23.9.15

Il libro delle cose nuove e strane di Michel Faber


Siamo al secondo dei miei libri delle letture estive, titolo: «Il libro delle cose nuove e strane» di Michel Faber – autore di «Sotto la pelle» (qui recensione su LN-LibriNuovi) de «Il petalo cremisi e il bianco» e de «Il vangelo del fuoco» – uscito da Bompiani nel giugno 2015. Un libro di dimensioni considerevoli (582 pagine), tradotto da Alberto Pezzotta, in vendita a € 21,00.
Michel Faber non è un certo un soggetto nuovo ai romanzi di Sf, il suo «Sotto la pelle» è un romanzo singolare finché si vuole, per molti versi sgradevole, ma perfettamente inquadrabile nel genere. L'aspetto curioso di «Sotto la pelle» era la scelta di cancellare l'aspetto più avventuroso (o forse più "puerile") della sf classica, concentrandosi su moventi, intenzioni e destino del protagonista, operazione ripetuta in questo romanzo. 


Personaggio principale della vicenda un pastore, Peter Leigh, chiamato a sostituire il suo predecessore, Kurtzberg, scomparso su Oasi, un pianeta dove l'umanità è giunta di recente. A curare la presenza umana sul pianeta è l'USIC, ente si suppone internazionale ma con un'organizzazione e finalità non del tutto chiare. Oasi è abitata da un popolo di alieni che nessuno nella missione terrestre è ancora riuscito a comprendere come siano organizzati socialmente e, per la verità, nemmeno quali siano i maschi e quali le femmine e se i sessi siano solo due, e meno o più di due.
Leigh è un ex-tossico salvato dalla fede in Dio e dal rapporto con Bea, la moglie. Felice del gravoso incarico, il pastore compie un lungo viaggio in condizione di stasi e arriva sul pianeta. La base degli umani è un luogo anonimo e organizzato militarmente, gli alieni creature strane e gentili, con un volto somaticamente incomprensibile per gli umani, con evidenti difetti di pronuncia (risolti con una buona soluzione grafica) e la convinzione che la Bibbia, e in particolare la massiccia Bibbia di Re Giacomo lasciata loro da Kurtzberg, sia il «Libro delle cose nuove e strane» e che il pastore sia chiamato a spiegargliela.
Mentre si dedica a farlo, con gioia e passione, Bea gli scrive abitualmente, raccontando una situazione che sulla Terra diventa sempre meno tollerabile. Leigh si occupa dei suoi nuovi fedeli – poco più di cento persone su una popolazione di più di diecimila individui – mentre Bea gli racconta di catastrofi naturali, di problemi di rifornimento di derrate alimentari, di disordini, scontri, di una situazione che gradualmente si deteriora. Leigh gli risponde brevemente, distrattamente, interamente assorbito dal rapporto con gli alieni e dal loro modo peculiare di accogliere il suo insegnamento. 
La situazione inevitabilmente precipita. Dapprima Bea scongiura Leigh di tornare per poi cambiare bruscamente opinione: 

Peter ti amo. Ma per favore non venire a casa. Ti supplico. Rimani dove sei.

Chiusura con Peter Leigh che decide di ritornare sulla Terra nonostante il parere di lei, dopo aver scoperto il motivo reale della presenza umana sul pianeta.  

Michel Faber

Un ottimo libro, steso con grazia e attenzione e ben sorretto da una traduzione all'altezza e che si fa una certa fatica a interrompere o a rimandare. Una caratteristica rara, di questi tempi. Affascinanti gli alieni – gli oasiani – e curioso il personaggio di Peter Leigh, un uomo che non è mai davvero cresciuto, rimanendo comunque ancorato al suo periodo di tossicodipendenza, dalla quale si è liberata sostituendo alla droga il rapporto con Bea. Spesso insicuro, facilmente suggestionabile, incerto, a tratti pieno di entusiasmi più o meno motivati, talvolta depresso e carico di sensi di colpa. Gli alieni divengono lo scopo reale della propria vita anche se per loro Leigh è soltanto un individuo che ha lo scopo di raccontare loro una «storia nuova e strana» e, una volta scomparso lui, altri si preoccuperanno di continuare. 
Per un appassionato di sf è sostanzialmente inevitabile assaporare un'atmosfera già respirata leggendo autori come James Blish, Lester Del Rey o Thomas Disch. Il particolare modo di accostarsi alle sacre scritture da parte degli Oasiani ricorda inevitabilmente «Perché sono un Dio geloso» di Lester Del Rey o «Guerra al Grande Nulla» di James Blish, narrazioni che mettevano in rilievo la mancanza del "peccato originale" negli alieni, un elemento centrale per la religione cristiana, e che li rendeva profondamente diversi. Ne «Il libro delle cose nuove e strane» la diversità degli alieni è meno evidente, più sussurata che dichiarata, ma che un sottile equivoco sia alla base dei loro rapporti prima con  Kurtzberg e successivamente con Leigh emerge poco per volta nei loro discorsi, comicamente infarciti di invenzioni grafiche. 


A fare da compagna e contraltare a Leigh su Oasi c'è Grainger, un ufficiale donna della compagnia dai modi sbrigativi, poco comunicativa, che fatica a comprendere le intenzioni e i modi di Leigh e che si limita ad accompagnarlo, rifiutandosi di mettere in discussione la sua geometrica e disperata visione del mondo. E i contatti di Leigh con i membri dell'USIC sono altrettanto opachi, vagamente irreali. Solo Tartaglione, l'ex-linguista, a suo tempo fuggito con Kurtzberg e casualmente ritrovato verso la fine della vicenda, sembra essere l'unico a poter spiegare la realtà delle cose, anche se è molto probabile che nemmeno di lui sia davvero possibile fidarsi.
Leigh ritorna sulla Terra con la confusa convinzione di poter ancora rimanere accanto a Bea, che esista ancora una strada percorribile per il genere umano. Forse soltanto una semplice illusione. 
Si chiude il libro con la serena convinzione che gli umani siano accettabili soltanto quando, come Leigh, si appassionano a un sogno assurdo e che gli oasiani siano comunque molto meglio di noi.
Tenendo conto, in definitiva, di come stiamo riducendo il nostro pianeta e come, presumibilmente, ridurremo il loro, è probabile che sia vero.      

4 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Si, ricorda molto "Guerra al Grande Nulla" di Blish, con la differenza che in quest'ultimo il finale cinico ed amaro non lasciava nemmeno la tenue speranza che Faber insinua sia pure distrattamente.

Massimo Citi ha detto...

@Nick: bel modo di dirlo, «distrattamente». Ho molto amato il romanzo di Blish ma ho molto apprezzato anche questo. Gli alieni di Faber, comunque, riescono ad essere davvero enigmatici.

Senzapre7ese ha detto...

Ho in lista letture sia Sotto la pelle che questo: ad attirarmi è proprio la mancanza di avventure e senso del meraviglioso. Mi piace la diversa prospettiva che danno alla sf scrittori non di genere.

Massimo Citi ha detto...

@Senzapre7ese: il senso del meraviglioso è sottotraccia, non immediatamente avvertibile ma afferrabile. L'aspetto curioso è il modo singolare per accostarsi agli alieni, divenuti "estranei" in senso familiare, ovvero parte del nostro paesaggio ma in definitiva inconoscibili. Il che, in realtà, è ciò che avviene anche con i nostri simili. Buone letture!