30.9.12

Fantascienza o quel che ne resta


Sono appena ritornato dalla montagna.  
Non era una fuga partigiana né un momento di relax, semplicemente dovevo ridipingere - come Tom Sawyer - uno steccato o - meglio - una balconata e un po' di infissi. 
La mia esperienza in proposito era pari più o meno a zero ma la buona volontà non mi mancava. Sono stato su fino a oggi e, come è ormai noto, la connessione in montagna è quello che è. Senza contare che non ho avuto tempo praticamente per fare altro che smontare, cartavetrare, dipingere, rimontare e bestemmiare.
Di umore non proprio eccellente, scrivo qui quel che avevo da dire prima di partire. 
...
Martedì sera sono andato a vedere Prometheus, di Ridley Scott.  Sinceramente, un film che non merita nemmeno poche righe sul blog. Una stracca ripetizione, una minestrina riscaldata di temi già presentati in altri film, un prequel piuttosto confuso del ciclo di Alien, del quale se ne sarebbe comodamente fatto a meno.  Mi ha dispiaciuto vedere Noomi Rapace, costretta in una parte demenziale - la pseudoarcheologa stile Peter Kolosimo - e con una pettinatura assurda, ad arrabattarsi vanamente per rendere in qualche modo credibile un Alien revenant... 

Per non parlare degli alieni in formato neoclassico, o l'androide misteriosamente impegnato in tradimenti incomprensibili.
Se poi ricordo che la sera precedente ho visto un film delirante, M.A.R.K. 13, con Iggy Pop tra gli attori, buon esempio di sf/horror rinunciabilissima, ce n'è abbastanza da rinunciare alla fantascienza per un po'. 
No, sinceramente, potevo anche risparmiare il tempo e impiegare altrimenti i 10 euro, dedicandoli all'acquisto che so... di un Urania.
...
Quest'estate ho comprato e letto un paio di Urania, quello di agosto, L'evoluzione del vuoto /1 di Peter F. Hamilton, e quello di settembre, L'uomo che credeva di essere se stesso di David Ambrose. Il primo l'ho letto (quasi) fino alla fine, mentre il secondo l'ho finito - e regolarmente già dimenticato. 
Ed è così che altre nubi si addensano sul mio amore per la sf. 
Il romanzo di Hamilton l'ho comprato nel nome della buona volontà e della mia immarcescibile fiducia nella fantascienza e nei suoi autori.  L'ho letto nel nome della stessa fedeltà. Solo che, sinceramente, la scarsissima rilevanza dei personaggi, l'oscurità - probabilmente dovuta al mio scarso acume - dell'intreccio e la volontaria o involontaria comicità di talune locuzioni sul tipo: «La sua astronave viaggiava alla velocità di 85 anni luce all'ora», hanno dapprima sabotato e poi inchiodato definitivamente la lettura.
Ho letto alcune recensioni indipendenti in giro per la rete, trovando in più occasioni giudizi e valutazioni non troppo diverse dalle mie, anche se sicuramente meno radicali e più possibiliste. In molti lodavano l'inesauribile fantasia del buon Hamilton, dote che non gli nego minimamente ma che, minata alla base dalla bidimensionalità dei personaggi, finisce per apparire una semplice accumulazione, un gioco di prestigio che non ha molto a che vedere con la realtà (apparente) della vicenda.
«La traduzione, molto dipende dalla traduzione»
Vero, abbastanza vero. Senonché ho controllato lo stile di Hamilton on line e vi ho ritrovato lo stesso incedere frettoloso, lo stesso procedere affannato, come se soffermarsi per qualche istante a sbozzare meglio ambiente e personaggi fosse un insulto alla narrativa. I suoi personaggi girano una dozzina o forse più mondi diversi che nessuno, né il narratore e ancor meno i lettori, sarebbero in grado di distinguere l'uno dall'altro. Nemmeno la benedizione di un cielo di un colore appena un po' diverso dal nostro terrestrissimo azzurro... 
Ma l'insoddisfazione per il (mezzo) romanzo di Hamilton ha suscitato in me altri pensieri. Ho riguardato le recensioni scritte in altri momenti su altri numeri di Urania, recensioni che si possono trovare qui e qui oltre che qui e in una mezza dozzina di altri posti, basta inserire «Urania» come parola chiave in questo blog e in quello di LN-LibriNuovi-out-of-print, e mi sono messo a riflettere. Non anticipo il risultato della riflessione, anche perché non si tratta di una riflessione tanto breve e credo meriti un altro post dedicato. 
Fatto sta che comincio ad averne un po' pieni i corbelli dell'attuale gestione di Urania e soprattutto della politica mondadoriana in proposito. 
Ma non anticipo.  
Per intanto possiamo cominciare ad affollare le edicole, dove uscirà il nuovo Urania con il testo di due promettenti esordienti, uno nato nel 1917, l'altro nel 1919, il cui romanzo era stato originariamente pubblicato nel 1952. Ne riporto i nomi, nel caso non li aveste mai sentiti nominare: A.C. Clarke e F. Pohl.
Quanto al romanzo di David Ambrose, tanto per ritornare alle mie letture, si tratta di un romanzo a suo tempo già pubblicato da Meridiano Zero, editore che, come ognuno sa, non ha molto a che vedere con la sf. 
Quanto al libro, si tratta di un esempio stiracchiato di plot basato sul tema del viaggio temporale e degli universi alternativi. Condotto con discreta abilità fino a tre quarti della sua lunghezza, naufraga in un finale confusissimo, che sono del tutto incapace - oltre non averne la minima voglia - di riportare qui. Si tratta, per la cronaca, di un romanzo originariamente pubblicato 19 anni fa, nel 1993. Inevitabile pensare che all'epoca il libro potesse (forse) apparire in qualche modo «nuovo», ma nell'A.D. 2012, dopo quattro serie di «Fringe», risulta perlomeno superato. 
1993, appunto. 
Q.E.D. 

23.9.12

Quasi tedesco, quasi estinto


L'Yiddish occidentale fu la lingua più diffusa e più parlata tra gli ebrei di Polonia, della Germania, dell'Austria e delle altre aree tedescofone dell'Europa. Prima della Seconda Guerra Mondiale in Polonia c'erano circa due milioni di persone che la parlavano, oggi è quasi estinta.
Lo sterminio di un popolo è anche lo sterminio di una lingua. 
...
L'Yiddish ha un evidente parentela con il tedesco, tanto da essere catalogata come Lingua Germanica. A sentirla cantare viene spontaneo, avendo anche una minima conoscenza del tedesco, cercare (inutilmente) di comprenderla. E sentirla cantare può capitare ascoltando qualcuno dei gruppi che negli ultimi anni hanno recuperato la tradizione musicale yiddish: la musica Klezmer. A cominciare, ovviamente, da Moni Ovadia per giungere a gruppi come i Dire Gelt - trad.: «i soldi dell'affitto». Attualmente la musica Yiddish ha raggiunto una certa popolarità, anche grazie a film come «Scusi dov'è il West» di Robert Aldrich, con le scene finali del matrimonio accompagnate da un'orchestrina klezmer. 
In famiglia la musica klezmer si ascolta rigorosamente in cucina, possibilmente quando fuori fa freddo e il cielo è grigio, a un volume sufficientemente alto. 
Interessante notare come sia praticamente impossibile impedire a mia moglie di danzare e volteggiare ascoltando Freilech o Dire Gelt
Lei sostiene che si tratti di un'influenza genetica, anche se debbo ammettere i miei dubbi in proposito.


