30.7.13

Me ne vado (ma si può anche dire me ne vò)




Un saluto rapido ai miei amici del blog.
Me ne vado per una decina di giorni in montagna e non so bene se riuscirò a postare qualcosa nei prossimi giorni. Nella peggiore delle ipotesi ritornerò on line dopo il 10 di agosto. Stesso discorso vale anche per il blog ALIA Evo, che rimarrà fermo per altrettanto tempo. 
Nel caso - non eccessivamente probabile, certo, ma non mettiamo limiti alla provvidenza - che il collegamento dai 1500 m. sul livello del mare funzioni decentemente riuscirò a pubblicare qualcosa, magari il seguito de Le Bambole in volo, altrimenti un salutone a tutti. 
Ne approfitto per ringraziare di cuore tutti gli amici che mi hanno inviato i loro auguri per il mio genetliaco appena trascorso. Non che ci si tenga particolarmente a veder passare gli anni, ma fa comunque piacere sentire gli amici vicini. 
Sui sentieri in montagna, comunque, tra un mirtillo, un lampone e una fragola (è un anno tardivo, questo), prometto di ricordarvi tutti e di meditare qualcosa per il prosieguo del blog.
Ciao!


28.7.13

Giapponese e non solo



Stomu Yamash'ta è un musicista e percussionista giapponese, appassionato di jazz e di musica contemporanea. Un soggetto curioso, che ha collaborato con la Chicago Symphony Orchestra così come con Steve Winwood e Klaus Schulze. Un equilibrio perfetto e sorprendente di musica contemporanea, jazz-rocke di musica tradizionale giapponese e orientale. 
Qui presento un brano che fa parte della colonna sonora del film L'uomo che cadde sulla Terra


e un brano dal titolo Space Requiem, Space Song, Space Theme:


 Buon ascolto a tutti!

 

27.7.13

Libri che (con)corrono


Onestamente credevo, una volta cessata la mia attività di libraio, che le mie letture sarebbero nettamente diminuite, permettendomi persino di rileggere o di dare un'occhiata ai metri di librerie dove, lovecraftianamente, i miei "antichi" libri attendono e sognano, . 
Credevo, ma ovviamente le cose sono andate in tutt'altro modo. Anzi, il risultato è paradossalmente l'inverso di quello atteso per alcuni banali motivi. Un tempo avevo soltanto una libreria - nel senso di attività commerciale - dove poter (o dover) cercare e poter nutrire la mia ingorda anima di lettore, mentre ora mi trovo con una quantità di tempo maggiore (anche qui non così tanto maggiore di quanto temessi, comunque), decine di recensioni on line o sui giornali o sulle riviste, librerie on line, Anobii, segnalazioni dai blog che seguo... e come se non bastasse libri visti in casa di amici e chiesti (un po' troppo) precipitosamente in prestito.
Il risultato è che solo di libri in qualche modo recuperati negli ultimi sei mesi - ivi compresi alcuni classici letterari come Saramago o Tolstoi scaricati per l'e-reader - direi che siamo felicemente intorno al centinaio di libri. Tenendo conto che anche se veloce non riesco a leggere più di un paio di libri alla settimana, direi che in sei mesi ho messo insieme il numero di libri che, se Dio mi mantiene in salute, posso leggere in un anno. Con un simile anticipo potrei chiedere alla Morte di poter morire soltanto se non avessi più nulla da leggere... Ma dubito che la Morte accetterebbe. 
Oltre a questo mi capitano anche i libri ripescati per motivi che non hanno nulla a che vedere con il consueto procedere delle letture ma attengono ad altre necessità, come stendere un breve articolo o controllare una recensione da pubblicare su LN-LibriNuovi.  
Nei prossimi giorni, comunque, farò un soggiorno in montagna un po' più lungo, dell'ordine dei nove - dieci giorni. E devo portarmi via "qualcosa da leggere", per dirlo con tatto ed equilibrio e senza farmi sentire da mia moglie. Dal momento che si tratta soltanto di una settimana o poco più e che ho ancora N racconti da leggere per ALIA, direi che non sarebbe saggio portarmi via più di un libro o due. Anche solo una paio di quelli che sto leggendo. E qui comincia la sofferenza. Uno degli ultimi libri acquistati è stato Daniel contro l'Uragano di Shane Jones, un libro che ha per me un fascino non ancora del tutto compreso ma potente e maliardo. «La fantastica storia di un uomo terrorizzato dagli uragani e della donna che voleva salvarlo». A rigore potrei anche affermare di averlo in lettura, dal momento che sulla metropolitana ne ho già letto sei o sette pagine, ma non so bene se... [1] D'altro canto sto leggendo La leggenda del mostro di Limehouse di Peter Ackroyd, e lì sono già a pagina 29...  Finora, nel diario del mostro c'è soltanto una morta, ma le pagine sono 300. Da un certo punto di vista ho parecchio da sperare... [2] 
Ad aspettarmi c'è anche L'estranea di Patrick McGrath del quale ho già letto 250 pagine su 280 ma che non riesco a terminare. I motivi? Potrei semplicemente dire che la vicenda non mi acchiappa, ma mi rendo conto che come spiegazione è un po' poverina. Diciamo che ho costantemente la sensazione di leggere un libro già a suo tempo letto e regolarmente dimenticato. Di avere già letto di Constance, del suo matrimonio inutile, del padre di lei che non l'amava, di sua sorella suicida, del suo amante poco-di-buono, della governante del padre il cuimarito era l'amante della madre di Constance... eccetera. Un buon intreccio per un dramma familiare ma con gli scabrosi retroscena che appaiono costantemente quando il lettore li ha perlomeno già supposti e una protagonista, Constance, che è un'autistica - o forse un'ebefrenica - dai modi ampiamente prevedibili. [3] C'è poi Il fiume degli Dei di Ian McDonald, un Urania Jumbo, ovvero «I grandi romanzi in edizione integrale»: 516 pagine fitte fitte con un glossario di almeno di almeno 10 pagine. Fin qui letto fino a pagina 18. [4] E non potrei teoricamente dimenticare The Little Ice Age, How the Climate made History: 1300-1850 di Brian Fagan, un affascinante incontro tra la storia, la geologia, la climatologia
e l'ecologia. Che è, oltretutto, un libro che dovrei restituire... [5] O il saggio La battaglia di Canne di Massimo Bocchiola e Marco Sartori, il racconto di una delle più sanguinose battaglie dell'antichità...  [6]. E non parlo dei libri conservati sull'e-reader per non complicare ulteriormente il quadro. 

