21.10.16

Dopo Stranimondi


Stranimondi è passato. Un successo, dando un'occhiata agli incassi e soprattutto agli incontri avuti. Onestamente non mi sarei atteso tanta attenzione per un'opera «minore» come ALIA, con un glorioso passato ma un futuro che si deve letteralmente improvvisare di giorno in giorno. 
Non comincerò a elencare tutti coloro che sono passati presso il nostro stand: onestamente troppi per non correre il rischio di saltarne qualcuno. Diciamo che così vi sentirete comunque tirati in ballo anche se non vi indico per nome e cognome. Se lo desiderate potrete comunque intervenire in calce a questo post o su FB.
Com'è stato Stranimondi? 
Beh, innanzitutto è stato ben organizzato, il che non è poco come sembra. Ha funzionato tutto come doveva dall'arrivo (con qualche piccola difficoltà a trovare Viale Monza, ma non è strano visto che era la nostra prima volta), allo sbarco dei volumi, al tavolo, alle utili indicazioni ricevute da Barbara con il risultato che il tavolo di ALIA era pronto alle 9.30, come da manuale.
E da quel momento è partito il ballo, un ballo a tratti frenetico, che è proseguito con la stessa intensità e frequenza per buona parte del sabato. Più tranquilla la domenica, una giornata di sole. 
Segue un modesto elenco di pregi e difetti

Il luogo.
Disperatamente stretto. Gli spazi tra i banchi ridotti al minimo, tanto è vero che se più di una persona si attardava a parlare con chi stava dietro al bancone, gli altri passanti erano costretti a circumnavigazioni che di fatto impedivano di visualizzare i volumi presenti. È pur vero che si poteva ritornare, cosa che buona parte delle persone ha fatto, ma questo rendeva più folle la sarabanda e poteva capitare di rivedere la stessa persona ripassare sette o otto volte. 
Mi rendo conto che il costo contenuto del bancone è dovuto anche all'utilizzo di quello spazio e non di altri più costosi, ma non esiste un modo per utilizzare altri spazi nella stessa struttura? Probabilmente no, ma a dirlo non si fa male.
 
I presenti.
Non si trattava (soltanto) dei soliti noti, ho anche visto passare individui privi di cartellino penzolante sul petto, quindi, si suppone, normali lettori, ma la sensazione di trovarsi ad un raduno di appassionati era comunque molto forte. Drammaticamente squilibrata la composizione media delle età, con una nettissima prevalenza di individui di età maggiore dei 40 anni. Maschi.
Di buono una presenza femminile non così minoritaria come si sarebbe potuto ipotizzare. Di mediocre la ridotta presenza di giovani under 20, come se la sf, in definitiva, non li toccasse né tanto né poco. In sostanza, l'attuale fantascienza parrebbe essere un genere per signori agé, categoria che ha il grosso difetto di comportare la scomparsa del genere insieme ai suoi datati rappresentanti. Possibile? Beh, forse all'estero non è così ma qui in Italia, per quanto ho visto a Stranimondi, la sf parrebbe avere gli anni contati. Probabilmente si tratta soltanto di una sensazione e in realtà il mondo, fuori, spasima per leggerci e semplicemente la pubblicità per l'evento è stata forzatamente modesta, ma onestamente i miei dubbi non vogliono lasciarmi



L'atmosfera.
Inevitabile la sensazione di essere usciti dal giocattolo di Zuckerberg, pronti a ritornarci dopo un paio di giorni di licenza. Oltre al piacere di incontrare quelli che fino al giorno precedente erano semplicemente delle icone sullo schermo del pc o su quello del cellulare era però inevitabile una sottile sensazione di irrealtà, come se colui che presentava il suo nome sul cartellino arancione fosse in realtà qualcun altro, da un'incarnazione di Satana a un cavaliere templare immorto. Indubbiamente curiosa questa prossimità tra il mondo reale e quello virtuale, ma che fatalmente rafforza il dubbio di un'insufficiente presenza tra i lettori. 

Gli incontri.
Qui posso dire ben poco. Ho partecipato alla presentazione di ALIA Evo 2.0 – ovviamente – e a frammenti di altre, incatenato com'ero al banco. Mia moglie ha partecipato ad alcuni incontri e il suo giudizio generale è stato positivo, quindi direi che i famosi cinquantasette incontri sono stati quantomeno utili. Ci si potrebbe lamentare dei 25-minuti-25 concessi dall'incrollabile staff di Stranimondi per ogni incontro, ma, di nuovo, si dovrebbe fare una fiera di 3-4 giorni per dare spazio a tutti e qui sorgerebbero altri problemi di spazio, di tempo, di costi... E chi gestisce la sf in Italia non è ricco. Anzi...

