28.2.13

M.A.d.u.L.p. Ultimo

Dedicai il mio ultimo M.A.d.u.L.p. al libro elettronico, ovvero al futuro del libro. Di tutti gli articoli finora pubblicati è stato quello che mi ha dato più grattacapi, qualche aggiunta e diversi lunghi tagli. Nel 2006 non era facile immaginare una situazione tanto profondamente cambiata in pochi anni. Il grosso delle mie riflessioni, comunque, si è rivelato abbastanza corretto. Sono effettivamente nati molti nuovi editori e altri ne nasceranno. I grandi editori continuano a resistere nelle librerie di catena, producendo, più o meno convinti, montagne di best-seller clonati. Moltissimi nuovi autori hanno scelto di autopubblicarsi. «Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è eccellente» ebbe a dire Maodzedong.







L’ultimo MAduLP non può che parlare dei libri futuri. Non nel senso delle mode, passioni e sogni del prossimo futuro ma del «mezzo» libro, della sua forma, consistenza, distribuzione e dei materiali dei quali sarà composto.
Già alcuni anni fa Nicholas Negroponte ha parlato di «libro elettronico». Uno strumento leggero, versatile, facile da usare, dotato di elevata autonomia energetica e in grado di contenere l’equivalente di una grossa biblioteca o di alcune grosse biblioteche.
Se cercate qualche informazione sul libro elettronico non perdete tempo a cercare «Nicholas Negroponte» su Wikipedia ma leggete la «Guida galattica per autostoppisti» di Douglas Adams. La famosa guida – contenente informazioni su un intera galassia abitata – è delle dimensioni e del peso di un normale libro rilegato. Può essere accesa ed è possibile cercarvi informazioni con una qualsiasi chiave di ricerca. Non ha bisogno di essere ricaricata come un volgare PC portatile e funziona anche nello spazio profondo.


Digressione (ma solo fino a un certo punto).
Tutti o quasi saprete che cos’è e come funziona un lettore di MP3. Emmepitré per i comuni mortali em-pi-three o em-pi-tré per quelli che se la tirano.
Un lettore MP3 può contenere diversi CD musicali in un formato che rende un brano musicale «leggero» dal punto di vista informatico. Il segreto sta nel prendere un brano musicale qualunque (75-80 megabytes o Mb) e tagliare le frequenze inaudibili per l’orecchio umano. Il risultato è un file che «pesa» soltanto 4 o 5 Mb e che è quindi facilmente trasferibile su un supporto di piccole dimensioni.
Che cosa si rischia eventualmente di perdere in questo passaggio «tecnico» non è tema di questo articolo.
Depauperante o meno, lo standard MP3 sta gradualmente ma definitivamente modificando la distribuzione commerciale della musica. Come si sa è ora possibile scaricare direttamente dal web interi CD musicali in tempi del tutto ragionevoli o trasformare il contenuto di un CD in formato MP3. Queste operazioni possono essere condotte dietro la corresponsione di un modesto pagamento o meno, ovvero più o meno legalmente dal punto di vista dei diritti d’autore. E anche questo, anche se succulento, non è tema di questo articolo.
L’aspetto interessante della cosa è che la modifica tecnica delle fonti di produzione musicale rende sempre di più obsoleta la distribuzione fisica dei supporti finora più comuni: i compact disk. Senza CD non ha più senso l’intermediazione in un luogo ben preciso – centro commerciale o negozio – e la catena distributiva si accorcia drasticamente. È già possibile scaricare brani ed esecuzioni direttamente presso i siti delle case discografiche o presso i siti degli artisti a prezzi significativamente più bassi degli stessi brani o esecuzioni acquistati in forma di CD. Questo senza contare la possibilità di creare accostamenti («compilation») davvero inconsueti, accostando John Coltrane e Domenico Scarlatti ai Pink Floyd o a Steve Reich o agli Einstürzende Neubauten.
Questo ha significato, detto per inciso, che il ragazzo che lavorava nel negozio di dischi nella via parallela (parallela, perdinci, siamo a Torino!) a quella dove risiedeva la libreria ha dovuto cercarsi un altro lavoro. Nessuna rivoluzione è mai stata incruenta.
I libri sono già abbondantemente presenti nel web.
Classici in formato elettronico – i cui diritti sono scaduti da tempo – come inediti – alcuni anche più che dignitosi – di autori sconosciuti.
Teoricamente è possibile, anche se lungo, costoso e poco pratico, scaricarli, stamparli e leggerseli. O leggerli direttamente a video, anche se si tratta di un’operazione insana dal punto di vista oculistico.
Il problema fondamentale, tuttavia, resta il supporto.
Il lettore MP3 per i libri non era ancora stato inventato quando a suo tempo scrissi questo articolo. Adesso esiste. E cresce.