...
Il video che presento è del gruppo dei Yiddishkayt ed è dedicato agli ebrei argentini. Inevitabile e davvero curioso l'incontro tra il tango e la musica Klezmer.


21.9.12

Leggere per leggere, scrivere per scrivere


L'e-book e il supporto sul quale leggerlo, il tablet o l'e-reader, sono diventati un elemento di riflessione e di osservazione praticamente quotidiano per chiunque abbia l'abitudine della lettura. Sono apparsi numerosi distributori di e-book e di file leggibili a mezzo e-reader o tablet, l'elenco dei distributori nazionali per gli editori italiani è facilmente raggiungibile da questa pagina. Ma sono apparsi anche distributori internazionali per l'autopubblicazione e l'autodistribuzione dei propri libri, Lulu e Youcanprint sono i primi a venirmi in mente, ma senza dimenticare - e come si potrebbe? - Amazon.it, qui una breve guida per la pubblicazione offerta da e-book reader
Non mancano, infine, i centri di distribuzione autonomi e indipendenti, come Il pub di pub che pubblicizza e distribuisce gratuitamente gli e-book di autori notissimi, liberi dal costo dei diritti d'autore, come di semisconosciuti come il sottoscritto che non li richiedono.
Fin qui tutto bene, parrebbe. Il nostro autore si fa preparare o crea direttamente il suo e-book, magari gli appone anche un prezzo, spesso sostanzialmente irrisorio, avvisa amici e parenti e attende, fiducioso, che finalmente il suo libro venga letto.
Solo che...
No, non corriamo. Gettiamo un'occhiata, piuttosto, a un interessante articolo di Luca Ferrieri apparso sul www.Ilmanifesto.it il 12 settembre u.s. Un articolo dove si avvia una stimolante riflessione sulla diffusione dell'e-book nell'Italia contemporanea. Stimolante in particolare quando Ferrieri parla della self publishing, sottolineando che: «per essere veramente self (e non l'ennesima metamorfosi della vanity press) ha bisogno ancora, e come, di un vero editore alle spalle.».
"Un vero editore alle spalle" significa, verosimilmente, un'assistenza all'autore sotto diversi punti di vista. Sulla forma del testo, innanzitutto, in forma di un editing attento e sensibile, sulla sua organizzazione e sulla presentazione al pubblico in forma elettronica. SBF Stealth scrive a tale proposito: «Ma come in tutte le cose un ePUB può essere fatto bene o fatto male. Se è fatto male il rischio è che l'ebook non sia leggibile, o sia brutto, che fa lo stesso», e che, infine, distribuisca il libro proponendolo sulle librerie on line o sui propri strumenti di diffusione.
Il problema, a questo punto, è quello di capire se merita o meno dedicare una parte dei propri (possibili) incassi a una piattaforma distributiva o se decidere di proporre il proprio testo a un editore, con tutto ciò che questo significa. O se, in definitiva, non conviene puntare a oltranza sull'autopubblicazione e sull'autodistribuzione.  
Il problema vero, probabilmente, è quello di comprendere che il vostro, il mio libro - autopubblicato e autodistribuito - ha elevatissime probabilità di essere letto quasi esclusivamente dai vostri amici e parenti. E magari da qualche amico on line nel caso abbiate un blog. 


Mantenendo i piedi per terra, le possibilità di essere notato da uno scout stipendiato da un vero editore sono pari più o meno a quelle che il nostro sole si trasformi in nova da un momento all'altro. I testi in circolazione, offerti agli editori o meno, sono semplicemente troppi e d'altro canto la qualità testuale e formale di molti dei testi offerti a mezzo e-book - detto per esperienza - è spesso talmente bassa da disincentivare qualsiasi incauto coraggioso [1]. I motivi dell'inflazione di autori e di testi e della scarsa competenza in materia di scrittura sono molti e hanno profonde radici storiche e non mi pare il caso di stare a enumerarli qui. Volendo potremo parlarne in altra occasione.
Diciamo comunque che chi decide di autopubblicarsi e autodistribuirsi sarà condannato con ogni probabilità all'anonimato e all'oscurità, più o meno felice in rapporto alle proprie intenzioni e alla qualità dei propri testi.
Il che è più o meno la mia situazione. 
Esiste un modo per riuscire a farsi notare senza sbattersi ad animare costantemente il proprio blog, la propria pagina su facebook o su Linkedin? 
No, temo proprio di no. 
A meno che... 
Sì, a meno di fare della propria debolezza una forza. 
Cooperare, collaborare, organizzarsi con altri autori per moltiplicare le proprie forze e le proprie energie. Sfruttando con pazienza e umiltà i talenti dispersi on line e proponendo i propri testi con la precisa intenzione di raggranellare critiche, osservazioni, riflessioni. 
E censure, se è necessario e utile. 
In fondo tutti gli autori hanno avuto critiche ingenerose e brutali in gioventù, ma nonostante questo hanno continuato a scrivere.
Mi piacerebbe, e lo scrivo qui prima di ripensarci, che si giungesse a una forma di feconda autopubblicazione coram populi, all'edizione on line di testi in fieri, di frammenti, brani, abbozzi, semplici idee da sottoporre a lettori attenti e dotati di strumenti adeguati di giudizio. 
Lo so, lo so è pesante e difficile - soprattutto per chi è chiamato a fornire un parere - ma potrebbe essere un modo per uscire da una situazione altrimenti bloccata. Un blog di abbozzi, un foglio comune che potrebbe diventare un vero laboratorio di scrittura, un produttore di antologie poliautoriali come di romanzi autoprodotti oltre che un marchio spendibile sul web.
...
Non mi aspetto risposte rapide né soluzioni geniali. 
Non attendo una vita facile né tantomeno di farmi nuovi amici - semmai il contrario, esattamente come non mi aspetto che la sensibilità in tema di narrazione sia ugualmente diffusa o che i gusti letterari possano incontrarsi. È soltanto un'offerta che, con la mia esperienza di libraio, editore e autore propongo a chi mi legge e che sto già, privatamente, conducendo gratuitamente sui testi che mi vengono inviati [2]. 
Non sono il maestro di nessuno e a nessuno posso offrire un futuro radioso, ma mi illudo che parlare di narrativa - altrui e propria - sia uno dei motivi per i quali si riempiono pagine su pagine. Il secondo - o anche il primo - può essere il desiderio di essere notato ed elogiato, ne sono ben conscio, ma per arrivarci bisogna riuscire a scrivere bene, obiettivo che non è facile né a portata di mano. 
Se volete, potete scrivere su questo blog il vostro parere o scrivermi al mio indirizzo e-mail (massimo.citi[at]fastwebnet.it). 
Nella peggiore delle ipotesi potremo continuare a leggere per leggere e a scrivere per scrivere. 
In fondo è già un'ottima cosa. 



