26.3.09

Camminare zoppicando...


Ci dovevo arrivare, prima o poi.
...
Panico nel pubblico.
...
No, calma.
A parlare di cosa mi è capitato dopo l'ictus (leggero) che mi ha colpito l'estate scorsa.
A parlare, in particolare, di cosa è accaduto alla mia passione per la scrittura.
Andiamo in ordine, più o meno.
Il primo problema, banale ma reale, è che mia mano sinistra non funziona più troppo bene.
È più debole, imprecisa, si stanca molto presto. Io ho sempre battuto con 5-6 dita, delle quali tre appartenevano alla mano sinistra. Adesso se tento di scrivere attaccapanni mi viene quasi sempre un «ayyattconnni» o qualcosa del genere. Se sto scrivendo una recensione o un articolo smadonno, sospiro, attivo il tasto backspace e cancello e riscrivo, più lentamente. Il rischio, ovviamente, è quello di dimenticare o confondere la frase o il passaggio che mi avevano attraversato la mente per un istante. Un altro rischio - non troppo piccolo - è quello di decidere di tagliare la frase e «normalizzarla» rendendola più facile e, probabilmente, più incolore.
Dovrei sforzarmi di scrivere pianamente e ordinatamente.
Ma chi ci riesce più, alla mia età?
Assomiglia a dover reimparare a scrivere quando ormai i nervi funzionano ostinatamente come hanno funzionato negli ultimi 30-35 anni... Tranne che adesso non si accorgono di non aver battuto alcuni tasti («attccpnni») o di aver battuto la «y» invece della «t» («ayyac...).
Tiro il fiato e mi rimetto a scrivere.
Di questo passo il backspace si consumerà più di tutti gli altri tasti messi insieme.
Non mi vengono idee per scrivere. E questo è il secondo problema, apparentemente.
In realtà è difficile capire se il desiderio (e lo spunto) di scrivere qualcosa nascono perché sono parte di un processo unico e ciclico per il quale la capacità di scrivere stimola l'attenzione verso il mondo e, reciprocamente, l'attenzione per il mondo stimola la capacità di scrivere.
Fatto sta che adesso il meccanismo è rotto. Tragicamente rotto.
Qualsiasi fantasma di idea mi attraversi la mente si scontra fatalmente con la mia relativa incapacità di scrivere. Che funziona anche nella scrittura a mano, detto per inciso.
So come scrivo.
Le idee si sommano, si scavalcano, si sostituiscono.
Prendono forma per essere presto rimpiazzate da altre fino ad arrivare a una forma che mi soddisfa.
Il tutto accade in pochi secondi, un tempo al quale le mie mani sono adesso sostanzialmente incapaci di reagire.
So come scrivo.
Devo scrivere in forma quasi perfettamente completa già alla prima stesura.
Buonanotte.
Infatti dall'estate scorsa tutto ciò che sono riuscito a scrivere è la chiusura (già progettata, peraltro) del racconto apparso su Fata Morgana 12. Non mi ha particolarmente soddisfatto, per la verità, ma di meglio non mi è stato possibile fare.
Mi capita talvolta di rileggere i miei testi inediti, in questo periodo. Un'agonia, a essere sincero. Proprio ciò che fatico a scrivere ultimamente - gli interludi, i passaggi, le distrazioni, i salti di senso e di equilibrio che rendono un testo godibile e imprevedibile - riluce ricco e sfacciato nei miei vecchi testi. È un'impressione, lo so, ma è difficile resistere alla (terrificante) sensazione che quel genere di scrittura sia ormai fuori dalla mia gittata e dalle mie possibilità.
Il problema fondamentale, in sostanza, potrebbe essere che - sempre ammesso ricomincino a zampillarmi idee nella zucca - dovrei avere mooolto più tempo di una volta per riuscire a scribacchiare una paginetta. Sempre ammesso che la mia velocità di scrittura regga almeno decentemente il ritmo delle idee.
Tenendo conto del mio lavoro attuale, direi che il tempo è sempre stato un problema - se non IL Problema - nella scrittura. Poi, certo, è possibile che mi trovi da un giorno all'altro a non avere più nulla da fare. Ma temo che a quel punto dovrei trovare qualcosa da fare in un modo o nell'altro. «Non restare con le mani in mano» come insegna il demente nazionale.
Che fare?
Mi consigliano di attendere. Di vedere come va la mano. Di fare esercizio con la sinistra.
Tentare di scrivere, tento.
Questo sciagurato e scalcinato blog ne è un esempio.
Gli articoli e le recensioni scritte per LN anche.
Da questo punto di vista sarebbe estremamente prezioso per me sapere se è così evidente il cambiamento intervenuto in chi scrive. Se avete voglia di dirmi qualcosa - senza pietismi o inutili cortesie - sono tutto orecchie.
Per la narrativa...
Consolata Lanza, scrittrice vivacissima, mi dice che lei ha passato diversi mesi senza scrivere. dopo un'operazione. Inchiodata, bloccata, vuota.
Mi dice che questo, forse, è ciò che sto passando anch'io.
Non credo che Consolata avesse avuto, all'epoca, la sinistra fuori assetto, ma comunque accetto e ringrazio.
Un altra possibilità è cambiare drasticamente il genere di testi che scrivo. Niente più romanzi né racconti ma racconti brevi o brevissimi, progettati fino all'ultima riga. Magari dettati al PC mediante un microfono.
È possibile e verosimile?
Non mi ci vedo troppo, ma l'importante è non disperare.
Poi qualcuno può anche giustamente commentare «ma chissenefrega di uno scrittore che ha pubblicato in vita sua una manciata di racconti...» e mi sarebbe difficile dargli torto. Posso soltanto rispondere, per quanto mi riguarda, che scrivere è stato per diversi anni una delle mie «vie di fuga», uno dei pochi metodi personali per separarmi temporaneamente dalla mia vita quotidiana. Un modo per giudicarla dall'esterno e provare a immaginare altre vite possibili.
In questo momento mi sento, sinceramente, molto solo. Una specie di naufrago, sia pure temporaneo... Ma è anche possibile che si tratti di un evento transitorio, qualcosa del quale potrò ridere quando riceverò il Nobel alla letteratura...
Non mi resta, a questo punto, che provare a scrivere qualcosa di molto rapido, anzi rapidissimo, tanto per vedere se mi è possibile.