Le librerie, indipendenti o di catena, con il passare del tempo e l'affermazione dell'e-book avranno ancora una funzione?
Difficile dirlo con certezza, ma propendo per il no.
Con un web onnipresente e diffuso sull’intero pianeta (e non necessariamente solo su questo pianeta) non riesco a immaginare un motivo per il quale debbano continuare a esistere luoghi materiali deputati alla distribuzione di libri virtuali.
Con la morte (e probabile trasfigurazione) delle librerie scompariranno anche molte strutture intermedie che attualmente gravano sul prezzo finale del libro: promozione e distribuzione.
D’altro canto, vista la ridotta intensità di investimento richiesta, potranno nascere migliaia di nuove case editrici. Ed è persino possibile che, come all’inizio dell’età del libro, la figura del libraio e dell’editore tornino a coincidere. La specificità del libraio-editore consisterebbe, allora, nella capacità di organizzare l’offerta editoriale, da un lato selezionandola e dall’altra proponendo, sulla base delle proprie competenze, nuovi autori e nuovi contenuti.
La diffusione del libro elettronico avrebbe, infine, il pregio di rendere nuovamente disponibili libri mai più ristampati perché eccessivamente onerosi o perché rivolti a un pubblico limitato. E compito di un futuribile libraio post-global sarebbe quello di proporli e/o riproporli ai frequentatori della propria botteghina virtuale.
Un libraio P-G (post-global) diventerebbe, in sostanza, «immateriale» come i libri che si troverebbe a proporre ad altrettanto «immateriali» lettori. Una prospettiva che può apparire allucinante a chi è nato nell’altro secolo ma che non appare forse poi così assurda a chi è abituato a cercare brani musicali mediante il PC e ascoltare musica da un lettore MP3.


Ma è davvero possibile la scomparsa del libro tradizionale?
E, prima ancora di questo, è desiderabile? 
Beh, siamo partiti da un romanzo di fantascienza – sia pure del tutto peculiare come la Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams – ed è ragionevole terminare facendo riferimento a un altro romanzo di fantascienza (sia pure in fase di revisione finale), Mosca cieca (titolo provvisorio), scritto da una mia ottima amica.
Il romanzo è ambientato in un remoto futuro nel quale i libri elettronici sono ampiamente utilizzati. Accanto a questi, tuttavia, rimangono i libri cartacei, appannaggio di una minoranza di lettori snob ma testardamente appassionati. Tanto che le immancabili astronavi di quel remoto futuro sono più o meno tutte dotate di biblioteche rigorosamente tradizionali.
Assurdo?
No, basti pensare che i vinili vengono ancora prodotti, sia pure in tirature limitate per feticisti impenitenti e collezionisti vintage. E trovarsi a bordo di una nave stellare, oggetto della passione inestirpabile di alcuni lettori non convenzionali, non è poi un lontano futuro troppo disdicevole per il nostro buon vecchio libro cartaceo con il suo odore di carta e colla.
In quanto alla desiderabilità di un futuro popolato di libri elettronici e di scaffali vuoti… Impossibile pensare che il mezzo non abbia una retroazione sul contenuto e difficile credere che le strutture tradizionali di componimento restino invariate e congelate nelle loro forme di romanzo, antologia, saggio, pamphlet, silloge, raccolta, ciclo eccetera. Ma praticamente impossibile, almeno per me, immaginare le possibili forme del libro in un futuro che, per motivi puramente anagrafici, non mi riguarda.
Così chiedersi se sia desiderabile la mutazione del libro cartaceo risulta assurdo come lo sarebbe stato chiedersi a suo tempo se sarebbero stati desiderabili la luce elettrica e il motore a scoppio. Adesso e soltanto adesso sappiamo che sia l’una che l’altro hanno risolto molti problemi creandone al contempo di nuovi e imprevedibili. Inevitabile pensare che così sarà anche per il libro elettronico.
Teniamo soltanto conto ancora di una piccola cosa. I libri sono fatti di carta e anche in questo caso le risorse della Terra non sono inesauribili… Non è escluso che la diffusione del libro elettronico sia l’unico modo per mantenere viva la tradizione della lettura.
 