[1] Ahem... .come spiegherò in seguito, il mio scopo non è quello di trovare nuovi amici. 
[2] Comunque, e lo dico per chiarezza, è molto probabile che giunga a creare un blog-officina con l'inizio del nuovo anno. Dove raccoglierò i consigli, ma anche i dubbi, i disgusti e le censure dei lettori, casuali o intenzionali, su testi miei e di chi vorrà inviarli e sottoporli al giudizio dei lettori. 
In fondo, da disoccupato quale sono, un'attività qualunque è meglio che far nulla... 


19.9.12

Letture estive. Seconda puntata


Sono più o meno una quindicina di libri. Senza contare i libri letti sull'e-reader. Forse la giusta conclusione per  uno che è rimasto senza lavoro. O forse no, tenendo conto che non ho avuto la solita dose di libri leggiucchiati obliquamente, aprendo la scatola delle novità e mettendo da parte due o tre libri o rubandoli sui tavoli. Curiosamente, comunque, è un esercizio che ho ripreso con le biblioteche di casa, con la scusa apparente e dichiarata di spolverarle e rimetterle in ordine, riscoprendo libri a suo tempo acquistati e poi dimenticati.
I libri dei quali parlerò qui non hanno, in genere, molto di nuovo. Sono stati ripescati nella mia biblioteca personale, acquistati in uno o più remainder's o in edicola, presso una mostra o al Salone del libro. Uno è stato acquistato in libreria, anche se trovarlo non è stato per nulla semplice e uno è stato un regalo dalla mia inimitabile figlia. E un paio mi sono stati inviati in omaggio dall'autrice. 
Un buon pacchetto che mi ha tenuto compagnia tra giugno e agosto e del quale parlo volentieri, anche se mi rendo conto che non sarà facile trovare traccia dei libri qui presentati. 
...
Di China Mieville a suo tempo lessi e apprezzai non poco il suo La città e la città, un ottimo noir ambientato in una/due città davvero molto particolari, tanto particolari da risultare una sfida alla sospensione di incredulità normalmente richiesta al lettore e in particolare al lettore di fantastico. Il suo secondo libro l'ho acquistato in una libreria remainder's di Sestri Levante, titolo: Il treno degli dei, Fanucci 2005, traduzione di Nello Giugliano, titolo originale The Iron Council. Un solido librone di 620 pagine che, anche grazie alle interruzioni, mi ha tenuto impegnato da giugno a metà agosto. Ho scoperto in seguito che si tratta della terza parte della trilogia di Bas-Lag - il che può forse spiegare qualche difficoltà di lettura -, come ho scoperto, anche se non era difficile immaginarlo, che l'ottimo Mieville è un marxista e che ha partecipato, senza successo, alle elezioni del 2001 nel collegio di Londra-Regent's Park/North Kensington per il Partito socialista dei lavoratori. 
China Mieville
Insomma, se non siete solidamente schierati a sinistra, potete anche ignorare questo libro, China Mieville e il mondo di New Crobuzon. Ma se lo fate ci perderete, e non poco. 
«Romanzo corale» è una buona definizione per il libro di Mieville, incredibilmente sospeso tra un West metafisico, abitato da creature e forme di vita - e di non-vita - degne di Dalì o di un Trionfo della Morte fiammingo, e una città dalle mille facce e dalle mille architetture, una Città Definitiva che raccoglie dal passato, come da un malsano futuro possibile, frammenti e parti di storia umana. Un romanzo totale, capace di riunire nelle sue pagine fantasy e sf e lanciarle come dadi sul tavolo della narrazione. Il risultato non è sempre 12, ovviamente, ma Mieville ci va spesso vicino...
Qualche giorno fa mia moglie mi ha chiesto: «Ma la rivoluzione alla fine vince, almeno nel libro di Mieville?» ma l'unica risposta possibile è stata «No. D'altro canto hai mai visto una rivoluzione che vince davvero?».  No, alla fine il Concilio di Ferro rimane per sempre un mito, un sogno, un desiderio, ma anche qualcosa di inestirpabile e di impossibile da sconfiggere. I rinnegati, i libeRifatti paraumani, le cactacee, i wyrman, gli xenotipi, i ribelli del Collettivo sono il fantasma che continua ad aggirarsi per l'Europa, l'attimo fulmineo che accende le città.
Sempre di Mieville sto leggendo Un regno in ombra, titolo originale King Rat, 1998, comico e malefico rifacimento in chiave urbana del Pifferaio di Hamelin. Sono a pagina 248 su 332, abbastanza per dirne due parole ma nulla di più.  
Principe Eugenio di Savoia
Eugenio di Savoia, ritratto di un condottiero 1663-1736, finito di leggere da un paio di giorni, è una biografia storica pubblicata dalla SEI nella sua (antica) collana "Storia", in data novembre 1989. Titolo straesaurito, come tutti gli altri della collana. Ottimo esempio di storiografia di scuola britannica, con un'introduzione non particolarmente legata al testo - incredibile, una volta c'erano anche le introduzioni - dello storico Giuseppe Ricuperati. Una lettura tranquilla e divertente, utile per cercare di rimettere un po' d'ordine nelle mie idee confusissime sulla storia delle guerre di successione combattute e con un personaggio che è uno dei pochi Savoia che meriti ricordare. Notabene: Eugenio di Savoia è stato generale e ministro della guerra per gli Asburgo, vincendo quasi tutto quello che si poteva vincere, e collega del celeberrimo Lord Marlborough. Ha combattuto contro i turchi e contro i francesi durante la guerra di successione spagnola. Secondo Federico il Grande è stato uno dei grandi generali del passato e secondo Napoleone uno dei sette grandi generali di ogni tempo.  E chi sono io per mettermi a discutere con Friedrich der Grosse e Napoleone Bonaparte? 
Sempre sul tema storico l'ottimo La guerra dei trent'anni di Georges Pages, ECIG edizioni. Pubblicato nel 1993, ormai disponibile soltanto presso le biblioteche. Diciamo che se avete sempre desiderato sapere che accidenti faceva il cardinale Richelieu oltre che mettere i bastoni tra le ruote ai moschettieri, questo è il libro che fa per voi. Scritto da un storico francese, ha solo il piccolo difetto di sovraesaminare il comportamento francese anche quando la Francia non partecipava direttamente alla guerra. In ogni caso ho in attesa di lettura Wallenstein di Golo Mann, storico e scrittore tedesco nonché terzo figlio di Thoman Mann, tanto per pareggiare i conti. 
Ancora un paio di libri e poi basta, rimando alla terza puntata. 
Lo potevo fare anch'io di Francesco Bonami, l'ho trovato e comprato presso la Guggenheimvercelli, ovvero la mostra dedicata a Calder, Mondrian e Mirò. Una cinquantina di opere raccolte in un piccolo spazio magico, l'ex chiesa di San Marco a Vercelli. Ottima la mostra, un po' meno il librino. Si tratta di una serie di profili biografici e racconti delle carriere di artisti «discussi» come Koons, Damien Hirst, Christo, Joseph Beuys e molti altri. Certamente interessante, talvolta opinabile ma informato e ricco di piccole note biografiche, anche se è inevitabile girare e rigirare il libretto alla ricerca di qualche illustrazione, anche povera, anche in b/n, anche sfocata, anche lillipuziana. Potrebbe essere logico, pensandoci, che un libretto stampato su carta giallastra e ultraporosa per il prezzo di € 9,50 abbia zero illustrazioni, ma fosse costato 11,50 € e avesse avuto almeno un'immagine a scheda l'avrei comprato ugualmente e ne sarei stato mooolto più contento. Se a questo si aggiunge che in calce il volumetto non ha nessun riferimento web ma soltanto un elenco dei nomi citati, tutto sommato bastevolmente inutile, si ha qui da ammirare l'ennesimo mostro targato Arnoldo Mondadori, un libro di buone intenzioni e di pessima resa. Non ho idea se il signor Francesco Bonami, curatore del Museo di Arte Contemporanea di Chicago, sia stato particolarmente soddisfatto del librino sfornato dalla Mondadori. Probabilmente sì, anche perché non è il suo primo libro. Ma, onestamente, parlare di Rauschenberg o di Warhol senza inserire almeno la riproduzione di una delle loro opere è un esempio di autogol fatto da metà campo. 
Ultimo libro, un piccolo Sellerio del 2002, fuori catalogo e acquistato a metà prezzo, I lampi di agosto di Jorge Ibarguëngoitia, 154 pagine ingoiate di corsa, nel corso di un unico viaggio in treno. Un romanzo scritto in forma di diario personale del generale José Guadalupe Arroyo, scritto perché: «sono stato vituperato, vilipeso e condannato all'ostracismo [...] Serva comunque lo scartafaccio che fa seguito a questa premessa a chiarire certi malintesi, a confondere certi calunniatori, a mettere i puntini sulle i». L'estensore di tali note è l'autore in persona, definito dal generale: «un individuo che si dice scrittore messicano» e che puntualmente seguirà passo passo le folli idiozie, le asinate colossali, i clamorosi abbagli, gli errori, le vigliaccherie e le piccole meschinità di un alto ufficiale messicano nel corso dell'ultima fase della rivoluzione messicana, 1927-28. Ricordo che in più occasioni fui costretto a fingere attacchi di tosse o a nascondermi nella ritirata per non suscitare troppa curiosità nei miei compagni di scompartimento, sempre più incuriositi da un viaggiatore apparentemente fin troppo allegro. Un piccolo, grande libro che, a parte i divertentissimi lunghi interventi del generale letterario, sempre ansioso di dimostrare il proprio coraggio e la vigliaccheria dei suoi ex-compagni, riesce comunque a narrare con raffinata ed estrema precisione un momento di storia messicana che risulta per noi poco e malamente nota soltanto grazie a qualche film. Da non perdere, si può trovare su IBS a 3,60 €.
Arrivederci alla prossima puntata. 