«Luigi stava tornando a casa come tutti i giorni. Prendeva due autobus, il 19 per 5 fermate e il 65 per 8. Riconoscere la cadenza delle fermate era una pratica quotidiana, una sinecura che sbrigava senza nemmeno più porgli particolare attenzione. Ma quel giorno lasciò passare l'ottava fermata del 65 senza accorgersene e dovette scendere alla fermata successiva, la nona, posta dall'altra parte della grande piazza.
Il sole era forte, quasi insopportabile e l'asfalto ne rifletteva lo splendore rabbioso come lo specchio di un lago oscuro.
Dall'altra parte della piazza un ragazzo stava attraversando la strada con la stanchezza un po' ovvia di loro studenti.
Buffo, Luigi avrebbe detto che si trattava di una copia perfetta di lui. Stessi jeans larghi, stessa maglia bianca con una grande scritta sulla schiena.
Luigi, stordito, scosse la testa e poggiò un piede giù dal frammento di marciapiede dove l'autobus l'aveva lasciato. Ma l'asfalto sembrava in tutto e per tutto limacciosa acqua oscura.
Si sentì trascinare giù, senza riuscire a fermarsi. Provò a urlare ma inutilmente.
Le abitudini possono essere pericolose.
Molto pericolose. »

Beh, c'è voluta più o meno un'oretta.
Q.E.D.

Alla prossima.



18.3.09

In libreria a fare che?