L'aria che si respirava
La presenza sovrabbondante di editori, autori, blogger, redattori, illustratori e di molti di coloro che fanno parte del piccolo circo del fantastico in Italia ha reso Stranimondi una sorta di suprema accademia dell'editoria, non solo limitata al fantastico ma che, fatalmente, finiva per coinvolgere autori come Philip Roth, Vonnegut, Garcia Marquez, Swift, Murakami e così via per altre secoli e altri nomi. Ho incontrato una densità e una ricchezza  di conoscenze che mi hanno sorpreso. Non che mi aspettassi il solito fantascientista che ha letto tutto Van Vogt e Heinlein e poi basta, ma ho constatato con piacere il grado di competenza di molti traduttori, curatori ed editori.
Il buono dell'atmosfera venutasi a creare è che, pur in un ambiente nel quale non mancano affatto le faide e gli odii secolari, queste venivano momentaneamente tacitate per il piacere di trovarsi lì.

Torneremo?
Il mio problema è semplicemente legato alla nascita del prossimo ALIA, ALIA Evo 3.0. Conto di metterlo in cantiere con l'inizio del nuovo anno e farlo uscire entro maggio-giugno in versione e-book e in settembre in versione cartacea. Ma è meglio anticipare che non è molto probabile che riusciamo a rispettare questa scadenza e che è quindi probabile che nel 2017 saremo a Stranimondi in qualità di semplici visitatori



In conclusione
Il problema sono e restano i lettori. In un paese dove a leggere sono 4 italiani su 10, e di questi molti si limitano a 1 (un) libro all'anno, si può capire che la sf, genere poco popolare in un paese di insufficiente cultura scientifica, non ha molte speranze di futuro. Stranimondi ha qualche possibilità di dare una mano a rilanciare il fantastico o, in fondo, è più simile a un raduno di ex-alpini, destinati prima o poi a scomparire? Ovviamente spero di no, ma mi sembra giusto cominciare a preoccuparsene, da domani in avanti.    
 

17.10.16

Letture pesanti


Saranno i tempi, il cambio di stagione, una forma di spleen senza un precisa spiegazione o i forse terrificanti post di mia moglie, Silvia, che sta metodicamente dimostrando come la situazione di questo pianeta stia rapidamente mutando, divenendo sempre meno ospitale per noi, la specie più diffusa su questo pianeta, ma è un periodo nel quale fatico a leggere normali romanzi e mi abbandono con crescente inquietudine a testi in qualche modo profetici.
La situazione del nostro pianeta non è preoccupante soltanto da un punto di vista ambientale ma anche da (o conseguentemente) nei rapporti intraspecifici. Ci sono più o meno cinquanta (50!?) conflitti in atto in questo momento sul questo pianeta, a cominciare da ciò che accade – citando a caso – nella zone della Siria, Iraq, Iran, Yemen, Nigeria, Somalia, Sudan, Turchia e Kurdistan. E anche in questo caso direi che i problemi sono tutt'altro che facili da risolvere e sembrano precipitare con crescente velocità verso una complicazione sanguinosa e apparentemente senza fine. 
Ed è così che mi sono letto in rapida successione due libri che definirei senza indugio ottimi esempi di distopia e che posso consigliare a chi mi legge, anche se, magari, non leggendoli uno dietro l'altro come ho fatto io.
Il primo è Qualcosa, là fuori di Bruno Arpaia, il secondo è 2084 La fine del mondo di Boualem Sansal. Il primo racconta la drammatica fuga di un gruppo di italiani, arabi, nordafricani e altri ex-abitanti del Nord Africa e del Sud Europa verso la Scandinavia, l'unica fascia di terra tuttora abitabile tra una trentina d'anni. 2084 La fine del mondo, Romanzo vincitore del «Grand Prix du roman de l'Académie française» racconta invece dell'Abistan, l'unica nazione tuttora esistente, secondo la propaganda politico-religiosa: uno stato teocratico dominato dalla visione del grande Dio Yölah e del suo rappresentante in Terra, Abi, uno stato tuttora dedito alla Shar, la «Grande Guerra Santa contro i Makuf: i propagandisti della "Grande Miscredenza"».
... 