16.9.12

Testa di radio!


Ci è voluto un pochino ma alla fine ci sono arrivato. Un pochino soprattutto perché non era per nulla facile scegliere un brano e tuttora non sono troppo convinto del risultato ottenuto. 
No, non sto parlando di Mozart - anche se non escludo di arrivarci, un giorno o l'altro - ma dei Radiohead, band inglese nata nel 1985 e tuttora attiva. 
Il brano scelto è tratto dall'album Kid A ed è un'esecuzione acustica al pianoforte di Thom Yorke di Everything at the right place.
...
Ho una passione per i Radiohead che sembra non voler finire, per quanto gli anni passino e non tutti i loro pezzi mi piacciano allo stesso modo. Possiedo quasi tutti i loro dischi, da The Bends (1995) fino a The kings of limb (2009) e ognuno di loro meriterebbe un discorso a sé. Come un discorso a sé meriterebbero Thom Yorke, voce e tastiera dei Radiohead e Johnny Greenwood, chitarrista e compositore. Tanto per non farmi mancare nulla mi sono infatti a suo tempo procurato il CD solista di Thom Yorke, Eraser.  
Sulla musica dei Radiohead temo di non poter dire nulla di serio e di preciso. Diciamo che sono stati tra i gruppi che hanno segnato più profondamente il sound degli ultimi vent'anni. Il rock, la musica elettronica, l'Hip-hop, il krautrock, la classica contemporanea hanno lasciato il loro segno sulla musica dei Radiohead, a chi li ascolta riconoscere ciascuno dei contributi...




15.9.12

Domande e risposte


Eccoci qua, dopo il lungo (primo) intervento dedicato alle letture estive, ritorno sul posto per rispondere alle domande postemi da Salomon Xeno e da Lady Simmons. Domande  frivolissime, sul tipo "qual è l'indumento più ridicolo che hai?" 0 "che cosa pensi di chi guida a sinistra?" o chiaramente malevole del genere: "Cheesecake o pizza?" o "Credi nel soprannaturale?". 
No, a parte tutto, va bene che vi ho inflitto una domanda sulle isole Curili, ma vi sembrava il caso?
In ogni caso, ecco qui le risposte: 


Domande di Lady Simmons:

1. Quale canzone ti costringe a cantare ad occhi chiusi e con sentimento qualsiasi cosa accada attorno a te?

Cercherò di rimanere serio e voi fate lo stesso. La prima risposta che mi viene in mente è «Nearer my God to Thee» eseguito nelle scene finali del «Titanic» di Jean Negulesco. Il secondo è «Geordie» eseguita da Fabrizio De André. O, ancora, «Foggy Dew» nell'esecuzione di Alan Stivell o «The trees grow high» eseguita da Angelo Branduardi. Ognuno ha i suoi difetti.
  
2. Cheesecake o Pizza?

Pizza, senza nemmeno riflettere. 

3. Se ti pagassero 10.000 euro lo mangeresti un piatto di scarafaggi vivi?


Diecimila sono davvero poco. In ogni caso dovrei riflettere a lungo, ricordando che in fondo si tratta sempre di proteine, per quanto un po' troppo mobili per i miei gusti. Infine rifiuterei, appellandomi ai miei gusti essenzialmente vegetariani. 