Mettiamola così. Sempre ammesso che da queste parti passi qualcuno - ipotesi tutta da dimostrare - invito gli eventuali navigatori a consigliarmi due dei sei libri sopra indicati. Non ci metterete troppo tempo, vi basterà indicare: «Io leggerei 2 e 5 / Io leggerei 1 e 6...» Prometto che a ritorno dalle vacanze mi preoccuperò di recensire i due libri scelti (non) da me. 



24.7.13

Le bambole in volo - quinto e sesto movimento


Qualche aficionado l'ho trovato, alla fine. Qualcuno che si preoccupa di scaricare il romanzotto e presumibilmente anche di leggerlo. Prima o poi. Il che è in fondo il motivo per il quale lo regalo. 
Lo so, lo so, dovrei provare a venderlo. E a fare così rischio di danneggiare chi lo fa seriamente, chi prova ad arrotondare il lunario vendendo on line. E prima o poi lo farò anch'io, giuro. Ma per qualche racconto o romanzetto mi dispiace, ma non riesco a chiedere denaro e tirare su dieci o quindici euro da amici e parenti che lo comprano on line e che magari ci aggiungono anche un «bravo» o magari mi dicono che dovrei riguardare quel passaggio o quella frase. In fondo le critiche e i commenti me li potete fare anche così. Scribacchiando qualcosa giù in basso, dove per il momento c'è ancora scritto: «Nessun commento».
Se non lo fate... è perché è talmente bello che non merita commenti? O per il motivo opposto, ovvero: è talmente orrendo che non merita...? No, a parte tutto, sono abituato all'apparente indifferenza con la quale sono accolti i miei testi. E non me la prendo. Chi viene su internet, chi cerca un blog non ha in genere molta voglia di leggere qualcosa di più lungo di poche righe. In fondo anch'io se voglio leggere mi prendo un libro o, da qualche tempo in qua, l'e-reader e mi dimentico dell'esistenza del pc. 
Come insegna Nero Wolfe, meglio essere pessimisti: non si rischiano brutte sorprese. E quindi non posso che essere contento del pugno di lettori che ha voglia di leggiucchiare sul pc o, miracolo, di spostare il testo sul proprio tablet o sul proprio e-reader
Quanto alla possibilità di diventare uno scrittore DOCG, con tanto di cartellino sfoderabile a volontà, devo averne ancora da parte uno, che un bel po' di anni mi diedero al Salone del Libro. All'epoca me lo diedero per un racconto «Aquile» pubblicato con un editore locale. Potevo entrare anche, banalmente, come libraio, ma il desiderio di fregiarmi con il nome di «Scrittore» appeso da qualche parte era il massimo. Lo esibii per una mezz'ora, non di più. Poi ritornai al mio banale cartellino «Professionale». Mi sentivo fuori posto. Mi vergognavo di esibirmi come un pirla che-ha-scritto-un- raccontino pensando a gente come Thomas Mann, Heinrich Böll, Robert Luis Stevenson ecc. Non so voi, ma io fatico a immaginare qualcosa di peggio di un'adunata di pavoni e tacchini che si vantano del proprio supposto capolavoro. 
E poi, comunque, i librai erano molti di meno degli scrittori. E a maggior ragione lo sono adesso.
Torniamo alle cose serie. 
Il prossimo pezzo di romanzo lo potete scaricare cliccando QUI. 
E buona lettura.  



21.7.13

L'eco della rovina

Un corridoio di 8 Gallery alle 11.30 di un giorno qualunque nella prima metà di luglio. Niente sf né The day after

No, non è il nome di un giornale tipo «L'ora di Paperopoli» o «La sveglia di Gotham City» ma il commento che va per la maggiore in famiglia per commentare questo genere di post.
Ma non è mia intenzione ridere di alcunchè, anzi. Il fatto è che avendo gestito un negozio per quasi quarant'anni non riesco a capacitarmi della volatilità delle attività commerciali, soprattutto in questi ultimi mesi. 