Siamo alla fine della fine.
Ai titoli di coda e ai ringraziamenti.
Resta da chiedersi che cosa ne sarà del mondo del libro in tempi più vicini a noi. Le tendenze sono molto ben delineate, c’è soltanto da capire per quanto tempo risulteranno vincenti.
Il quadro attuale e in via di affermazione è questo: case editrici divenute parti secondarie di major della comunicazione internazionali, una distribuzione attraverso centri commerciali e catene librarie, best-seller diffusi ovunque a prezzi tendenzialmente in diminuzione a scapito dei titoli a più bassa rotazione prodotti da piccoli e piccolissimi editori per i quali è impossibile superare il livello di produzione necessario per accedere alla distribuzione maggiore.
Le librerie indipendenti potrebbero teoricamente sopravvivere sui lettori più forti e sugli editori di proposta e/o puntando sulla specializzazione, in qualche caso estrema (soltanto libri sull’impero Bizantino, soltanto libri sulla pittura impressionista, soltanto libri sulla cucina della melanzana), sul livello del servizio e sull’attività culturale (pubbliche letture, eventi, incontri).
Ci credo?
Non troppo, non abbastanza.
Difficile sopravvivere senza i «libri in classifica», offrire uno stock di titoli ragionevolmente ampio e aggiornato senza poter contare sui flussi di liquido creati dal best-seller del momento.
Ma il quadro è comunque ancora in movimento. La diffusione accelerata delle librerie di catena avviene senza una parallela qualificazione mirata del personale. In fondo per svolgere il compito di trovare e vendere un libro pescandolo da una pila posta al centro della libreria sarebbe perfettamente adeguato anche un robottino giapponese. Più complicato, viceversa, affidare al robottino la ricerca di una monografia, di una raccolta di poesie o di un saggio. O anche semplicemente del romanzetto più cretino che riuscite a immaginare, ma uscito un paio d’anni prima.
Una caratteristica che non nasce da maligna perversità ma semplicemente dalla necessità di «fare efficienza», puntando su personale (troppo) facilmente sostituibile e su una selezione di titoli in giacenza calibrata fino alla monomania.
Di passata, si potrebbe notare che l’introduzione di una legge sul libro sul modello di quella francese avrebbe non solo il sicuro effetto di sostenere le piccole librerie ma anche di spingere i giganti a preoccuparsi maggiormente della qualità della loro offerta, non potendo più contare sulla grancassa dello sconto a tutti i costi con significativa soddisfazione di tutti.
Una competizione verso le migliori performance è certo da preferire a una gara al ribasso, non è vero?
Insomma, è questa una partita ancora tutta da giocare, in attesa che il libro elettronico prevalga.



26.2.13

Sopravvivere in tempi interessanti...


Normalmente non posto interventi sulla situazione politica, se non raramente, ma mi risulta difficile far finta di nulla davanti a un risultato di questo genere per le elezioni nazionali. Quindi abbiate pazienza, ma vi beccherete anche il mio commento in proposito, il commento di uno che si interessa di come vanno le cose e che qualche eone fa ha persino fatto direttamente politica, ma, più o meno come molti, senza essere all'altezza. 
I primissimi dati, innanzitutto. 
Ha votato più o meno il 75% degli aventi diritto, 8 punti in meno del 2006 e 5 in meno del 2008. Come dire rispettivamente 3 mln e 2 mln in meno. Non male. 
Abbiamo votato con un legge elettorale del K escogitata da un corpulento indossatore di t-shirt, che è riuscita a consegnarci una camera e un senato temporalmente non sintonizzati. Un abominio.
Ulteriore dato questa volta personale: ho votato per Sinistra, Ecologia e Libertà, ovvero per Vendola, come tutto il resto della mia poco numerosa famiglia. All'occorrenza posso anche spiegare perchè, ma per il momento non lo farò. Sono qui in quanto osservatore, come uno svizzero o un marziano.
I partiti sono andati tutti male. Il PD, che pure ha nominalmente vinto, ha ottenuto alla camera 8.600.000 voti, contro i 12.000.000 del 2008. Un trenta per cento in meno. Il PDL che canta vittoria ha ottenuto alla camera 7.3000.000 voti. Nel 2008 erano stati 13.600.000... Secondo il mio stupido e apolitico calcolatore è un 47% in meno. La Lega è passata da 3.000.000 a 1.300.000. No comment. Il nostro disgraziato Casini è passato da 2.000.000 a 600.000 (-2/3, se non sbaglio). Fini, Di Pietro, Ingroia con la sua lista da circo più tutta una serie di altri importanti o medi capataz rimangono fuori dalle camere. 
E poi c'è Grillo, che ottiene 8.700.000 voti alla Camera. Erano stati 70.000 con la lista "Grilli parlanti" nel 2008. La mia calcolatrice è andata fuori capacità.  
Affermare che "Berlusconi ha tenuto" è come dire che il Titanic non è affondato ma semplicemente è sceso di duemila metri. Gli italiani sono stupidi, incolti, in misura non irrilevante disonesti e casinisti ma non sono del tutto cretini e il Berlusca NON l'hanno rivotato. Certo, ci sono stati 7 mln di idioti tombali che ci sono cascati un'altra volta o che hanno sperato nel condono anch'esso tombale promesso da B, ma il cavaliere conta moooolto meno nel parlamento attuale. E questo non è poco. 




Il vero problema, quello grosso, è: «Come ha fatto la sinistra a lasciarsi scappare come minimo 3 mln di voti e ritrovarsi nella melma come il solito, oltretutto irrisa dai sottopancia del cavaliere?». Bella domanda. 
Personalmente ho votato nelle primarie del PD. Vendola al primo giro e Bersani al secondo. Lo dico con lo stesso stato d'animo con il quale confessai all'età di  sette anni che avevo fregato una ventina di figurine a un coetaneo minorato mentale, ovvero sentendomi un completo idiota. Ma diffidavo - e non ho smesso di farlo - di Matteo Renzi, temevo che saltasse l'alleanza con SEL e così ho fatto un minimo di violenza a me stesso e ho votato per Bersani. Sono stato ricompensato da un Bersani che ha fatto campagna elettorale a base di camomilla e vaselina, giungendo persino a sostenere l'utilità della TAV. Oppercarità. E bene o male sono costretto a rivalutare le rottamazioni a suo tempo proposte dal Renzi. Che fare adesso? 