4. In quale famosa rock band anni 70 suoneresti tornando indietro nel tempo?


Van der Graaf Generator, al posto di Dave Jackson. O Audience, al posto di Keith Gemmell. 

5. Un oggetto che conservi dai tempi del liceo?

Il mio flauto traverso - o più probabilmente ottavino - da 11.000 lit., regalatomi in prima liceo o forse anche prima. Un orrore di strumento dal quale era possibile cavare soltanto fischi e qualche volta poche note molto "sporche", ma che - incredibilmente - ha contribuito a spingermi verso la musica. 

6. Una cosa di te stesso/A che non ti piace?

Molte. La peggiore, probabilmente, è la mia fragilità davanti alle critiche. Seguita a ruota dalla mia assoluta incapacità di nascondere le emozioni. 
 
8. L'indumento più ridicolo che hai?

Avevo da bambino una giacca da Yachtman con tanto di scudo cucito sulla tasca anteriore. Il massimo dei minimi. Attualmente CREDO di non avere indumenti ridicoli. Ma posso benissimo sbagliarmi. 

9. Nel film sulla tua vita chi sarebbe te stesso?



Spencer Tracy, senza alcun dubbio. Se non sapete chi è, pazienza. In alternativa Viggo Mortensen in «Capitan Alatriste».  

 
10.Dovendo essere una creatura della notte/horror, cosa saresti?

 L'uomo invisibile. 
 
11.Devi vestirti per carnevale. Quale superoe scegli?

Di nuovo, l'uomo invisibile prima di diventare invisibile. 



Domande di Salomon Xeno

1) Ritieni sia moralmente accettabile eliminare un'altra specie, diciamo le zanzare?

No. Se fossi un membro intelligente di un'altra specie - un delfino, un Urangutan o una balena -  indicherei per lo sterminio la specie Homo Sapiens, con tutta evidenza la specie più pericolosa per il bene del pianeta. 

2) Pensi che la lingua italiana sia sessista? Se sì, pensi che esistano lingue che non discriminino?

Né più né meno di altre. Il sessismo è una modulazione o un'aberrazione comportamentale nata da una separazione dei ruoli. Ragionevolmente con il mutare dei rispettivi ruoli finiranno per modificarsi anche le strutture linguistiche. Questo comporta, ovviamente, che esistano lingue meno sessiste, almeno se proviamo a pensare a società dove la separazione dei ruoli è meno accentuata o dove le condizioni di vita la impongono.
 
3) Affidereste una decisione importante a dadi/monete/generatori vari di numeri pseudocasuali?

Sono affascinato dall'idea, correre l'alea è una modo sublime di ridere della morte, ma temo proprio che non lo farei. Non lo faccio neppure per la vita dei miei personaggi.
 
4) Prendete posizione: Edison o Tesla?

Edison era un individuo abile e intelligente ma anche avido e meschino, Tesla era un genio immigrato che ebbe la ventura di tagliargli la strada e dovette battersi per tutta la vita contro le manovre di Edison. Non esistono dubbi in proposito, anche se, come nei film, si fa il tifo per la vittima ma si ubbidisce al carnefice. 

5) Compagnia delle Indie Orientali o CdI Occidentali?

La padella o la brace? La prima, ma solo perché indirettamente diede da vivere a Salgari. 
 
6) Cosa pensi di chi guida a sinistra? E di chi utilizza apparecchi a 60 Hz?

Curiose abitudini ereditate da una storia o da un diverso tipo di sviluppo. Non ne penso nulla, mi adeguo, nel caso.

7) Cosa ne pensi del proibizionismo?

Un modo eccellente per rendere affascinante un prodotto normale. Più o meno come VI: non commettere atti impuri.
 
8) Sei prevenuto sulla cucina di altri continenti?

Chi, io? Se mi dispiaccio da tempo che Marte non sia abitato perché non esiste una cucina locale.

9) Credi nel soprannaturale?


Ci credevo più o meno tra gli undici e quindici anni. Poi è successo qualcosa, non so se dentro di me o nell'universo paranormale e ora non riesco a rimanere serio sentendo parlare di apparizioni e presenze. Il soprannaturale che frequento tuttora è interamente letterario, sia leggendo che scrivendo. 


10) Pensi che il lavoro sia importante per la tua vita, anche se potessi tranquillamente vivere da mantenuto?

Penso sia importante avere una passione, un'aspirazione, un'attività. Se queste sono il tuo lavoro, fortunato te. Altrimenti, se riesci, vivi da mantenuto e dedicati alle tue passioni.
 
11) Temi tu la mort... ehm... i grandi sconvolgimenti della vita? 

La morte mi spaventa, ovviamente, come tutti i viventi. Più che altro perché sono certo di perdere prima gradualmente e infine definitivamente il mio Io. Perdita parziale che comunque può avvenire anche con un'emigrazione forzata, una persecuzione, un'accusa non provata... avete presente il Sig. K?  

... E con questo penso di aver finito... 

...It's all over now, baby blue.


13.9.12

Letture estive. Prima puntata


Lo so, c'è ancora una serie di risposte di Salomon Xeno nell'ambito del Liebster Award alle quali tocca rispondere, ma non posso rimandare oltre. Le risposte a SX - ed eventualmente a chi sarà tanto impetuoso da tirarmi di nuovo in ballo - sarò ben contento di postarle al prossimo giro. 
Non è che abbia fretta né che ritenga particolarmente significativo raccontare come ho impiegato parte del mio tempo nell'estate ormai semidefunta, ma mettere un punto fermo alle mie letture e provare a riflettere sulle mie scelte mi sembra piuttosto importante. Per me, ovviamente, ma forse non solo.  Sarà necessario un paio di post o forse di più per esaurire i libri letti. Per il momento partiamo con la prima puntata.
...
Prima di tutto, comunque, libererò il campo da un paio di minuzie. Non si tratta di recensioni, innanzi tutto, ma semplicemente di sensazioni e brevissimi rapporti. Le recensioni - più o meno belle e complete - le scrivo per la rivista con la quale collaboro, LN-LibriNuovi Out-of-print. Le riflessioni disordinate che presento qui sono uno stadio precedente e non obbligato alla stesura di una vera e propria recensione. In secondo luogo le mie impressioni non riguardano libri attuali o regolarmente in commercio. La mia attuale condizione di ex-libraio mi rende, da un certo punto di vista, molto libero di procurarmi le mie letture dove capita e non necessariamente in libreria. Tutto ciò detto, posso iniziare. 



