21.3.05

Scambio di figurine

Altro piccolo racconto. Molto breve. Anche questo già apparso in un'antologia. Quindi chi volesse copiarlo sia così gentile da avvisarmi in modo da poterlo cambiare almeno un po'.
Pubblico un altro racconto perché non mi sono venute in mente cose intelligenti da scrivere. Nemmeno sceme, se è per quello. E anche i commenti ai fatti del giorno diventano stucchevoli di fronte allo stomachevole caos di una perenne campagna elettorale in corso. Meglio raccontare una storia, per i pochi che la leggeranno.
Ultima cosa, inerente al racconto. Ha partecipato a un prestigioso premio nazionale riuscendo a non apparire nemmeno tra i segnalati. Eppure la giura era di manica molto larga e aveva segnalato un buon venti per cento dei partecipanti. Quindi è possibile si tratti di un racconti insignificante. Attendo commenti in proposito. Anche dal mio partner molto virtuale in questo blog lento e ponzoso.

Scambio di figurine

Leonia, quello che aveva le figurine.
Un nome strano, una bella casa, grande. Mi invitò un sabato pomeriggio, i suoi non c’erano.
– Vieni da me, che oggi giochiamo alle figurine?
– Certo!
Sapevo già che Leonia era uno speciale, ma non me sarei mai aspettate tante: calciatori, animali, piante, film, auto, motociclisti, animali preistorici. Persino i calendari profumati dei barbieri e le cartoline con le immagini che scivolavano seguendo il riflesso.
Leonia apriva cassetti, spalancava ante ed estraeva pacchetti e pacchetti di figurine, collezioni che non avevo mai visto e neppure immaginato, e io le guardavo con un piede in paradiso. Il pavimento ne era coperto.
Leonia era davvero speciale, sempre il primo in ogni cosa, riservato senza essere distaccato, gentile senza ostentazione, occhi verdi come il vetro di una chiesa, ciglia lunghe, mani sottili ma forti. Le ragazze ci impazzivano ma lui le considerava poco. Noi maschi - ma anche i professori - ne eravamo intimoriti e anche un po’ affascinati, qualcuno sussurrava che le donne non gli piacessero ma poi s’era sparsa la voce che stava con una di terza e tutti avevano pensato: "É normale, per Leonia"
Il mio pacchetto tenuto con l’elastico se ne stava intimorito in fondo alla tasca del giubbotto appeso nell’ingresso. La mia collezione quasi completa del campionato 1963-64 era nulla in confronto alla sue e anche "scambiare le doppie" sembrava una completa scemenza, a quel punto.
– Ti piacciono?
– Certo, ma ne hai…
I miei ci tengono che faccia collezioni, dicono che si imparano un sacco di cose.
– É vero, hanno ragione. Cosa fanno i tuoi?
– I miei, sono degli studiosi. Scienziati.
Il telefono ci interruppe. – Guardale pure, non ti preoccupare.
Altro che dirmi, come facevano i miei, che i soldi per le figurine erano sprecati. "I genitori di Leonia fanno gli scienziati e gli comprano tutte le figurine che vuole."
Lo sentivo parlare al telefono. Non parlava italiano, ma sapevo che Leonia veniva da lontano. Mi alzai: aspettavo quel momento da tanto. Piano piano spalancai le porte dell’armadio. In alto, ce n’erano altre. Le presi. Figurine sportive, c’era il nome e sopra il ritratto. Strane. La figura era profonda, sembrava di poterci infilare dentro il dito. E il nome era scritto con caratteri curvi, mai visti. Leonia al telefono continuava a parlare, probabilmente erano i suoi. Mi sembrava rassegnato, come quando ti dicono che devi fare una cosa, e lo sai che è giusta, ma non ti piace.
Altre figurine: animali, piante. Strani gli uni e le altre. Di qualche film di fantascienza, avrei detto. Belle, con luci che si accendevano e spegnevano, di una carta fredda, lucida. Come piccoli schermi di una TV. Non mi accorsi neppure che Leonia era tornato.
– Ti piacciono?
– Molto.
– Se vuoi prendine una.
– Ma da dove…
Sorrise, saputo senza darsi arie, come riusciva a fare solo lui.
– Tu ne hai una? Una da darmi?
Andai a prendere il mio pacchetto e ne estrassi la più preziosa: Altafini, bisvalida. Era un bel sacrificio, nemmeno per un fratello…
– Grazie.
La guardò, la girò annuendo, serio.
– Sarà un ricordo. Mi spiace ma adesso devo uscire, vengono i miei a prendermi.
Leonia il lunedì non venne più a scuola. Partito, chissà per dove. O tornato chissà dove. La sua figurina ce l’ho ancora. Ogni tanto la guardo ma non capisco il nome, né riesco a immaginare il gioco.
E comunque è probabile che sia una schiappa, Leonia me l’ha regalata troppo volentieri. O forse è che mi voleva bene.
Quando viaggio nelle notti stellate la porto con me, comunque. Mi fermo in mezzo alla campagna serena e guardo in alto, le stelle.
– Ehi, Leonia, come si chiama questo qua?
Lo so che non mi sente, ma non importa. Sono contento così.
Le figurine sono una bella cosa, cosa credete? Non solo per noi.