Un governo serio è impossibile, piaccia o non piaccia. Ma una legge sulle elezioni non vogliamo farla? Una legge meno suinamente idiota come l'attuale non è pensabile con un accordo tra PD SEL e Grillini? E una legge che impedisca a Mr. LatoB di possedere e controllare direttamente più di metà delle TV italiane non è possibile? Non è ragionevole? E mentre ci siamo aggiustare un pochino le cose riducendo il numero di parlamentari e tagliando in modo draconiano stipendi, prebende, rimborsi eccetera fino alle dimensioni dello stipendio di un insegnante, più o meno 2000 euro/mese? 
Ecco, se si riuscissero a fare queste tre cose direi che sono state, nonostante tutto, elezioni utili. Poi bisognerà rivotare, ovviamente, anche perché non penso che passare dall'euro al Tallero bisunto sia una grande idea, ma rivotare con alle spalle un primo passo non sarebbe male.

24.2.13

Le donne serpente e un quartetto di Haydn

 Lo scorso venerdì sera, intorno alle 18.30, davanti a un piccolo affezionato pubblico, anche se a mio parere insufficiente rispetto alla qualità dell'intervento, si è avviato la terza serie di "lezioni" di Franco Pezzini, dedicate alle "donne pericolose", ovvero, come scrive Franco: «Lilith, Medusa, Empusa, Lamia»
Si trattava della lezione introduttiva quindi un primo tentativo di abbozzare una definizione di «Femmina letale» così come appariva nella letteratura e nello spettacolo. Partendo quindi da un'ampia e interessante analisi del romanzo La tana del verme [o del serpente] bianco, ultima e discussa opera di Bram Stoker, e della rappresentazione cinematografica fattane da Ken Russell siamo salpati verso l'esame delle donne/serpente nella tradizione e nella cultura, toccando soggetti disparati come Turandot - figura presentata come "orientale", ovvero una cinese con un cognome chiaramente persiano -, Theda Bara - anagramma di Arab Death [morte araba] e nome originale Theodosia Burr Goodman [sic]- divenuta  prima vamp(ira) della tradizione cinematografica, esempio di «donna dissoluta e tentatrice che si diverte a rendere gli uomini suoi schiavi, sbarazzandosene una volta che si è conquistata la loro devozione», alla Medusa nella sua accezione etnologica di benefica dea dei serpenti, al matriarcato teorizzato da Bachofen fino alla Lamia di John Keats, alla Lilith della tradizione ebraica e ad Aura, figlia dell'imperatore Ming... Quasi tre ore di volo che ci ha felicemente introdotti al tema, tema che sarà ripreso e approfondito venerdì 8 marzo, con l'incontro dedicato a Lilith.
Il prossimo venerdì 1 marzo sarà invece ancora dedicato al Dracula di Stoker e in particolare ai personaggi di Renfield - interpretato tra gli altri da un eccellente Tom Waits nel Dracula di Bram Stoker - e del dottor Seward del manicomio di Carfax Abbey. A guidarci per l'occasione Alessandro Defilippi, psichiatra e scrittore. 



Ma oggi è anche domenica, giorno da più di un anno dedicato alla musica. 
Ed è anche il giorno delle elezioni.  
Così, estraggo volentieri un brano dal doppio CD Joseph Haydn, Meisterwerke zum kennenlernen (Joseph Haydn, Capolavori da conoscere), il secondo movimento del quartetto per l'imperatore, che sono particolarmente contento di presentare, anche perché sono certissimo di fare un piccolo dispetto ai troppi bagonghi che si candidano a guidare l'Italia nei prossimi anni. 
Buon ascolto a tutti!

  

22.2.13

Di nuovo, su ALIA Evolution


Di nuovo, nel senso di «Qualcosa di nuovo» ma anche come «Ancora su ALIA Evolution». Insomma, se avete tempo, voglia, un certo interesse per il fantastico e - più in generale - per i fenomeni culturali, cliccate subito a sx di questo breve post e potrete leggere, intervenire e polemizzare col sottoscritto, per il momento (ma non per sempre) l'unico sostegno del blog ALIA Evolution. 
Ne approfitto per comunicare al popolo tutto che, visto che non ho tutto il tempo del mondo, i miei interventi su ALIA Evolution avranno cadenza settimanale e non saranno, come in questo caso, di tale cospicua portata. Insomma, parlerò del fantastico e dei nostri progetti, ma anche di singoli libri, relazionerò sui miei capricci, sulle passioni temporanee (sto leggendo Lurulu di Jack Vance e penso che ne parlerò presto proprio su ALIA) e su quelle durature. Nulla, viceversa, cambierà per Fronte & Retro dove continuerò a cianciare per chi ha voglia di ascoltarmi. Un abbraccio collettivo e abbiate pazienza per questa probabilmente inutile segnalazione.