Comincerò con un quintetto di romanzi non in commercio e per me assolutamente anonimi, ma che ho letto in qualità di giurato per il concorso di Alga. Il mio giudizio in forma di voto l'ho già dato e non mi sembra serio né opportuno presentarlo qui. 
Un pochino più interessante riflettere un attimo sul loro valore in quanto testimonianza di una narratività diffusa sotto il livello della visibilità. E qui il problema si fa davvero complesso. Dei cinque romanzi, due erano pressoché illeggibili per gravi limiti nell'organizzazione del testo. Nel primo quasi ogni evento veniva raccontato a posteriori in forma di discorso indiretto: «E così F scoprì che Z era un agente di X e decise di eliminarlo, anche se si rendeva conto che... così lo attese ai piedi delle scale e...», interessante quanto un documentario anni '50 girato al rallentatore; il secondo per una rabbia sintetica diffusa lungo l'intero testo, tanto attentamente condotta da cancellare completamente il piacere della lettura. Questo senza contare la costante e pressante presenza del ricatto ideologico: «Se non sei d'accordo con queste righe è perché sei un porco maschilista, stupratore e sessualmente miserabile». Ho finito il romanzo scoprendo l'abilità problematica dell'autore (in forma impersonale) che nelle ultime dieci pagine rovescia il gioco condotto fino a quel momento, presentando la femmina oppressa e vicina alla follia in forma di assassina seriale. Ho provato il desiderio catartico di far volare il volume dalla finestra, ma mi sono trattenuto dal momento che ho condotto la lettura su un e-reader. «Abilità problematica» è il minimo che si possa dire un testo condotto come la sceneggiatura di un CSI particolarmente fuori di testa, con la protagonista-vittima che alla fine si presenta in forma di omicida. Come minimo si potrebbe obiettare che c'è una profonda incoerenza nella descrizione del personaggio, ma sospetto che questo fosse, secondo l'autore, un pregio del suo romanzo. In sostanza illeggibile, ma ahimé soltanto a posteriori. 
Altrettanto illeggibile anche se per motivi diversi un romanzo di sf, sottogenere distopia. Del romanzo non parlerò, anche perché si tratta del solito testo dove un popolo oppresso da un futuribile potere oscuro e malefico non riesce a sollevare la testa, ma soltanto per ricordare che il romanzo, ambientato nel 5000 e passa d.c. inizia con il protagonista che si alza dal un letto e si fa un caffé, più o meno come il sottoscritto nel 2012 d.c. Curioso, non è vero, come chi ambienta un romanzo nel futuro non riesca nemmeno a ricordarsi come suo nonno, meno di un secolo fa, conduceva una vita molto diversa dalla sua. E pensare che sarebbe bastato non scrivere in mezzo alla pagina, grassetto, corpo 18: anno 5.372. Non che questo avrebbe migliorato granché il romanzo, ma perlomeno non l'avrebbe reso ridicolo. 
Gli ultimi due romanzi erano leggibili con gusto e non senza una punta di divertimento e in qualche momento persino con un'inizio di passione. Solo che... No, non è che sto facendo il rompipippe a gogò, né che il mio SuperIo mi abbia preso la mano, ma tutti e due, seppure in modo diverso, sono risultati alla fin fine deludenti. Il primo, un giallo ambientato nella provincia italiana fine '800 - inizio '900, conduce egregiamente la vicenda per un centinaio di pagine tranne poi crollare malamente nel finale. Personalmente non scrivo gialli ma immagino che non si possa scrivere un centinaio di pagine senza creare ombre, avanzare sospetti, mettere a fuoco comportamenti equivoci. Scegliere di ignorare la struttura profonda del poliziesco per tratteggiare bozzetti anche dotati di un certo gusto risulta un autogol quando il lettore comincia a sbuffare chiedendosi: «Sì, carino, va bene, ma te lo ricordi che c'è un morto stecchito e un assassino a spasso?»
La conclusione consegna sì alla giustizia un colpevole, anzi quasi due, ma lascia un po' delusi  e un po' irritati per aver preso il libro nel verso sbagliato. Personalmente avrei organizzato il testo molto diversamente, magari eliminando il presunto «mistero», presentando la soluzione molto presto, in modo da potermi dedicare senza patemi d'animo al racconto della vita di provincia nell'Italietta dell'epoca. Così, senza voler scegliere tra Marco Malvaldi e Leonardo Sciascia, si rischia il corto circuito. 



Ultimo, un ottimo romanzo... fino a pagina 50. Dopodiché il buio. 
Abbiamo tutti in mente, credo, l'auto-romanzo, ovvero il romanzo dove l'autore e le parole giocano in primo piano, direttamente. Dove l'autore scrive «Era una notte buia e tempestosa» e un attimo dopo scrive: «Oltretutto mi è anche andata via la luce». O dove scrive: «Non avrebbe voluto uscire quella sera di neve e freddo», salvo aggiungere, «se non fosse che, essendo il personaggio di un romanzo, non rischiava nemmeno un raffreddore». Un genere di romanzo dove il testo è letteralmente il «gioco» di chi scrive e non c'è parola che non si presti ad essere rivoltata e giocata contro o favore del protagonista - a questo punto un comprimario - o il lettore. Un gioco raffinato, complesso e non facile, dove la sorpresa e il metatesto giocano da protagonisti. E l'autore di questo romanzo - autorappresentandosi in un protagonista comicamente vile e confuso - riesce a «giocare» nel primo lungo episodio per poi scomparire bruscamente dal testo, lasciandoci in balia di giochi di parole piuttosto ovvi e lunghissime, interminabili arrampicate sugli specchi. Una grossa delusione, innegabilmente, probabilmente dovuta alla necessità autoriale di aggiungere pagine su pagine alla piccola ma breve gemma, pur di raggiungere dimensioni ragionevoli.
...
Cinque romanzi letti e nessuno promosso. 
Ohibò, ma chi c... ti credi di essere? 
Beh, non sono il solo lettore e posso immaginare senza difficoltà che ad altri uno o tutti e due gli ultimo romanzi presentati siano piaciuti tanto da promuoverli. Io non mi opporrò. Basta dare una scorsa agli ultimi titoli presentati dai grandi editori per rendersi conto che c'è di moooolto peggio. 
Tuttavia una debole sensazione di allarme non mi vuole abbandonare. Se questo è il genere di narrativa che viaggia sotto il pelo di una (relativa) notorietà, c'è motivo di preoccuparsi. Per il livello della lingua, in più occasioni maltrattata a un livello da traduttorese maldigerito o elevata a protagonista, ma declinata in forme sottilmente irridenti o desuete. E per l'organizzazione del testo, il più delle volte massacrato da una concezione troppo "personale" del romanzo, dove viene richiesta al lettore un'attenzione eccessiva, da autocaricatura da vignetta del lettore-tipo. 