Negozio chiuso fino a... data da destinarsi.

8 Gallery è un centro commerciale che si trova all'interno dell'ex stabilimento Fiat di Lingotto, qui a Torino: «90 negozi, 11 cinema, 14 ristoranti, 4000 posti auto. Dentro l'8 c'è tutto!»
Io abito a 200 metri in linea d'aria da 8 Gallery che così finisce con l'essere un luogo privilegiato per fare due passi quando piove/nevica o in questa stagione, quando il caldo per le vie della città diventa insostenibile.
L'andamento, ovvero la sopravvivenza media dei negozi all'interno di 8 Gallery, non è mai filato troppo liscio. I nomi, le sigle, i brand - soprattutto nel campo della moda - si succedono con una velocità non del tutto tranquillizzante. 

Si trattta di due negozi che hanno chiuso negli ultimi mesi. In attesa di nuove destinazioni
Qualcuno dice per la quota esosa pretesa dalla società di gestione del centro commerciale, qualcun altro per l'insufficiente giro di affari generato dallo stare all'interno di 8 Gallery. 
Ma ultimamente le cose sono non poco peggiorate. L'ultima parte dell'ala sinistra del lunghissimo palazzone - circa un chilometro da una rampa all'altra - si sono lentamente svuotate. 


Se n'è andato Robe di Kappa che da solo occupava sette o otto vetrine, e con lui se ne sono andati altre firme e altre attività, lasciando deserto e risonante l'ultima parte del lunghissimo corridoio interno. 

  
La gente ha preso l'abitudine, non ancora del tutto interiorizzata, di fermarsi un po' prima, di saltare la serie di negozi chiusi. Adesso l'amministrazione è intervenuta coprendo una parte delle serrande abbassate e delle vetrine vuote. 


Ma la sensazione di una sindrome greca non è facilissima da togliere. Onestamente visitare quest'ultima parte di 8 Gallery è un viaggio nel nostro futuro possibile da non augurare a nessuno [1]. 
Certo, se io fossi la società concessionaria del centro commerciale, sarei pronto a ridurre i costi degli affitti, anche a rischio di qualche perdita temporanea. Ma sapendo come ragionano certi individui, non ho idea se tenteranno questa strada. 
In ogni caso io sono sempre qui e tra qualche mese vi dirò com'è finita.
...
Oggi, riguardando tra le mie vecchie audiocassette, ho trovato un'incisione degli Henry Cow, un gruppo inglese di musica progressive che ebbe un certo successo negli anni '70. Il mio interesse per la loro musica nacque per motivi politici (beh, sì, è proprio così), dal momento che come i contemporanei Stormy Six erano un gruppo fortemente schierato in senso progressista (eufemisticamente parlando). 
Riascoltarli è stato un viaggio negli anni '70 profondi, quelli che sono in pochi a voler ricordare. 
Non so bene se piaceranno a qualcun altro, ma date loro almeno una possibilità. 


[1] All'interno dell'ultima fotografia, nella seconda finestra da destra potete vedere la parte inferiore dell'anello delle Olimpiadi Invernali 2006. Per carità di patria non si vedono bene i quartieri costruiti per l'occasione...

19.7.13

In debito di ossigeno, pardon, di democrazia


Avrei voluto rimanermene in silenzio, a fingere di ignorare ciò che è accaduto oggi in Senato e a pensare ad altro. Magari al racconto per ALIA che sto scrivendo o qualcos'altro anche di meno importante. O pensare alla mia povera figlia obbligata a studiare e a cercare casa e lavoro in questo paese. A me e a mia moglie, che inevitabilmente ritorniamo inutilmente sul tema, cercando di trovare un senso, una ragione a ciò che è accaduto e ancora di più a ciò che accadrà. In pochi giorni, in una manciata di ore, in sostanza, abbiamo visto cambiare la forma di governo di questo disgraziato paese e abrogare parte della Costituzione. 
Napolitano ha deciso come deve agire e comportarsi il partito maggiore in parlamento, sulla base di considerazioni - non suffragate né chiare - sulla situazione economica e politica italiana. Ha deciso che non si può chiedere a qualcuno - Alfano, l'attuale ministro degli interni di questo governo di complicità nazionale - le ragioni del suo comportamento né pretendere una sua assunzione di responsabilità in proposito. È intervenuto nella guerra senza quartiere in atto nel Partito Derelitto prendendo una posizione molto chiara e ben definita. Questo governo deve durare a ogni costo, in ogni caso, in ogni occasione. Nulla deve turbarne il suo sonnolento, inutile, assurdo percorso. Un governo che dovrà sopravvivere anche nel caso che il 30 di luglio la Cassazione decida - com'è ovvio sulla base di quanto finora appurato - che Berlusconi è pienamente colpevole e non potrà continuare nella sua attività pubblica. 
E come farà a sopravvivere?  
Bella domanda. 
La prima soluzione che mi viene alla mente è che la Cassazione si rimangi quanto sentenziato dai due precedenti gradi di giudizio e prosciolga Berlusconi. 
In fondo - a sospettare si fa peccato, certo, ma talvolta ci si azzecca - non è Napolitano il presidente del CSM? Non avrà qualche strumento di pressione sui giudici per rendere meno indigesta la sentenza? 
O forse - e questo a pensarci bene è anche più probabile - sarà il PD a difendere Berlusconi, rimandando alle calende greche le disposizioni prese dai giudici. In fondo l'interdizione comminata a Berlusconi dovrà essere approvata dal Senato e a calendarizzare un simile voto non sarà facile. E poi, in fondo, esiste sempre la possibilità di votare contro la sentenza dei giudici. Verrebbe fuori un casino terrificante, com'è ovvio, ma c'è sempre Napolitano al quale appellarsi, al quale chiedere lumi, dal quale ottenere protezione, fino al punto di rimandare le elezioni pur di salvare il PD, se necessario, magari congelando l'attuale parlamento...  
No, sinceramente, sto scivolando nella paranoia, qualcuno mi inviti a smettere. Qualcuno mi ripeta che Napolitano è un galantuomo, che Letta è un semplice democristiano sopravvissuto alla fine della DC ma che in fondo è innocuo, che Epifani è soltanto un cattivo sosia di Harrison Ford, che Alfano è la controfigura di Dracula in una rappresentazione di provincia...  
In tutti i casi ne riparliamo - o ci risvegliamo - dopo il 30 di luglio... 