21.2.13

Natura morta con libro

Questo non è un racconto fantastico.
Non che sia poi importante, dirlo, ma da uno che normalmente perde tempo e fatica nell'incolonnare righe su misteriose ombre o su un lontano futuro, ci si aspetta più o meno un piatto del giorno non troppo diverso dal solito. 
Non è un racconto fantastico, non ci sono spettri né alieni, ma c'è un tipo di mistero - le bizzarre, imprevedibili contorsioni di una vita altrimenti normale - che non può non interessare anche un autore di fantastico. E un libraio, dal momento che si parla di autori, libri, best-seller e affannose corse a inseguire l'autore del giorno. 
Questo racconto fu pubblicato per la prima volta su LN-LibriNuovi 42 del maggio 2007.   


 
E pensare che l’avevo sempre ritenuto un pirla… non un pirla pericoloso, questo no, un pirla quieto. Uno che ci mette sempre un minuto più degli altri a capire una barzelletta – e che magari te la ripete il giorno dopo, ridacchiando da solo – o che gli dici «vai a prendere questo» e torna con tutt’altro. Cose così. Piccole mancanze di prontezza che, tutte insieme, collaboravano a smascherare la sua pirlaggine.
Eravamo stati in classe insieme per un paio d’anni, gli ultimi due del liceo. Non siamo mai stati amici ma avevamo quella dimestichezza fatta in parti uguali di complicità e d’opportunismo che può svilupparsi tra due compagni di classe.
Gli insegnanti lo trattavano con la degnazione frettolosa e talvolta esasperata o maligna che si concede a un imbecille inopportuno e, in genere, quando veniva strapazzato tutti ridevano. Bastiano (un [Se]-bastiano troncato) non se la prendeva più di tanto. Faceva la faccia smarrita, sul momento, la stessa di quando non capiva una barzelletta o una battuta e probabilmente la cosa che lo faceva stare peggio era il non potersi associare alla risata generale. Alle volte, infatti, avevo l’impressione che sparasse le sue idiozie: «Giovanni Verga ha scritto Mastro Don Gesualdo per sostenere le sue idee… Di chi, Rescaldi, di chi? … Mah… di Mastro Don Gesualdo?» anche per partecipare all’allegria generale e non sentirsi del tutto fesso.

L’ultima volta l’avevo incontrato a una tristissima festa di ex-compagni di scuola. Era stato in quell’occasione che mi aveva regalato un suo libro di poesie.
Vela all’orizzonte, era il titolo e ricordo che faticai a resistere all’impulso di ridere. Si poteva pensare a un titolo più infelicemente, malinconicamente, ovviamente poetico? Probabilmente si trattava di rimasticature di Montale, innocue e idiote come la marina o il paesaggio montano a casa della zia nubile. Del tutto in carattere con il personaggio patetico che incarnava.
C’era anche la dedica: «Ad Alex che sapeva quando era il momento di non ridere». Una dedica curiosamente intelligente, a pensarci bene, che lasciava intuire la possibilità che Bastiano, in realtà, tanto imbecille poi non fosse.
Ma fu un pensiero che mi attraversò la mente per meno di un secondo, tanto breve e rapido che potei permettermi di ignorarlo.
«Grazie, sei stato proprio gentile… (non penserai mica che abbia voglia di leggerlo, verooooo?)»
«No. Mi fa piacere. Sai che ti ho sempre stimato e so che sei un buon lettore. Mi farebbe immensamente piacere avere un tuo parere.»
«È un momento difficile… se avrai un po’ di pazienza… (piuttosto mi taglio le vene, sia chiaro).
«Certo, certo».