...
Ultimissimo spazio per un romanzo che non ho letto. 
«E che cosa ne parli a fare?»
Ecco, una volta detto di che cosa si tratta capirete il perché di questa non-lettura. 
Il romanzo in oggetto è il celeberrimo Cinquanta sfumature di grigio, autore E.L. James, primo volume dell'ancor più celeberrima trilogia. Del romanzo, in versione elettronica e procurato in maniera non del tutto legale, ho letto le prime 5 pagine all'inizio, le ultime 10 pagine alla fine e un po' di pagine qua e là. Quale ne sia stata la sensazione lo avrete immagino già capito. Sono un maschio fin troppo adulto e non ho nessuna prevenzione alla lettura di romanzi erotici. In vita mia ho già letto Justine di D.A.F. De Sade, Histoire d'O di Pauline Reage - veri capolavori letterari al confronto della minestrina adulterata di E.L. James - oltre a un certo numero di altri romanzi a metà tra l'erotico e il semplice pornografico, recensendoli, ovviamente sotto pseudonimo, per una rivista letteraria. Ecco, le famose 50 sfumature mi è semplicemente parso un elefantiaco romanzetto «rosa» scritto senza genio né fantasia e per giunta steso maluccio, come se l'editing fosse un'optional o un'oscura pratica magica. Indimenticabile la frase: 

«Mi viene la pelle d’oca, ogni singolo follicolo del mio corpo si mette in allerta e il mondo mi scivola via da sotto i piedi, lasciando un immenso abisso spalancato in cui posso solo precipitare.»

Ditelo: avete sempre sognato di scrivere «ogni singolo follicolo», ma non avete osato pensando che l'editor ve l'avrebbe cassato. Ecco, adesso, dopo E.L. James potrete finalmente regalare un sentimento anche ai vostri annessi cutanei e persino alle vostre interiora. 
...
L'ho già scritto e lo riscrivo, nel caso fosse passato inosservato. La pubblicazione con tanto risalto e tale battage pubblicitario della trilogia di E.L. James è la dimostrazione palese della profondissima crisi dell'editoria contemporanea, ridotta a pubblicare un collezione Harmony fuori misura con una puntina di erotismo seriale da catalogo commerciale BDSM, nella speranza di accalappiare le lettrici, l'ultimo bastione dell'editoria libraria.  Le lettrici l'hanno comprato, per carità, ma sarà difficile intortarle un'altra volta...

Alla prossima!


P.S.: tengo a chiarire che non ho nulla contro i romanzi "rosa". Ne ho letti diversi all'età di 14-15 anni. Erano di proprietà della mamma e non avevo nient'altro da leggere sotto mano. E di qualcuno sono tuttora in grado di raccontare trama e intreccio, oltre ad avere un'apparente inspiegabile simpatia per alcune autrici anni '50.

12.9.12

Amatissimo o quasi


Come dire, uno ha in mente uno o due post, poi una gentile creatura di nome Romina Tamerici lo coinvolge in un giochino dal nome unno-britannico, Liebster Award (trad: amatissimo premio), e deve affrettarsi a rispondere. 
Lo so, potrei ringraziare caramente e passare la mano, ma nonostante i tentativi di nasconderlo sono un dannato narciso e non resisto alla tentazione di parlare un po' di me. In fondo un blog è proprio questo: un modo complicato e involuto di mettersi in vista, sperando di essere notato. 
Bene, dopo questi cinque minuti di franchezza posso passare al gioco e alla sua organizzazione:  

1. Ogni persona deve postare 11 informazioni su se stessa.
 
2. Rispondere alle 11 domande stabilite dalla persona che le ha dato il premio.

3. Creare 11 domande per le persone a cui si darà a sua volta il premio.
 
4. Scegliere 11 persone da premiare e inviare loro un link al tuo post.
 
5. Andare al loro blog e informarli.

Queste le regole alle quali, inevitabilmente, mi adeguerò. 
Comincerò dalle 11 info su me stesso. 

1. Sono un ex-libraio. Questa non è una novità per coloro che seguono il blog, ma lo dico per eventuali nuovi passanti.

2. Sono un'allodola, nel senso che cado stecchito a dormire al massimo entro mezzanotte e alle 6.00 - 6.30 mi sveglio. Non mi alzo subito, anche perché la mia povera moglie funziona in maniera inversa alla mia, ma mi giro e mi rigiro finchè alle 7.00 al massimo non riesco (finalmente) ad alzarmi. 

3. Sono un dannatissimo perfezionista. "Strano, a leggere quello che scrivi non l'avrei detto", sussurra il mio SuperIo. Ecco, questo mi porta al punto:

4. Convivo con un SuperIo terrificante che non mi lascia esprimere e si fa beffe di me. Voi non avete idea di che cosa scriverei se solo quel maledetto costrutto mentale non...

5. Scrivo. Anche questo lo sanno in molti. In molti tra quelli che frequentano il blog, ovviamente. Come numero di lettori sono compreso tra i sedici lettori manzoniani e infinito. Mai porre limiti alla Provvidenza...

6. ...Che cosa parlo di provvidenza, poi, se sono ateo dall'età di undici anni? Più o meno dall'età nella quale il prete della parrocchia sotto casa aveva iniziato a organizzare veglie di preghiera contro la guerra in Vietnam. Io odiavo le veglie di preghiera pur essendo contrario alla guerra in Vietnam. Preso da un contrasto insanabile decisi di essere ateo per avere una buona scusa con gli amici per non partecipare. Potenza della coerenza, sono diventato ateo davvero. 

7. Ma anche agnostico. Non ho mai deciso se presentarmi come Ateo o come Agnostico. In ogni caso il mio agnosticismo nasce dalla comprensione, venuta leggendo libri di fisica divulgativa, delle vere dimensioni dell'universo e della possibilità quantistica dell'esistenza di infiniti universi. Infinito x Infinito... Diventa arduo farci entrare Gessù Bìmbino e noialtri fatti a immagine e somiglianza. 

8.  Sono un comunista. Opperbacco. Di quelli che spaventano Berlusconi. Un comunista complicato, depresso e disperato che non ha mai creduto nella dittatura del proletariato, che non ha mai avuto stima per il comunismo russo e cinese, che tende a pensare che dopo ogni rivoluzione verrà il tempo della normalizzazione, delle purghe, della caccia alle streghe. Sono un comunista anarchico o un anarchico comunista. Un anarcomunista deluso. Ma convinto che Marx avesse al 90% ragione e che il mondo che ha descritto è proprio quello nel quale viviamo. 

9. Sono un cosmologo fallito, come tanti altri. E un astronauta in panchina Il mio sogno sarebbe stato quello di vedere altri mondi. Anche soltanto Marte, via. Ma non avrò il tempo. Sicché mi accontento di raccontarli, gli altri mondi. Scrivo sf e non me ne vergogno.

10. Sono un padre. E un marito. Nulla di eccezionale né in una cosa né nell'altra. Stare al mondo per molti anni mi ha però permesso di capire che non si finisce mai di imparare. E io cerco di imparare. 

11. Non che ci tenga a ricordarlo, ma sono andato a un pelo dal lasciarci la pelle per una stupidissima emorragia cerebrale. Non credo di essere diventato più saggio per questo, anche se ho notato una certa tendenza ad affrettarmi in tutte lo cose che faccio.