  

17.7.13

Le bambole in volo - terzo e quarto movimento


Terzo e quarto movimento. 
Dove di presentato due compiti tipicamente "femminili", secondo la comune vulgata. Lavare i piatti meditando sul presente, il passato e il futuro e andare a far la spesa, cercando di sopravvivere ai prezzi, alle offerte, alle tentazioni e al traffico. 
Gigio è uno che sa vivere e dopo aver letto questo capitolo comincerete anche voi a sospettarlo. Il suo osservare e interagire con il mondo ha qualcosa del santo o del pazzo. 
Tengo a chiarire che molte delle soluzioni che inventa Gigio sono esclusivamente sue e non mi sarebbero mai venute in mente con qualche altro personaggio, ma non nego che mi piacerebbe non poco utilizzarle. Soprattutto in un posto come un centro commerciale dove ognuno è trattato come un numero e tutti insieme come un numero più grosso.
Per leggere vi basterà cliccare QUI

14.7.13

Nove inframondi, più o meno


Mi hanno fatto notare che ho esagerato, con l'ultimo post
Che ho sparacchiato in giro come un ubriaco strabico...
Mi hanno chiesto se stavo aspettando le mestruazioni,
che non l'ho capito che son tutti via? 
Con chi diavolo ce l'avevo, in sostanza?
Rispostina, prima di parlare di cose serie come la sf e la musica. Non ce l'ho con nessuno, ovviamente. Soltanto mi sembra davvero un delitto disporre di uno strumento di comunicazione avanzato e raffinato come un blog e non utilizzarlo per comunicare, per far girare idee e creare discussioni - non sterili polemiche. Che non esistono soltanto i mi piace, le fotine, le battutine e le scemenze lisce e gassate.
Ciò detto me ne ritorno tra i soldatini, in fondo all'armadio. 
...

A quanto pare quando Urania mesi or sono promise di non lasciare indietro gli Year's Best, dove aveva saltato i numeri 14 e 15 per pubblicare direttamente il numero 16, non aveva mentito per la gola come qualcuno - tra i quali anch'io - sospettava apertamente stesse facendo. Nel numero 1595, giugno 2013, sono usciti i primi nove racconti della collezione originariamente pubblicata nel 2009. 
Nove racconti firmati tra gli altri da autori come Neil Gaiman, Paolo Bagicalupi, Ted Chiang e Cory Doctorow. Tradotti da Flora Staglianò e con la prefazione originale di David G. Hartwell e Kathryn Cramer. 
Piccola nota a margine, l'introduzione dei due curatori mette in rilievo che:

...Sarà interessante vedere quali soluzioni creative inventeranno gli imprenditori sul Web per generare profitti negli anni a venire. Molto di ciò che è apparso su internet nell'ultimo decennio dipende dal tempo libero di gente che lavora [...] e dai soldi che forse ha scelto di sottrarre per questo alle spese extra. Parte di questo tempo libero e di denaro è svanito, insieme a miliardi di miliardi di dollari delle economie nazionali dei paesi sviluppati. 

E questo è stato scritto all'inizio del 2009...