Bruno Arpaia è un autore italiano nato nel 1957 ed è il traduttore italiano di Carlos Luis Zafon. Un autore che ha sempre dimostrato una buona competenza nell'utilizzare sfondi scientifici in romanzi come L'energia del vuoto, ambientato nel CERN, romanzo discusso ma comunque ottimamente concepito, e che ora prova a raccontare che cosa ne sarà del mondo da qui a trent'anni malcontati.   
Protagonista è un uomo non più giovane, Livio, uno dei fuggiaschi da un'Italia divenuta invivibile. Il romanzo è organizzato su due piani temporali, da un lato il viaggio di Livio verso l'Europa del Norduna fortezza praticamente irraggiungibile per gli emigranti del sud del mondo, dall'altro la gioventù di Livio e di sua moglie Leila, ricercatori napoletani allontanatisi dall'Italia e a suo tempo assunti negli USA. 
La spedizione verso il Nord del mondo è organizzata militarmente da un'organizzazione di incerta natura che si occupa di trasportare gli emigranti, taglieggiandoli ferocemente e Livio si trova nella situazione – comune a molti emigranti – di dover accettare le condizioni impostegli. Allontanato dagli Stati Uniti dai recenti provvedimenti di un governo di estrema destra divenuto inaccettabile poiché non-americano – è stato costretto a rientrare a Napoli, divenuta uno dei punti di raccolta di un Mediterraneo divenuto torrido e alla disperazione: una città in piena decadenza, con una situazione di ordine pubblico ormai sfuggita a ogni controllo. Ed è a Napoli che avverrà l'episodio che lo allontanerà definitivamente dall'Italia.

Bruno Arpaia
 
Il viaggio di Livio si snoda attraverso la Svizzera, sostanzialmente abbandonata con i pochi abitanti superstiti che sopravvivono solo gli 1.800 metri di altitudine, giunge a una Germania divenuta un deserto, dove gruppi dispersi di superstiti e di banditi armati difendono le poche aree dove tuttora sono disponibili risorse idriche. E al termine del viaggio, sulle coste del Baltico, i pochi sopravvissuti dovranno subire un'ultimo ricatto o rinunciare senza speranza al loro sogno per poter tentare l'ultimo pericolosissimo  balzo. Le navi scandinave sparano...
Seguendo il durissimo viaggio di Livio apprendiamo della situazione generale del pianeta, dove gli accordi internazionali sono saltati uno dopo l'altro, dove la percentuale di CO2 ha raggiunto e infine superato ampiamente il limite di 400 ppm e dove ciascuno dei principali paesi del mondo azzarda proprie soluzioni all'effetto serra cavalcante, provocando ulteriori problemi atmosferici. E insieme alla quantità di CO2 nell'atmosfera cresce il grado di sciovinismo, di intolleranza, di rabbioso populismo, si alzano inutili muri che saranno rapidamente abbandonati come le abitazioni e gli oggetti di ogni giorno. 
Raccontare più in dettaglio la vicenda non è facile e non è opportuno, anche perché attraverso la figura di Livio, con una vita cresciuta sotto il segno della ricerca scientifica e terminata aggrappata su un gommone davanti alle coste dalla Svezia, si ha una perfetta summa di una situazione che non è soltanto possibile per molti di noi ma addirittura probabile.
È utile far notare la funebre somiglianza tra la fuga verso terre promesse di rifugiati? È il caso? Arpaia si limita a sottolineare con calma ironia la somiglianza delle storie di chi fugge e non c'è molto altro da aggiungere. Buon libro, in definitiva, forseed è strano affermarlo – fin troppo rapido e sommario visto il tema affrontato. Quanto alle ipotesi scientifiche messe in campo – in fondo, pur non essendo un romanzo di sf in senso proprio, la realtà scientifica ha un peso preponderante nel testo – sono le ipotesi correnti e quelle che hanno maggior peso nelle previsioni che riguardano la seconda metà del secolo.


...
La nostra fede è l'anima del mondo.
La sottomissione è fede e la fede verità 
L'Apparato e il popolo sono TUTT'UNO, così come Yölah e Abi sono tutt'uno
A Yölah apparteniamo, ad Abi obbediamo. 
Erano alcune di quelle novantanove massime chiave che imparavi a memoria fin dalla più tenera età e ripetevi per tutto il resto della vita. 

