
più avanti
molto più avanti
tempo fa
un anno e passa
alla domanda perché si legge
assistei alla risposta di quello che attualmente è sindaco di udine ma allora era rettore dell'università
dette due risposte molto semplici
ma che sentii molto mie
disse per salvare qualcosa
in giornate dove non facciamo altro che correre su e giù e fare cose fare cose fare cose
anche solo una pagina o due
di un libro
prima di dormire
possono farti salvare qualcosa di questa giornata
poi dette una risposta molto più matematica
riguardo alla complessità del mondo
e al come i libri possono permetterti di affrontarla meglio
di conoscere cose
riducendola
E anche questa è molto vera
anche se a me piaceva più la prima
come risposta
Sul resto
non ci voglio pensare
oggi
che è sabato
e non voglio deprimermi :)
un saluto
Non ho forza per libri crudeli in questo periodo, ma ho sempre pensato di vivere in un mondo in cui tutti vorrebbero di più.
E di più per me è più sapere, più vita, più emozioni... Un libro è la versione più economica di viaggio, può farci girare più volte intorno al mondo senza muovere un passo...
Dove ci porta un cenacolo di lego?
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