Ma andiamo avanti, ai racconti.
Ottimo, per molti motivi, anche strettamente personali e familiari, il primo dei racconti Arkfall, di Carolyn Ives Gilman. Una novella sulle cinquanta pagine che rappresenta in maniera eccellente la vita in una colonia umana su un pianeta dove l'oceano si trova sotto qualche chilometro di ghiaccio, sul modello di Titano, Europa o Dione qui, nel nostro sistema. Ottimo il personaggio di Osaji, sorella nubile sulla quale ricade interamente il peso della madre disabile e con la memoria in inesorabile peggioramento, e quello di Jack, ex-soldato, ex-tossicomane, soggetto ad accessi di rabbia ed intolleranza. Un racconto che a mio personalissimo parere merita da solo i 4,90 € del libro.
Buono, anche se non eccelso, il racconto di Neil Gaiman, Arancione. Otto pagine per raccontare la storia di una singolare possessione aliena. Ottima l'idea di base di Memocane, di Kathleen Ann Goonan, sublimi taluni passaggi ma si avverte da metà in avanti una difficoltà a concentrare in un unico racconto alcuni temi paurosamente vasti ed esosi come la descrizione di una rabbiosa e disperata resistenza civile, di un ricordo doloroso senza alcuna possibilità di rimozione, della testarda fedeltà umana/canina, di un amore perduto, eccetera. Non male, ma non escluderei che l'autrice riprenda il racconto per farne un romanzo. 
La pompa sei di Paolo Bacigalupi è un racconto prepotente, visionario, grandioso. Sinceramente debbo ammettere di esserne rimasto colpito e di aver, tra l'altro, pensato, che se qualcuno scrive racconti come questo la sf è ben lontano dal morire. Per accennare al tema, mi limito a chiedervi: «che cosa ne sarebbe della nostra preziosa e raffinata civiltà se gradualmente dimenticassimo le basi della nostra tecnologia?»
Boojum di Elizabeth Bear e Sarah Monette è una discreta storia di navi e di pirati, una volontaria parodia della sf avventurosa anni '30 con un finale piuttosto sorprendente. Espirazione di Ted Chiang è uno dei "tipici" racconti dell'autore sinoamericano, ovvero un piccolo capolavoro. Una popolazione remota e non umana, di origine artificiale, si interroga sul proprio destino e tenta di ricostruire un'immagine ragionevole del proprio universo mentre è condannata a una lenta morte. Da un singolo racconto di poche pagine è possibile giungere a una visione complessiva dell'universo e del nostro destino? Sì, è possibile.
Traditrice di Mary Rickert è una storia di bambini e terrorismo. Non è male, ma ha un andamento e una morale largamente prevedibili. Quello che mi rende debole... di Cory Doctorow è un racconto supercomplesso, geniale e sostanzialmente noioso. Se non siete statunitensi, con due o tre lauree e qualche grosso problema irrisolto con la sistemazione professionale è difficile che vi appassioni. Tanto più che il protagonista ha l'appeal e il fascino e l'eloquio di un androide mal prorammato. 
L'ultimo racconto, Viaggio su Oblivion di Vandana Singh non l'ho letto. Mi dispiace, ma non appena incontro un racconto di autore indiano che cita i testi sacri della religione e della letteratura classica - in questo caso il Ramayana - un impulso più potente di me mi obbliga a chiudere il libro e chiedermi: «ma gli indiani riescono a scrivere qualcosa di davvero nuovo
Finito. Mi dispiace per i racconti dei quali non ho potuto parlare bene, soprattutto per quello di Doctorow, autore che in altre occasioni ha apprezzato, ma il parere del lettore è, da un certo punto di vista, insindacabile. Non è una consolazione per nessuno,  me ne rendo conto, ma posso vantare un certo numero di persone che hanno pubblicamente dichiarato di non apprezzare quel tal mio racconto (non sempre lo stesso, ovviamente) e non ho mai sfidato a duello nessuno. 
...
Per concludere, un brano musicale dei Gong, in qualche modo in linea con la lettura: 

 
 

 

 
 

12.7.13

Tempi di magra


Luglio non è un buon mese per i blog. 
Un po' di gente se n'è andata, qualcuno ha diradato gli interventi, altri semplicemente tacciono o postano un intervento con intervalli anche molto lunghi. 
Praticamente nessun intervento - sto parlando dei blog che normalmente seguo - sull'attualità italiana, qualche intervento, e tra costoro ci sono anch'io, sulla narrativa fantastica d'antan, su collane scomparse o su autori non più tradotti. Qualche breve intervento sulla scrittura o sullo scrivere, qualcuno che presenta narrativa propria o recensisce libri o e-book.
Chi segue una propria attenta linea editoriale, d'arte, di cinema o musicale, persiste con i propri contributi, spesso pregevoli, ma la sensazione generale è di stanca, di fatica, di righe aggiunte per non perdere la propria posizione e non scomparire. I commenti diventano rari o nel mio caso praticamente inesistenti e la sensazione è quella di procedere in un tunnel oscuro, limitandosi ogni tanto a emettere dei richiami poco convinti e poco convincenti.
NON sto criticando nessuno, sia chiaro, semplicemente mi interrogo su un silenzio che può avere eccellenti spiegazioni ma che rimane comunque enigmatico. 
Qualcuno ha abbandonato, comunicandolo e motivando la propria assenza. Parlo di Nick e di Amnell, che hanno sì provocato qualche gentile protesta e qualche rammarico, ma nulla di più. Senza che qualcuno provasse a fare dei loro interrogativi delle vere domande. Ed è inevitabile porsele, queste domande: 