Fine dell'autopresentazione. Passo ora a rispondere alle domande: 

1.  Puoi parlare per pochi minuti con il tuo scrittore (o la tua scrittrice) preferito che cosa gli (le) dici?

Cerco di non fare subito la figura del pirlotto facendo domande del tipo: "Come ti vengono certe idee?". In realtà temo che mi limiterei a sorridergli e gli chiederei un autografo sul suo libro. La scrittura è un fenomeno troppo complicato per essere spiegato in pochi minuti e della sua vita privata me ne importa meno di zero. 

2. Quando scrivi a cosa non puoi rinunciare?

A un pc. O a un quaderno e una penna. O al mio cervello, in mancanza d'altro. Poi tutto il resto - quiete, una buona vista dalla finestra, della buona musica - sono benvenuti ma non strettamente necessari

3. Cosa fai fatica a sopportare nelle persone che hai intorno?

Quello che non sopporto di me stesso. La capacità di mentire a se stessi, innanzi tutto. Poi la tendenza ad autocommiserarsi e a lamentarsi. In generale tutti i tentativi di accreditare un'immagine falsa di se stessi. Appunto, ciò che il mio SuperIo non accetta nemmeno da me. 

4. Come reagisci quando ricevi un complimento?

Mi vien voglia di scappare. Ringrazio freddamente e in genere faccio la figura del pirlazzo che se la tira. 

5. Come reagisci quando ricevi una critica?

Dipende. Partendo costantemente dal punto di vista di avere un sacco di difetti e constatando che qualcuno se n'è accorto, faccio una faccia di circostanza e prometto di emendarmi. Nel caso che la critica sia abbondantemente fuori bersaglio ringrazio e ignoro.

 6. Che cosa sa regalarti una sorriso quando avresti solo voglia di piangere?

Un'osservazione incongrua, del tipo: «Mah, io ho visto anche funerali più affollati» detto da una zia semisconosciuta. 

7. Qual è la prima cosa a cui pensi all'inizio di una giornata? 

 Ahimé, alle cose che stabilito di fare il giorno precedente. E al fatto che 1) non me la sento di farle, 2) che devo farle ugualmente.

8. Qual è l'ultima cosa che pensi prima di addormentarti?

Tutto dipende dal libro che stavo leggendo prima di dormire. Che non doveva essere poi così bello massacrare i turchi o che la protagonista non l'avrei baciata nemmeno dietro pagamento o che i vettori, tutto sommato, non li avevo capiti nemmeno al liceo.

9. Cita un proverbio che ti piace particolarmente e racconta perché ti sembra o non ti sembra veritiero. 

"Chi dorme non piglia pesci". Mio padre me lo ripeteva - a vuoto, visto che in genere mi alzavo mezz'ora prima di lui - come la quintessenza della saggezza popolare. Ovviamente si tratta di una cavolata pazzesca, tanto più tenendo conto delle soluzioni che il nostro cervello, riposando, riesce a produrre. Chi dorme non, eccetera, mi sembra più intelligente.

10. Ricordi una frase della tua maestra o del tuo maestro della scuola primaria (ex elementari) o di altri ordini di studio che ti è rimasta dentro in modo positivo? 

I miei  maestri delle elementari erano: 
la prima una democrista potentemente razzista che ce l'aveva con i profughi jugoslavi (ho fatto i primi due anni di elementari a Trieste) e in generale con i meridionali e i poveretti, 
il secondo un fascista non pentito ma disgraziatissimo, con un figlio epilettico e una moglie gravemente depressa. 
Di entrambi non avevo grande stima. Sinceramente non riesco a ricordare assolutamente nulla che meriti di  essere ricordato. Al massimo la virilità ostentata e disperata del mio povero maestro. 

11. Ricordi una frase della tua maestra o del tuo maestro della scuola primaria (ex elementari) o di altri ordini di studio che ti è rimasta dentro in modo negativo? 

Non una frase ma una situazione. Un compagno di scuola della prima elementare che, per dirla con necessaria leggerezza, si era "sporcato". La maestra lo umiliò e gli impedì di andare a lavarsi, obbligandoci a rimanere nella stessa stanza con lui. L'odore pesante, la perfidia un po' ovvia dei compagni, la disperazione senza parole del povero compagno mi fanno star male ancora adesso. 


...

Penultima parte del mio compito: inventare 11 domande da sottoporre agli 11 malcapitati che sceglierò. 
Undici, primo numero primo a due cifre, nonché anniversario dell'attacco alle Due Torri. Diciamo che partirò da questo: 

1) Ricordi cosa stavi facendo nel momento della comunicazione dell'attacco alle due torri, l'11 settembre 2001? 

2)  Se disponessi di una macchina del tempo ritorneresti indietro al 10.9.2001 per cercare di impedire l'attacco? O temeresti una possibile perturbazione temporale?

3) Pensi che il presidente Bush jr. te ne sarebbe grato, sempre ammesso che dopo il tuo intervento ci fosse tuttora Bush come presidente?

4) Credi che entro una cinquantina d'anni esisteranno cantieri e miniere nella fascia degli asteroidi compresa tra Marte e Giove?

5) Pensi sinceramente che il governo Giapponese contemporaneo abbia ragione a chiedere indietro le isole Curili ai russi e che il dissidio rischi di provocare una guerra? 

6) Sai, senza consultare Wikipedia, dove sono le isole Curili? Non vale rispondere: «Vicino al Giappone».

7) In generale come ritieni la tua cultura in campo geografico? 

8) Hai qualcuno con il quale passeresti un anno intero su un'isola deserta o preferiresti passarlo da solo? 

9) Hai un cane o un gatto o entrambi? 

10) Se li hai o li hai avuti entrambi, pensi che il gatto sia più furbo ma che il cane sia più buono? 

11) Pensi di essere più furbo o più buono? 

Undici domande passabilmente deliranti. 
Adesso si tratta di scegliere i candidati a una risposta, tenendo conto che non ho molti candidati nella mia rosa. Non giro molto via internet e tendo a seguire pochi blog. Di questi non pochi non fanno riferimento a una sola persona o sono gestiti da persone non disponibili a rispondere. Quindi diciamo che indicherò 11 candidati basandomi unicamente sulla simpatia e sulla stima personale e li avviserò, ma senza sperare troppo che rispondano e tenendo conto che non pochi di loro sono già stati cooptati da altri...

1) Il blog di Vittorio Catani
2) Strategie Evolutive, il blog di Davide Mana 
3) Simmons Cottage, il blog di Lady Simmons
4) Stretto in un angolo, blog di Gloutchov
5) Nocturnia, il blog di Nicola Parisi
6) Anaconda anoressica, blog di Consolata Lanza
7) Il blog di Romina Tamerici 
8) Esercizi di dubbio, il blog di Silvia Treves
9) Korokoro di Orlando
10) Argonauta Xeno di Salomon Xeno
11) Reclusioni di corpi di menti di Marilde