Adesso è passato alla prosa.
Il suo ultimo romanzo: Stasera a cena non aspettarmi è primo nella classifica dei libri più venduti da tre mesi filati.
Non l’ho letto, ovviamente. I libri in classifica non m’interessano. Nemmeno gli altri, per la verità, al massimo qualche thriller comprato all’edicola della stazione prima di un viaggio di lavoro.
Ma stasera debbo incontrarlo. Il mio capo – direttore di un’agenzia di servizi editoriali per i quotidiani on line – si è messo in testa che proporlo come tuttologo nella pagina culturale sul web di qualche grosso giornale potrebbe essere una splendida idea. Una cosa fantastica, mai vista. Lui l’ha letto, io no: debbo ammetterlo. «Se era un suo compagno di scuola, Dubini, non avrà nessuna difficoltà a convincerlo». È così che si diventa capi: basta pronunciare regolarmente il mantra «nessuna difficoltà» e tutte le porte si apriranno.
È persino possibile che il mio capo non abbia completamente torto. I pareri su di lui, anche sulle testate non di proprietà del suo editore, erano eccellenti: «Un nuovo formidabile talento… l’autore italiano del nuovo millennio… una miracolosa e personalissima combinazione di scrittura biografica e passione civile… un raffinatissimo giocatore che sa come alzare costantemente la posta e vincere»
Di che cosa parlino i suoi libri non è facile capirlo, leggendo le grida di recensori e articolieri. Ho letto che Stasera a cena… eccetera, parla di mafia internazionale e pedofilia sul web ed è raccontato da un bambino piuttosto morto, e come una simile combinazione lugubre (ma di grande attualità, come no) possa scalare le classifiche e rimanere in vetta per mesi e mesi mi è difficile intuirlo.
Il problema è che per mettere sotto contratto Sebastiano Rescaldi dovrei riuscire a ritrovare il suo maledetto Vela all’orizzonte che ho ficcato chissà dove se non addirittura regalato alla raccolta differenziata. Non posso farmi vedere da Bastiano senza che lui mi chieda – lo immagino allegro, soddisfatto di sé, con quel gestire stancamente studiato tipico degli Autori – se ho poi mai letto e che cosa penso della sua marina di provincia. Il successo può fare miracoli, anche trasformare un patetico imbecille come lui in un specie di genio. Almeno finché resterà famoso.

Cincischiai inutilmente ancora per una mezz’ora tra armadi e cassetti ma dovetti rassegnarmi. Vela all’orizzonte era definitivamente scomparso. Affondato senza lasciar traccia. Non mi restò che cambiarmi e scendere in garage per non arrivare in ritardo al reading.
Mentre guidavo cercai di ricordare qualche particolare di quell’accidenti di silloge, raccolta, componimento, antologia, florilegio, epitome. Nulla. Nulla di nulla. Nemmeno il colore della copertina. Anche quando l’avevo ricevuto mi ero limitato a un’occhiata frettolosa alle prime tre o quattro pagine – c’era un’introduzione di qualche altro fulminato come lui – ed era impossibile cavare qualcosa di più dalla mia memoria.
Anzi, più ci pensavo, più tutti i ricordi di quella serata tra reduci scolorivano e perdevano significato, proprio come un sogno al risveglio.
Pioveva ed erano le sei del pomeriggio. Traffico lento e demenziale.
Tutti i cretini possibili che prendono la macchinuzza per non bagnarsi il coppino. E io non avevo il libro di poesie di Bastiano.
In caso di fiasco il capo mi avrebbe scuoiato e appeso la mia pelle ad asciugare sul balconcino, quello con la bandiera.