- I blog servono ancora? Hanno ancora una funzione, uno scopo, sono un'occasione di creare dibattito, discussione o sono semplicemente vetrine (poco frequentate) di se stessi e delle proprie attività?
- Qualcuno li legge, i blog? Qualcuno ritiene importante - e utile e stimolante - fare un giro per i blog insieme o al posto del consueto leggiucchiare il giornale on line o su carta? 
- Se i blog soffrono, gli altri social network come se la passano? Sono vivi e vivaci o sono gradualmente diventati sostanzialmente inutili, veri tamburi nel nulla? 
- Qualcuno pensa che la situazione attuale - economica, politica, sociale e culturale - abbia un peso sulla situazione della comunicazione via internet o si tratta semplicemente di un problema dei blog in primo luogo e dei social network in generale?
- Riprodurre se stessi e il proprio blog, preparando in anticipo interventi, commenti e riflessioni, è un esercizio utile o sta semplicemente diventando un'abitudine della quale è diventato impossibile fare a meno e che importa sempre meno?
- È un problema nostro, di intellettuali - socialmente è una definizione corretta - un po' scarichi o è un problema italiano? 
- Leggere più di un trentina di parole di seguito on line è diventato improponibile, impossibile, noioso, nefasto? E se sì, perché? 
- Trovate ragionevole che NESSUNO senta il desiderio di affermare il proprio punto di vista sulla situazione attuale, sulle elezioni in vista, sul berlusconesimo infinito, su questa classe politica, sulla situazione economica, sulla stagflazione in pieno sviluppo? Vi sembra NORMALE?
- È accettabile un'offerta culturale, televisiva, musicale, libraria deludente, faticosa, autoclonantesi, frivola, idiota, insufficiente? 
- È normale che i temi ripresi da un blog all'altro, gli spunti, le osservazioni finiscano in un completo e imbarazzante silenzio, come battute cretine in una festa dalla quale tutti hanno una gran voglia di andarsene in fretta?
- ...


La domande potrebbero essere molte di più, ma mi fermo qui. Prendetelo come un inutile lamento, una noiosa giaculatoria di un vecchio signore, impanchinato davanti al pc, con un micetto che dormicchia davanti alla tastiera e che ogni tanto apre gli occhi, considerandolo con una punta di fastidio, un minimo di noia e non poca sufficienza. 
No, non significa che mi sto preparando a sgombrare. Il mio blog è vecchio quasi come me, non ha mai avuto un vero «successo» ma mi tiene in esercizio con la scrittura e ogni tanto mi regala qualche osservazione (altrui) davvero stimolante. Quindi hic manebimus optime. Soltanto mi piacerebbe che qualcuno provasse a rispondere a qualcuna delle domande, Anche solo per farmi notare che in realtà non è successo nulla e che sono solo io a farmi delle paranoie inutili. E che la colpa è in realtà tutta di Google che ha cambiato ancora una volta l'algoritmo...   


10.7.13

La bambole in volo - secondo movimento


Il secondo movimento. 
Un'assemblea in fabbrica, sostanzialmente inutile, come si intuirà. Nonostante la presenza del padrone, del sindacato e dell'assessore. No, non sono un anarchico impenitente, ma la mia esperienza in proposito - ho assistito ad alcune assemblee e ne ho sentite raccontare altre, negli anni '70 - è purtroppo non esattamente positiva. 
Quanto al motivo per il quale uno che normalmente scrive storie di fantascienza o di «fantastico quotidiano», come insegnava Calvino, si sia messo a scrivere una storia apparentemente (neo)realista, beh, in realtà si è trattato di una sfida. Un mio buon amico, poi purtroppo perso di vista, aveva osservato che noi, autori di fantastico - anche lui scriveva discreti racconti horror -, non siamo capaci di scrivere storie realiste. «Una storia ambientata in una fabbrica occupata, per dire, chi la sa scrivere?». 
Ci provai, scrissi il primo movimento. Puntuale il commento: «Va bene, ma, punto primo non succede nulla. Punto secondo sapresti continuare?».
Continuai. Non dico che il romanzo sia venuto un capolavoro e temo che i miei pochi lettori ne saranno quantomeno disorientati, ma credo che meriti continuare a leggerlo. Personalmente sono molto affezionato a Gigio e a Nena. E comunque temo che in qualche modo le mie tendenze fantastiche emergano ugualmente, un po' più avanti. 
Per leggere il secondo movimento potete cliccare QUI