Ati, il protagonista, è nato e vive in Abistan. L'Abistan occupa, in apparenza, l'intero pianeta, «la totalità del mondo», come si ripete ogni giorno e in ogni luogo, anche se si sussurra che esistano ancora dei confini, attraverso i quali tentano di infiltrarsi i miscredenti, i Makuf.  L'Abistan è guidato da una teocrazia dotata di poteri assoluti, l'Apparato, non esiste alcuna separazione tra il potere religioso e quello politico, si parla un'unica lingua, l'abiling, dotata di parole di due, massimo tre sillabe, che ha sostituito tutte le lingue preesistenti, creando una forma mentis strettamente legata ai precetti religiosi. Non esiste storia, interamente sostituita dalla propaganda religiosa e non esiste geografia, dal momento che l'Abistan coincide con il mondo. E per quanto riguarda il diritto:

Se un ordine non viene rispettato, sono previste frustate, lapidazioni ed esecuzioni pubbliche ed eventuali dubbi, domande e riflessioni sono vietate. Agli uomini non resta, quindi, che “morire per vivere felici”, come recita il motto dell’esercito abistano. (da un'intervista a Sansal Bouaelem su Huffington post)

L'autore, Sansal Boualem – ex-funzionario statale algerino – dichiara apertamente il suo riferimento a 1984 di George Orwell:

ho preso come modello Orwell, perché lui è stato il più bravo a descrivere situazioni del genere. Sono giunto alla conclusione che quello che è successo [in Algeria] non deriva da comportamenti individuali dei singoli, ma dalla collettività: è come l’influenza, è un virus che circola nell’aria, non colpisce solo chi conduce un certo tipo di vita ma colpisce tutti. [ibidem]
   
Il racconto di Ati, colpito dalla tubercolosi, narra degli anni trascorsi in un sanatorio in alta montagna, vicino – si mormora – al confine esterno di Abistan, fino al giorno nel quale può ritornare alla città nella quale è nato. Qui riprende il suo lavoro anche se non ha più voglia di partecipare alle spedizioni organizzate dai Credenti Giustizieri Volontari contro gli empi, i miscredenti e i makuf, i miscredenti servi di Shaitan.
La permanenza in sanatorio ha reso tiepido il suo fervore religioso, lo ha spinto a farsi domande blasfeme, a giungere a conclusioni piene di dubbi sulla sua fede, finora vissuta da perfetto credente, senza domande né oscillazioni. I suoi interrogativi senza risposta provocano in lui ansie e desideri di conoscenza che lo spingono a frequentare luoghi sconvenienti e a conoscere personaggi assolutamente empi. In lui è profondamente entrato il desiderio di scoprire scopo, origine e funzione dell'abiling, la lingua che è stata imposta a tutti loro. E da quella domanda nascono le altre.

All'uomo non è dato sapere che cosa sia il Male e cosa sia il Bene, egli deve sapere che Yölah e Abi operano per la sua felicità.

Così recita il Gkabul, il libro sacro dell'Abistan, grottesca e allucinante parodia del Corano. E la domanda sul Bene e sul Male conduce Ati a pensare:

Ciò che la sua mente respingeva non era tanto la religione quanto l'oppressione esercitata sull'uomo dalla religione. [...] [Ma] non c'è rivolta possibile in un mondo ermetico, dove non esiste alcuna via d'uscita. La vera fede consiste nell'abbandono e nella sottomissione.

Sansal Boualem

Quasi a unire virtualmente 2084 con il suo antesignano, 1984, alla fine del romanzo i due testi si riuniscono simbolicamente creando un'unica modulazione di oppressione, basata sull'abbandono e sulla sottomissione
Il mondo raccontato da Sansal Boualem è, ovviamente, il mondo teorizzato dal fanatismo musulmano, la sottomissione e la regola elevate a unica misura di vita. 
Michel Houellebeq, autore di Sottomissione, discusso romanzo uscito nei giorni della strage di Bataclan ha definito il testo di Boualem «Molto peggiore del mio Sottomissione» e non è difficile dargli torto. La profonda conoscenza del mondo mussulmano dell'autore algerino rende il suo ritratto di un possibile mondo islamizzato tragicamente più efficace
La ricerca di Ati non troverà una risposta definitiva e anche il suo mondo si rivelerà più grande e insieme più meschino di quanto lui avrebbe potuto prevedere. A rimanere e a colpire è la nostalgia per una lingua «bellissima, ricca, suggestiva», sostituita da una lingua che sottomette e annulla i desideri. 
Un libro da non perdere.