La crisi per i libri non esiste, scrivono sui giornali.
Sarà...
Personalmente, intento come una vedetta a spingere lo sguardo fino al limite dell'orizzonte per individuare eventuali movimenti (beneauguratamente) sospetti, credo si tratti di grosse fregnacce. Cavolate colossali. Idiozie. Facezie poco divertenti.
I giornalisti, come tutti sanno, sono per la maggior parte scrittori - o tentati/tentanti scrittori - a loro volta. Creare la convinzione (fittizia) che vi sia un bel movimento nel settore editoriale librario dovrebbe (o potrebbe?) indurre i lettori abituali a non abbandonare le librerie, preferibilmente di catena, e con esse i loro prediletti scrittori / giornalisti.
A resistere alla tentazione di chiudersi in casa in compagnia di libri acquistati in altri tempi.
A non dare retta alle arpie che denunciano tutti i giorni la situazione di crisi.
Ma è vero?
No.
Fino alla sede di questa piccola libreria arrivano voci - ululati, urla , singhiozzi e trapestio - provenienti dalle case editrici. Queste voci parlano di «librerie congelate», una situazione che ha il grosso pregio di spiegare con un'unica rapida immagine lo stato delle cose. «Congelate» significa che nessuno tocca nulla, prende in mano nulla, al limite non entra neppure. E noi, sciagurati librai, rimaniamo all'interno con la bocca aperta, proprio come dei pesci surgelati all'istante.
Può comunque essere interessante provare a svolgere qualche riflessione sui pochi sciagurati che che nonostante tutto entrano.
Che cosa chiedono?
Una prima osservazione è che sono nettamente diminuiti i clienti che entrano senza un'idea precisa e finiscono per acquistare qualcosa per semplice golosità. Chi entra lo fa per un motivo ben preciso, chiede, paga e se ne va. Se non disponibile il volume richiesto prenota e ripassa il giorno X a ritirare il libro ordinato.
Fine.
Qualcuno, mentre aspetta il pacchetto del libro ordinato da regalare, si guarda intorno ma finisce per non acquistare nulla.
«Non è un bel momento», magari si preoccupa anche di osservare il nostro lettore.
«Certo, è evidente» è il commento più ovvio e scontato.
Si pensa ai giornalisti e...
Vabbé.
Che cosa scelgono i clienti?
Questa è un elemento di rilievo, tanto più che viene a confermare una sensazione che ho già espresso proprio qui. Una volta detto che l'acquisto di impulso è nettamente diminuito e prevale nettamente l'acquisto (apparentemente) meditato si scopre che la scelta finisce per cadere su pochi titoli. In questi giorni la Vargas (Un luogo incerto), Larsson (la trilogia millennium) e poco più. Al massimo una spruzzata di Camilleri e un po' di laicismo di Rodotà. E diversi saggi scientifici.
La narrativa non targata da autori già famosi viene ignorata. D'altro canto essendo al momento morta o agonizzante «l'occhiata senza impegno» che molti clienti davano volentieri in altri tempi non resta che allinearsi e ubbidire. Il che per i librai - onde evitare di andare in malora passando per la via più breve - significa tagliare gli acquisti su autori meno noti o i generi meno frequentati.
In ultima analisi si può anche affermare e scrivere che «in libreria la crisi non arriva» se ci limitiamo alle vendite degli autori più conosciuti.
Dietro di loro, però, il vuoto.



11.3.09

Partito LN 49!


Nonostante questo non sia, come abbondantemente spiegato, il sito di LN, mi sembra il caso di informare che l'ultimo numero di LN, il 49, è felicemente salpato per il tipografo. La consegna dei fascicoli è prevista per venerdì 20 marzo. O al massimo, tenendo conto dei ritardi tipografici, potrebbe essere lunedì 23...
Cosa c'è di particolare in questo numero?
Beh, è un buon esempio di quello che possiamo fare.
Parlando disordinamente: ritorna «Per una storia naturale del fantastico», il numero 38, a cura di Davide Mana. Una lunga monografia dedicata al rapporto tra riviste dedicate alle nuove tecnologie e pubblico di lettori, dai tempi di Popular Mechanics ad Analog, a Omni a Wired, fino alla neonata versione italiana di Wired. Un ottimo articolo, che si chiude sollevando problemi non esattamente secondari, del genere: «Ma hanno ancora uno spazio le riviste?»
Ricco di interventi lo spazio «Magazzino dei mondi», aperto da un lungo articolo di Silvia Treves e continuato, tra gli altri, da interventi e recensioni di Consolata Lanza e Enzo Baranelli.
Terzo spazio per Albion di Franco Pezzini, viaggio storico-turistico-letterario nell'Inghilterra medievale e moderna e un nuovo incontro con Mario Prisco e il teatro napoletano, questa volta dedicato a Eduardo De Filippo e Giuseppe Patroni Griffi. Ritornano le recensioni in coppia di Raffaella e Luca, dedicata questa volta a Pulsatilla e alla Prova del miele di Al-Neimi e le «Letture controvoglia» di Cettina Calabrò. Ritorna anche, dopo un paio di numeri di assenza, lo spazio iniziale della rivista, «La sentinella», dedicato all'antologia appena pubblicata da Stampa Alternativa dello scrittore americano Ted Chiang.
L'incontro con l'autore di questo numero è con Luca Rastello, condotto da Marco Email partendo dal nuovo libro di Luca. «Io sono il mercato». Un'intervista felice e ricca di riflessioni non banali: Mentre Marco scrive: «... il suo libro ha illuminato l'economia, la società e il mercato [della droga] di una luce diversa» Rastello ci spiega perché «la cocaina e l'eroina sono le merci più redditizie nella storia dell'economia…»
Un'intervista che è bene non perdere…
Nello spazio Golem, dedicato alla scienza, una coppia di recensioni di Davide e una di Silvia Treves incentrati sul rapporto tra filosofia e scienza.
A concludere il numero un buffo e singolare racconto che è anche una dichiarazione letteraria d'amore di Massimo Soumarè per Akutagawa, con la presenza di Buddha in persona...
Ultima cosa una piccola grande novità, uno spazio dedicato alle letture di Francesca, un'appartenente alla squadra dei Rudi Matematici. Nulla di «troppo» scientifico, come si vedrà, solo normali letture ma illuminate e raccontate in modo non comune partendo da un approccio non convenzionale.
Un buon numero, credo, anche se so benissimo che l'ultima parola va ai lettori.