7.7.13

La fine apparente e il gotico italiano


Abbiamo finito. Per quest'anno scolastico, per lo meno.
Siamo giunti al massacro - o meglio l'eliminazione o meglio ancora, la disinfezione - del neovampiro Lucy, compiuto dai quattro cavalieri dell'apocalisse (cristiana), ovvero alla fine del capitolo XVI. A questo punto sarà necessario un altro anno accademico per giungere all'eliminazione di Mr. Dracula, il numero uno dei vampiri. 
Hanno partecipato a questo ultimo giro Fabrizio Foni, italianista e storico letterario, e Irene Incarico, scrittrice e autrice (con Elisa Podestà) di Notturno digitale, esempio curioso e stimolante di cybergoth, ovvero di incontro tra il mondo dell'intelligenza artificiale e quello della tradizione gotica ottocentesca. 
Fabrizio Foni ha preso - e tenuto a lungo - la parola, sollazzandoci fino alla scoperta risata con il racconto di diversi brani tratti dall'Ildegonda [1820] di Tommaso Grossi. Ma non si è trattato di risate alle spalle del povero scrittore quanto piuttosto di divertito stupore nello scoprire quanto poco «nuovo e orripilante» può essere un racconto, una ripresa, un videogioco gore e cannibale se paragonato al testo di un autore italiano - morto come notaio - di inizio '800. 
Ugualmente interessante la citazione e il racconto di due testi di Cesare Balbo, ex-ministro di Casa Savoia, facenti parte della sua antologia Quattro novelle narrate da un maestro di scuola [1829] che potrete leggere qui. La tesi di Fabrizio Foni, ottimamente presentata e argomentata è che il "gotico italiano" fu qualcosa di più di una semplice gioco letterario di importazione straniera.
Quanto a Irene ci ha fatto notare come la scena finale del capitolo XVI, con la povera Lucy penetrata da un puntale di legno al quale lei reagisce agitandosi e perdendo il controllo, degna conclusione della sua condotta da creatura malsana, viziosa, da femmina perduta, costituisce un ottimo esempio di quell'intolleranza al femminile che dominava, incolpevole il povero Stoker, il sentire comune vittoriano. 
Al concludere la lunga presentazione un piccolo déjeneur al quale abbiamo reso doverosamente onore. L'appuntamento è, come previsto, per il prossimo autunno. 
In ogni caso lascio qui l'indirizzo web dove potrete visionare gli ultimi appuntamenti, ovvero il web TV della Libera Università dell'Immaginario: 


e una canzone per non dimenticare il nostro corso, Love song for a Vampire di Annie Lennox: 

 

 

6.7.13

Alcune sparse e rinunciabili osservazioni sullo scrivere


Lo spunto è nato dalla lettura di un post di Davide Mana, proprio qui, a sua volta stimolato da un post de la Clarina, che potete trovare qui. Premetto, ed è bene che lo faccia, che quasi sicuramente andrò fuori tema, dimostrerò di avere capito poco e comunque non dirò nulla di utile al popolo sovrano, ma non posso resistere e non toccare un tema che, soprattutto in questo periodo, mi perseguita. 
Secondo il buon Davide produrre letteratura viene spesso gabellato come sforzo, ovvero come sofferenza, come un "parto" della mente e dello spirito al quale l'intera anima dello scrittore - meglio, del creatore - partecipa, a creare un unicum  ìnestimabile. Accoppiata - come premessa e condizione - a questa sofferenza del creare è il concetto del controllo, controllo della propria inventività e di trama, vicenda, intreccio e personaggi. 
Davide ci spiega come, a suo parere, lo sforzo del creare, la "sofferenza del creatore" sia un elemento in qualche modo esterno al processo reale della scrittura, un aggiunta romantica - forse più che altro decadente - all'organizzazione di un lavoro che ha sicuramente aspetti non immediatamente comprensibili e razionalizzabili, ma che resta né più né meno un lavoro, ovvero un organizzare i propri sforzi per ottenere un risultato apprezzabile da altri esseri umani. Il che può valere per un romanzo ma anche per una sciarpa di lana, una parete dipinta di fresco o una pasta pomodoro e basilico.
Quanto al controllo, si tratta anche in questo caso di un'illusione, nel senso che un controllo eccessivo applicato a un testo - come a qualunqua altra cosa - avrà come conseguenza una certa ovvia puntigliosità e la perdita di quell'élan vital che permea le opere di maggior fascino. 
Ma che cosa significa un "controllo eccessivo"?
E come si deve misurare tale controllo? 
Partiamo affermando un'apparente assurdità:
«Il grado di controllo (ovvero di attenzione, di puntiglio/precisione) nella narrazione è inversamente proporzionale alla verosimiglianza di quanto si va narrando».
Un esempio? Per dire che «Quando Giovanni si alzò, guardò dalla finestra e andò in piazza» posso limitarmi a questo semplice insieme di parole, senza ulteriori aggiunte. Se viceversa scrivo: «Quando Giovanni si alzò, guardò dalla finestra e spiccò il volo» debbo assolutamente aggiungere qualcosa. Da una definizione («Giovanni è il noto inventore della macchina per volare») a una precisazione («Giovanni è un corvo») a un richiamo a una situazione precedente («Dopo una notte di incubi, Giovanni...») a un richiamo a un contesto generale («Dopo che Giovanna aveva preso il volo, nel giorno successivo a quando la Grande Magia aveva colpito il popolo, Giovanni decise di imitarla...»).
Insomma, in apparenza il grado di controllo e di attenzione richiesta sembra procedere in modo assolutamente antiintuitivo. Più lavorate di fantasia più dovrete lavorare per convincere il vostro ipotetico lettore che quanto narrato è perfettamente verosimile, sia pure nell'ambito di un esercizio di sospensione di incredulità. 
Non sono idee mie, ci tengo a sottolinearlo, ma di Cvetan Todorov, idee alle quali comunque mi uniformo pienamente, nonostante la lezione successiva degli strutturalisti. 


