21.4.05

Torri, recinti, cento colpi di spazzola e la Kabbalah

Cosa vi aspettate da un blog?
Ho letto recentemente di blog di grande successo con le fotine scollacciate di postadolescenti che raccontano al pueblo unido i loro palpiti, umidori, amorini e amorazzi, dolorini e gioiette.
Bene, questo non è un blog di questo tipo.
Niente webcam d'intimità femminili, mutandine e orsacchiotti, mezzeluci e tettine.
Forse non è nemmeno un blog.
È spazio usato per qualche riflessione ad alta voce che chi passa può leggere oppure saltare alla ricerca di pubi adolescenziali in effervescenza.
Il plurale di pube è pubi? O pube è invariabile?
Mi fregherà poco perché ho una figlia di dodici anni? Possibile, come no. Perché ho gli ormoni in caduta libera? Possibilissimo.
D'altro canto è soltanto un avviso, non ho mica detto che tutti debbono fare come me e ponzare intensamente emerite baggianate sullo stato del mondo e della letteratura.
Non mi scuce un baffo di ciò che vi interessa, in realtà. Non sono abbastanza voyeur per andare a spiare ragazzette con gli slip mezzi sù e mezzi giù o, semplicemente, il complesso di Elettra me lo impedisce. Punto e basta.
Non ho letto "Cento colpi di spazzola" per lo stesso motivo, probabilmente. D'altro canto faccio il libraio e vedere il modo in cui certa gente lo chiedeva mi ha fatto passare la voglia. Dice: "non è mica pornografia". Come no. Però c'è un sacco di gente che l'ha presa per pornografia. E la pornografia è finta, basta un po' di buon senso per capirlo. Ha un valore metaforico come certe fiabe. Se non lo capite potete sempre piantare monete nell'orto sperando che crescano. O credere che se vi rimane alzato ininterrottamente per un'ora siete dei grandi amatori. Non sarete soltanto dei fessi con molte difficoltà a chiudere la zip dei calzoni?
La pornografia fatta di parole è più tosta, lo dice anche la Chiesa. Perché le immagini non restano nella memoria ma le parole sì. E le immagini si fermano alla superficie mentre le parole entrano in profondità.
Le donne, avevo letto in un libro femminista molto strong, sono auditive, i maschi visivi. Come dire che i maschi si accontentano della foto da camionista con la supertettona abbronzata vestita da una cintura a forma di pneumatico mentre le donne riescono a partire anche soltanto con qualche parola stampata. Noi maschi abbiamo bisogno di molti calendari, quindi, con un significativo esborso di denaro per stringere in pugno, alla fine, un po' di sabbia, mentre le donne hanno le parole. Le parole sono inesauribili, dice la Kabbalah. Pronunciando parole il Dio degli ebrei ha creato il mondo.
La dimostrazione della superiorità mentale femminile.
Poi il libro diceva parecchie stupidaggini – parere personale – sui maschi che costruiscono torri mentre le femmine recinti (mia figlia a otto ani ha costruito una torre di lego alta più di un metro) e soprattutto asseriva che si nasce così e buona notte. Come posso essere d'accordo con un libro che sancisce che le donne sono esseri superiori? Lo sospetto da tempo, ma almeno un po' di grazia nel dirlo, perbacco.
Comunque questo è un blog fatto di parole.
Non sono ebreo ma mi piace l'idea che il mondo si possa creare soltanto immaginando lettere e numeri.
Non sono così bravo, ma faccio esercizio.

8.4.05

Tanto quei lì li aiuta il comune

Qui a Torino, ma penso anche altrove, capita che salgano a bordo dei mezzi pubblici Rom o altri immigrati muniti di fisarmonica, più raramente di altri strumenti e, previa modesta (o modestissima) esibizione musicale richiedano ai passeggeri più o meno vivificati dall'esibizione dare un contributo alla sopravvivenza dei performer.
A passare all'incasso sono in genere ragazzini simpaticamente sfrontati che per mezzo di spintarelle, tocchi e vociferazioni cercano di scuotere i presenti, in genere poco o per nulla proclivi a mettere mano al portamonete.
Le reazioni sono comunque legate al momento e all'abilità del musicante. Le corse tra le otto e trenta e le nove sono probabilmente le meno fruttuose. Tanta gente su autobus e tram, ma immusonita, distratta o immersa in conversazioni telefoniche.
In quanto al talento di chi si esibisce, mi è capitato di vedere passeggeri che chiedevano bis (si trattava di un due peruviani muniti di chitarra e charango) come di mettere mano rapidamente al portamonete per far cessare al più presto un abominevole stupro musicale condotto ai danni di qualche famosa canzone popolare.
Ogni volta che ne ho la possibilità utilizzo i mezzi pubblici come sala di lettura. Del giornale ma anche di libri. Se sto leggendo reagisco con malumore alla comparsa dei musicanti. Oggettivamente, a meno non si tratti di veri virtuosi, li considero dei semplici rompiscatole.
Non mi considero buono né voglio apparirlo. Sono soltanto un essere umano.
Ma mi capita spesso di scoprire che c'è qualcosa di peggio del mio malumore e del mio sbuffare. Ed è la gente che fa osservazioni ad alta voce. «Stanno meglio di noi, quei lì», «Eh, sì. Li aiuta il comune. Mica devono lavorare».
Tecnicamente credo si tratti di cattiva coscienza.
Uno ha il dubbio di dover fare qualcosa per uno sconosciuto, ma non ha voglia di farlo. Per tirchieria pura e semplice, perché si sente disturbato e invaso, perché i poveri, come insegna l'immortale Superciuk, sono brutti, sgradevoli e disordinati. Il conflitto psicologico che deriva dalla coscienza della necessità di un gesto etico e l'intolleranza genera il bisogno di una pseudorealtà. I poveri «aiutati dal comune», si suppone anche generosamente («gli danno le case gratis, da mangiare gratis») salirebbero quindi sugli autobus per semplice perversità. Per bestiale avidità o nel malcelato tentativo di distrarre gli astanti affinché abili borseggiatori possano agire indisturbati. O per poter finalmente obbligare innocenti bimbi al lavoro minorile. O, magari, per il gusto maligno di storpiare immortali capolavori della musica come «La cumparsita» o «Quanne spunta la luna a'marechiare».
Quindi perché pagarli? Per fare da fiancheggiatori a tanta malvagità?
Vero.
Infatti stamattina, benché stessi leggendo con vero, carnale e incontenibile piacere della rabbia di Berlusconi verso i suoi ex-servi sciocchi ora impauriti e ribelli, nell'udire ancora una volta «tanto quei lì li aiuta il comune» ho piegato il giornale e ho dato al solito ragazzino una moneta da un euro.
Comunque sia preferisco la malvagità alla cattiva coscienza. La cattiva coscienza è sintomo di stupidità. Meglio un maligno che uno stupido, come insegna Carlo Maria Cipolla.
O, se siete credenti, è stato perché mi è venuto in mente che Gesù (sono agnostico, ma sono andato a catechismo, da piccolo) non ha mai detto che prima dell'elemosina bisogna chiedere copia del modello unico.