Il reading – pubblica lettura, per i comuni mortali – aveva luogo nella sala convegni della maggiore galleria d’arte cittadina. Arrivai con un ritardo non troppo appariscente e mi sedetti nei posti a metà della sala. Bastiano a un certo punto si voltò e io gli feci un cenno con la mano, ma il suo viso rimase immoto e impenetrabile. Non mi aveva riconosciuto o la sua miopia aveva fatto passi da gigante.
Sul palco salì un distinto e sorridente coccodrillo, probabilmente un alto funzionario del commerciale della casa editrice. Fece un breve discorsetto poco originale per lasciare il posto a una fanciulla occhialuta che cominciò a leggere senza alcun preavviso.
Leggeva bene, ma mi parve anche troppo enfatica. A rendere meno letale l’esperienza e a sdrammatizzare le sue pose intense e le sue arcane inquietudini una gonna asimmetrica color polenta abbastanza corta da permettere il balenare delle autoreggenti d’ordinanza e camicetta aperta fino all’attaccatura del seno.
La lettura mi annoiava ma era come l’ultima confessione per il condannato a morte: qualche minuto rubato al destino.
Applausi, cicaleccio, blablaggi, falsi sorrisi, complimenti enfaticamente fuori misura: «Ah, Zolà… ah, Moravia… ah, Bevilacqua… ah, Soldati» e golosa migrazione nella saletta prospiciente, al cospetto degli impenetrabili camerieri stranieri della ditta di catering.
Bastiano era e restava fuori tiro, assediato da parassiti di ogni forma e dimensione. Temporeggiavo senza risolvermi ad alcunché, isolato in un angolo della saletta. Quando ci fu un momento di tregua nell’assalto al povero Autore mi feci coraggio e mi avvicinai.
– Bastiano…
Si tolse gli occhiali dal taschino, li pose a cavallo del naso e mi fissò: – Alex.
– Sono io.
– Mi fa piacere che sia qui anche tu.
Mi parve un po’ impacciato, curiosamente quasi malinconico. Non era ciò che mi attendevo da lui: – Sei contento?
Annuì con un movimento quasi impercettibile: – Potrei non esserlo? Almeno con te…
Professore, professore… – A interromperci una donna: quarant’anni passati da un bel po’ e taglia 42 ormai surclassata da almeno un decennio, ma ancora jeans e ancora felpa e ancora scarpe basse. Quel «professore» le ballava sulla lingua come una proposta oscena, un anticipo d’intimità che nessuno le aveva concesso. Bastiano l’accolse con cortesia incolore, specificò che non era professore di alcunché, firmò una copia del suo libro e accettò in regalo un volumetto dai colori sgargianti: …oh, piccole cose, racconti di gioventù.
Poco alla volta il rito andava terminando. Altre copie firmate, altri spasmodici tentativi di apparire sagaci e divertenti al cospetto di Lui, dello Scrittore.
Fu lui a venirmi a cercare una volta che fummo rimasti pattuglia, tanto da poter vedere i camerieri rilassarsi e scambiarsi qualche parola.
– Non sei venuto qui per il mio libro, non è così?
Il pallore delle unghie denunciava la forza con la quale stava stringendo il libro ricevuto poco prima. Era irritato? Deluso?
Decisi di giocare pulito: – Sono qui per affari, Sebastiano.
– Ah. Prudenza vorrebbe allora… – si voltò verso il coccodrillo del commerciale, intento a massacrare le ultime sbandate tartine poste a difesa di un vassoio già espugnato. Bastiano aprì la bocca ma la richiuse subito scrollando la testa. – No, – mormorò, – vieni, usciamo di qui.
Prese per un corridoio e lo seguii.
Arrivammo a un locale di passaggio dalle pareti interamente in vetro, aperto sulle scale di sicurezza.
– Qui.
All’esterno la pioggia continuava, intercettata dalle luci del giardino poste al livello del marciapiede. C’era un silenzio che è difficile sentire in città.
– Tu non hai mai letto le mie poesie –. Non era una domanda ma un’osservazione.
Ciò che temevo era accaduto ma stranamente non sentii la terra mancarmi sotto i piedi né cominciai a sudare. Mentire era impossibile. – È vero.
Si tolse gli occhiali e guardò il buio torbido oltre i vetri. – Non ha molta importanza… o, almeno, non ne ha più. – Sorrise: – quindi non ti sei mai accorto…
– Accorto di cosa?
C’era qualcosa di irreale in quella conversazione in un acquario fiocamente illuminato dalle luci perdute nell’erba, in basso. Faceva freddo e c’era troppo silenzio.
– Era uno scherzo, un piccolo scherzo, – guardò nella mia direzione. Probabilmente tutto ciò che riusciva a vedere erano poche macchie pallide. – Un piccolo scherzo… – ripeté.
– Io sono venuto per chiederti…
Mi interruppe senza riguardi: – Qual era lo scherzo? Almeno quello lo saprai.
– Non l’ho letto, Bastiano. Te l’ho detto –. Cominciavo a sentirmi irritato. Quel gioco del gatto col topo mi aveva stancato abbastanza da vincere il senso di colpa. – Se vuoi ascoltarmi, adesso…
– Dopo, dopo… – fece un movimento lento e pallido con la mano, che mi ricordò il guizzare del ventre di un pesce nell’acqua torbida. – Dopo ti ascolterò. E firmerò ciò che mi chiederai di firmare. Perché sei qui per un contratto o qualcosa di simile, non è vero?
Quello non era Sebastiano, o perlomeno non era il Sebastiano che avevo creduto di conoscere. Mi venne in mente all’improvviso la dedica sul suo libro di poesia, così poco in tono con il personaggio.
Udii una voce poco lontana: dottor Rescaldi…
– Ti cercano. – Dissi scioccamente.
Immaginai il suo sorriso: – Mi cercano da sempre, ma non mi hanno mai trovato. Nemmeno tu, Alex. Anche se eri meno stupido della media dei nostri compagni. Si è fatto tardi, non c’è più tempo. Anche perché non voglio più parlare di quel libro e di allora. Quel libro… beh lo scherzo è che quel libro non esisteva. Ne ho fatto stampare esattamente le copie che mi servivano. Quelle che ho regalato a voi, i miei amati compagni di scuola. Conteneva una prefazione estremamente idiota e qualche poesia presa a casaccio, ma soltanto nelle prime pagine e nelle ultime. In mezzo cento pagine giuste di nulla, di fogli bianchi. Nessuno di voi se ne è mai accorto. Nessuno, – rise, una risata senza allegria –. L’unica cosa sincera di quel libro erano le dediche. Ma molti non hanno capito neppure quelle… Dio come vi bastava la vostra mediocrità. Ne eravate investiti come di un grado o di un privilegio.
Passò qualche secondo. Avevo freddo, le mani intirizzite, i piedi insensibili incollati al pavimento.
– Andiamo adesso? – mi chiese. – Possiamo andare? – Uscì dalla stanza ed entrò nel corridoio illuminato. Si fermò, indossò di nuovo gli occhiali e sorrise. Era soddisfatto, rilassato. Non aveva più scheletri nell’armadio né conti da regolare. Aveva una voce stranamente dolce, il tono di un padre che si rivolge a un figlio non troppo sveglio quando disse: – Vieni, vieni allora. Andiamo a firmare un ricco contratto.
Rientrammo nella luce e nel calore.
Ci guardarono con curiosità. Immaginarono ci fossimo appartati per concludere qualche accordo. A essere sulle spine il coccodrillo che, esaurite le tartine, aveva cominciato a nutrire sospetti deprimenti di trattative segrete e tradimenti. Tutto normale, insomma. Vita quotidiana.
Come promesso firmò il contratto e mi permise di accompagnarlo a casa. Lo salutai mentre si allontanava curvo sotto la pioggia.
Non lo rividi mai più.