 Ma non basta, o meglio è necessario aggiungere - e queste sono idee personali - che in ogni caso il nostro controllo sulla vicenda e sul personaggio dovrà essere ferreo sul suo passato mentre potrà e dovrà essere vago sul suo futuro. In sostanza, noi del passato di Giovanni (o di Ivano, Walter o Brodo) dovremo sapere molto. Sapere se è figlio unico o meno, che lavoro fa, che cosa ama e che cosa aborre, che cosa desidera e che cosa teme ecc. ecc. NON tutto quello che costruite come scheda personale del vostro personaggio dovrà entrare nel racconto, ma dovete avere un'idea almeno decente di come il vostro personaggio potrà affrontare i problemi, gli inciampi, le traversie, le glorie e gli affanni dei quali riempirete la sua vita. Questo non è un modo per predefirne il futuro ma un modo per creare un albero di probabilità verosimile al quale fare riferimento. Tenendo comunque conto che nel raccontar(vi) il suo passato potrete inserire piccoli particolari (l'amore per il giardinaggio, una perversione erotica, un evento traumatico) che vi torneranno utili quando dovrete escogitare una soluzione per risolvere un problema in apparenza irresolubile. Il dottor De Grada di «Zero», racconto lungo che potete trovare nella colonna a sinistra del blog, è un uomo dabbene, dotato di fantasia moderata, poco incline alle assurdità e alle apparenti contraddizioni, conseguentemente non avrà particolare resistenze o diffidenze verso Eva. Il che è il problema reale del racconto. Un personaggio con un diverso passato avrebbe potuto giocare diversamente le proprie carte, ma il racconto avrebbe avuto un andamento e sicuramente un finale diverso. 
Naturalmente come vorrete giocarvi questo livello di controllo è un problema interamente vostro. Non solo, costituisce probabilmente una buona parte del vostro talento di autore. 
Quanto alla sofferenza, debbo ammettere che in questo periodo è divenuta parte del mio modo di scrivere. Possibile si tratti semplicemente del troppo tempo passato, delle troppe righe scritte senza apparente risultato, della fatica di immaginare altre storie, altri personaggi, altre avventure. Più che di sofferenza nel mio caso parlerei di fatica, di sensazione di già letto, già scritto e già vissuto. In questo senso debbo ammettere che aggiungere nuove righe mi costa fatica e ciò che scrivo continua a sembrarmi insufficiente, inadeguato, ovvio e noioso. Noioso per me probabilmente non significa noioso per l'universo mondo, ma a che pro scrivere cose già troppe volte lette? 
Mi fermo qui, anche per non rompere i cosiddetti a nessuno. Diciamo che il tema «controllo e sofferenza» può essere declinato nel mio caso come «presunzione e fatica». E ringrazio Davide e Clarina per lo spunto fornitomi. 




  

3.7.13

«Le bambole in volo», primo movimento.


Ecco qua il romanzo che occuperà questo blog per quest'estate. Il titolo l'avevo già presentato nella presentazione del progetto. Qui potete trovare ciò che si scrive prima del testo, cose come il nome dell'autore, in epigrafe o in esergo la frase di un personaggio piuttosto importante - in questo caso importantissimo, ah sì, sì -, un breve prologo tanto per scivolare delicatamente nel testo, quasi senza accorgersene, e infine il primo movimento. 
Nel quale non succede nulla o quasi. Semplicemente, come in un romanzo settecentesco, vengono presentati i principali personaggi e la situazione. Situazione che, quando scrissi il romanzo, più o meno tra l'agosto 1995 e il novembre 1998, non aveva molto di straordinario o di assurdo e che, riletta a dodici anni di distanza, continua a non avere nulla di straordinario o di assurdo. 
Una fabbrica occupata, quattro disperati che la presidiano - anche senza salire sul tetto o sulla ciminiera - e una situazione che non perde mai di attualità. Il che è davvero un brutto segnale, per questo paese. 
NON aspettatevi un esercizio di eroico sostegno al proletariato in lotta, comunque. Non sono il tipo. E poi ciò che mi interessava davvero era presentare quattro persone in una situazione imprevedibile ed imprevista, in una luogo che non appartiene loro e che rimane surgelato a un passato che non può ritornare.
Probabile che in realtà già negli anni '90 si intuisse come sarebbe andato a finire questo paese. 
Piccola noticina: i dialoghi non sono segnalati in nessun modo. E può capitare di faticare a capire chi stava parlando. Non preoccupatevi. Se non lo capite non sforzatevi di farlo e proseguite. I dialoghi servono a presentare i modi di parlare dei personaggi, le loro abitudini, i loro vezzi, i loro modi. Quando proprio vi sentirete perduti ho fatto in modo che si riesca a capire chi stava parlando, state tranquilli. 
Il punto di vista è quello di un indiretto libero, affibbiato al protagonista. Un protagonista che ha più fantasia che buon senso, per la verità. Un uomo semplice, che è una cosa molto diversa da un uomo facile. Ciò che mi sarebbe sempre piaciuto essere. Ma questo è un altro discorso. 
Per cominciare cliccate 

 
 P.S.: la foto è relativa all'occupazione della fabbrica del Portonaccio, vicino a Roma. Notizia di questi giorni. Appunto. Ulteriori notizie qui.