Dopo il 20 (o il 23) di marzo...


4.3.09

Fiducia negli acquirenti?

Qualcuno ricorda ancora il demente strillare agli italioti che esisteva una sola strada per fermare la crisi in arrivo? Lo ricordate mentre ripeteva: «Bisogna comprare di più! Spendere, largheggiare, dilapidare: è l'unica linea di condotta che possa salvarvi dalla crisi».
Non complete stupidaggini, ovviamente.
In una crisi di consumo come quella che sta scuotendo il mondo, puntare sulla volontà popolare di continuare a spendere non è completa fuffa, se non fosse che... I soldi mancano o se ancora non mancano ci si comporta comunque come se mancassero.
E fino qui siamo ancora alla reazione popolare ai boatos sulla crisi.
Adesso si parla di aumento vertiginoso di cassa integrazione e di licenziamento di precari che lo stato non può assumere. Meriterebbe forse riflettere un po' su questa «impossibilità» statale, dal momento che, se si tratta di lavori necessari, qualcuno li dovrà pur fare, alla faccia di tutti i Brunetta del mondo.
E se non se ne occupa lo stato chi sarà?
Il solito privato rapace & usuraio?
Con i propri precari ultrasfruttati e disperati?
Meditate - gente - meditate.
Ma a non credere in primissima persona al verbo del demente sono, curiosamente, i suoi dipendenti: i mondadoriani.
Le novità editoriali continuano a uscire, ovviamente, ma con ritmi inaspettatamente un po' diversi da quelli tenuti negli anni scorsi.
Bastano alcune cifre in percentuale, aggiornate sui relativi fatturati a nostro carico aggiornati a oggi:
Messaggerie Libri: - 31,62
RCS Libri: - 34,62
Mondadori: - 28,89
Percentuali intorno al 30% in meno, curiosamente concordi per i maggiori distributori librari nazionali. Certo, in parte si tratta di tagli operati da noi, particolarmente a carico di Messaggerie e RCS, ma quantificabili al massimo con 10-15% in meno. Il resto, ovviamente, è un taglio - o almeno una diversione di uscita - praticata direttamente dagli editori. In sostanza, visto l'andamento del mercato, sono per primi i fornitori a tagliare la disponibilità dei titoli in commercio. Si ritiene che il pubblico non sarà disponibile a spendere e quindi si rimandano o si eliminano i nuovi titoli.
E i prezzi relativi?
No, nessuna deflazione, per ora.
Aumentano le campagne promozionale (sconto 20% - 30%, 3 x 2, 2 x 1, 1 x 1 ecc.) e ne aumenta la durata ma il prezzo di copertina dei singoli libri per il momento non mostra diminuzioni di rilievo.
Per il momento siamo in bonaccia.
Per far volare gli stracci dovremo aspettare l'ingresso delle (grosse) rese relative al 2008.
Chiedetemi allora com'è la situazione…
Per il momento vi basti sapere, comunque, che Mondadori ha ceduto di recente la propria storica tipografia perché pesantemente sotto con l'editoria periodica - riviste eccetera - di un 20% abbondante.
Ma non dovevano spendere di più, gli italiani?