Ritrovai il suo libro di poesia soltanto anni dopo, quando dovetti cedere la casa dove mia madre era morta.
Lo aprii e lo sfogliai.
Risi per la confusione e il sollievo ma sentendo anche una punta di smarrimento, un’imponderabile paura che fino a quel momento avevo provato soltanto guidando in una notte di temporale, circondato da un buio indifferente a me e alla mia esistenza.
Una strana paura che solo lui, Bastiano – il pirla, aveva saputo risvegliare in me.
Non c’erano pagine bianche: il libro era scritto in ogni sua parte.
La prima delle poesie era intitolata: Vela all’orizzonte

 

19.2.13

Quando le elezioni


Quando ci sono le elezioni si vende meno... 
È una sorta di mantra inattaccabile che un tempo i sigg. Rappresentanti, anche noti come "Ispettori Editoriali" ripetevano nei mesi che precedevano le elezioni. Da vero mantra non ammetteva né richiedeva spiegazioni, un po' come un santissimo dogma. La cosa davvero interessante era che effettivamente le vendite diminuivano di un 5-10%, con una caduta particolarmente evidente nella settimana finale. 
Negli ultimi mesi non penso ci sia stato bisogno delle elezioni a coronare un paio d'anni di profonda crisi, ma il problema si è curiosamente riproposto in altri ambiti. E chi, come me, ha una mentalità scientifica, ovvero è un rompiballe curioso come un gatto, non può fare a meno di tirare paralleli e azzardare paragoni.
«Non ci sono più commenti»
«C'è nessuno che voglia intervenire?»
«Pubblichi fior di materiali e non un cane che disturbi a commentare»
C'è una certa "stanchezza" nella blogsfera, un tacere davanti ai post, un fuggire senza lasciar traccia di sé. E la reazione di noi blogger è di leggero allarme. 
Che cosa accade? 
Mica si sono accorti tutti che siamo una mandria di perdigiorno? 
Hanno capito che una volta su due tiriamo a indovinare e una su cinque inventiamo


È facile cadere nella paranoia, finendo per sospettare impossibili agnizioni da parte di un pubblico di lettori ritenuto a ragione o a torto spesso distratto o qualche volta un po' frescone. Non credo che il pubblico si sia improvvisamente risvegliato o che abbia fiutato i nostri volontari o involontari bidoni. Penso che, come si supponeva una volta, le elezioni abbiano saturato il campo visivo di tutti. Le elezioni finiscono per iniettare nel nostro sguardo una frettolosità che normalmente non fa parte del nostro modo di vedere il mondo. Si diventa frettolosi davanti a un post che superi la lunghezza dello schermo, davanti a notizie che in altri tempi avrebbero guadagnato la nostra attenzione, persino davanti a qualche bella ragazza poco o per niente vestita - sono maschio eterosessuale, chiedo scusa - si esita qualche istante meno del solito, come se si avesse fretta di arrivare alla paginona che spara "Berlusconi a Firenze: vi compreremo la macchina nuova"
E quando si arriva sulle notizie del giorno ci si rende conto che in realtà non si cercava nemmeno quelle. Che ciò che ci sarebbe voluto sarebbe stato un: "Berlusconi a Firenze: vi ho sempre preso per i fondelli", seguito da un comunicato con il quale il PdL e i suoi amichetti dichiarano di non partecipare alle elezioni [1].  
Si smania per un nonnulla, in sostanza, per un'impossibilità dichiarata. Che poi, tra l'altro, non è nemmeno il massimo in fatto di democrazia. Avete presente Voltaire, no? 
D'altro canto un'ombra ci accompagna comunque, un'intolleranza che in tempi normali si sarebbe scacciata senza fatica. Un sentimento estraneo che ci spinge a fare le boccacce davanti alla foto di un'anonima coda di pisqua... pardon, di sostenitori del PdL, in attesa di poter assistere alle intemerate del loro idolo.         
Forse non è poi il caso di preoccuparsi della caduta dei commenti. Forse dopo le elezioni si riprenderà con il consueto traffico.  
Forse. 
Sempre che...
No, adesso basta. 
Come era scritto nei bar del secondo dopoguerra «La persona civile non bestemmia» e «Qui non si parla di politica».   



[1] Ovviamente potete inserire ciò che preferite al posto del PdL. Qui abbiamo letto Voltaire. NOI ABBIAMO letto Volt... No, scusate.